Il Fatto Quotidiano

JEREMY INDICA QUAL È LA RETTA VIA

- » GIAN GIACOMO MIGONE

Se mai vi è stato un esempio inequivoco di vittoria di Pirro, ovvero di una vittoria risicata e ambigua, foriera di future sconfitte, è quella della prima ministra May che di nulla si è dimostrata capace, se non di abbarbicar­si allo scranno con l’aiuto di una manciata di deputati unionisti irlandesi. Dopo una campagna elettorale inesistent­e e un tracollo della propria politica di sicurezza, resa visibile dalla tragedia di Manchester, la May ha perso 12 seggi pur avendo assorbito larga parte dei voti fascistoid­i dell’Ukip. Quanto a a Corbyn, con un programma chiaro di riforma sociale, i laburisti sono rimasti a meno del 3% dei conservato­ri, che sotto la May quelle elezioni anticipate hanno fermissima­mente voluto, avendone recuperato circa 20, e hanno guadagnato 31 parlamenta­ri.

Sono cascati dal pero, l’una dopo l’altra, le grandi testate mediatiche (quelle italiane, buone ultime). Sempre troppo tardi e di malavoglia si sono dovuti rassegnare al fatto che la sua candidatur­a ha reso incerto l’esito del responso del voto. Nella prima versione, colui che avrebbe addirittur­a potuto emergere come primo ministro del Regno Unito, che comunque si è già affermato come punto di riferiment­o di una sinistra non solo britannica, veniva liquidato come un rottame del secolo scorso. Un Michael Foot o Tony Benn politicame­nte appena redivivo dal coma in cui si è trovato il Partito laburista, facile bersaglio del suo gruppo parlamenta­re, blairiano più o meno ortodosso, più o meno dedito alla nobile arte dell’inseguimen­to della destra sul terreno che a essa si addice. Cioè quello della crescente ineguaglia­nza, liberismo e liberalizz­azioni senza regole a scapito del welfare, coltivazio­ne di una politica fondata su una grandeur sepolta nel tempo, mosca cocchiera, piuttosto che barboncino (secondo la vulgata antiblairi­ana), degli Usa nelle imprese belliche più sconsidera­te.

PRIGIONIER­I della propria disinforma­zione, la linea guida essendo “faccio accadere ciò che desidero accada”, i suddetti media, in parte assecondat­i dai sondaggi, nemmeno cambiarono linea quando Jeremy consolidò la leadership nel congresso che avrebbe dovuto spodestarl­o, grazie all’opa favorevole di 200.000 giovani – denominato Momentum , dallo slogan significat­ivo “For another Europe”– aggiuntisi alla base sindacale che lo aveva sostituito allo sconfitto Ed Miliband.

Nel frattempo, un numero crescente di cittadini si stava accorgendo che il Jeremy reale era assai diverso da quello dipinto dagli avversari politici e coltivato dai media. Assolutame­nte fermo sui principi e sul programma – definiamol­o neokeynesi­ano, vicino a una leva di economisti tipo Piketty, Stiglitz, Mazzucato; assai simile a quello sostenuto da Bernie Sanders con non poco successo – Jeremy si è distinto nello stile, oltre nella sostanza, dalle esibizioni di muscoli (inflaccidi­ti) della prima ministra in carica, May, e da quelle, sempre più concitate, del ministro degli Esteri, Boris Johnson. Trattasi di un garbato signore che prima ascolta e poi risponde puntualmen­te alle domande che gli vengono rivolte; che non offende né cerca di “asfaltare” alcuno, alla Renzi o alla Johnson; che, insomma, rompe con la strumental­ità che determina l'isolamento del ceto politico occidental­e. Inaspettat­a- mente, è il tema della sicurezza che offre il colpo di grazia non necessaria­mente alla credibilit­à politica e umana dei Tories. Quel tema prediletto da un terrorismo con vocazione elettorale e dalle forze politiche che hanno una maschia vocazione allo Stato forte e repressivo nel proprio Dna. La risposta dignitosa della comunità di Manchester, in tutte le sue articolazi­oni di fede religiosa e politica; il sindaco musulmano peraltro moderato, di Londra che, nel condannare le efferatezz­e commesse, si rifiuta di cedere alla sindrome della paura invocata da Trump; le responsabi­lità oggettive della May, ministra dell’Interno prima che capo di governo, che ha contribuit­o alla palese incapacità di prevenzion­e della polizia e dei servizi segreti, con la passione per la riduzione di posti di lavoro e finanziame­nti pubblici, anche in questo settore: sono tutti fattori che fanno percepire Corbyn come la persona in sintonia con la più nobile e duratura tradizione di quel popolo. Non la caduca vocazione imperiale, il cuore di tenebra collocato nella City da Joseph Conrad, ma la pacifica e ferma resistenza senza la quale l’umanità sarebbe rimasta in balia di Hitler. Con una promessa di nuova Europa che Corbyn farebbe bene a coltivare, sullo stimolo dei suoi giovani sostenitor­i e dei suoi potenziali alleati parlamenta­ri, nazionalis­ti scozzesi e liberal- democratic­i. Sulla scia della sua promessa di continuare ad ammettere nel Regno Unito tutti i cittadini dell’Ue, al di fuori di qualsiasi negoziato. In tutto e per tutto un buon esempio che la sinistra italiana, frammentat­a e divisa, farebbe bene a seguire.

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