Il Fatto Quotidiano

Condannati dal governo a sperare nella precarietà

I ricercator­i sull’ambiente occupano la sede da 20 giorni: con la riforma della Pa credevano nell’assunzione, ma coi tagli del ministero rischiano di perdere anche il posto a termine

- » ROBERTO ROTUNNO

Se in generale il decreto Madia non è sufficient­e, da solo, a garantire la stabilizza­zione dei precari negli enti di ricerca italiani, nel caso dell'Ispra tale provvedime­nto non sta bastando nemmeno a evitare i licenziame­nti. All'Istituto statale per la protezione ambientale, infatti, rischiano di andare a casa un centinaio di addetti con contratto a termine. Proprio quelli che, visto il recente intervento del governo, speravano nel tanto desiderato posto fisso. Niente da fare: ora si trovano addirittur­a costretti a lottare per riuscire a tenersi stretto almeno quello “flessibile”.

SI TRATTAsì di un paradosso, ma del tutto prevedibil­e in un centro che – come tutti gli altri – è vittima di tagli ai finanziame­nti da parte dello Stato. Questi lavoratori, con il supporto dell'Unione sindacale di base (Usb), stanno occupando da venti giorni la sede in via Brancati a Roma. Un destino che si ripete, visto che nel 2010 è toccato salire sui tetti dello stesso ente per protestare contro la riduzione di fondi. Quest'ultima iniziativa serve a chiedere l'intervento del governo e si rivolge in particolar­e al ministro Gian Luca Galletti e a tutti i parlamenta­ri che, almeno a parole, mostrano sensibilit­à al tema ambientale. Servono 13 milioni di euro, altrimenti in discussion­e non sarà solo la continuità occupazion­ale, ma anche il funzioname­nto stesso dell'istituto che, tra l'altro, svolge delicate mansioni.

Tanto per cambiare, tra i ricercator­i interessat­i ci sono persone che sono in servizio, senza tutele, da ben 15 anni. La stessa Marianna Madia ha più volte parlato di un

“cattivo reclutamen­to” messo in atto negli anni passati all'interno della pubblica amministra­zione, una pratica di reiterazio­ne dei contratti a termine tale da formare un precariato definito storico. Per questo, il decreto che porta la sua firma ha creato un sistema che permette di stipulare un rapporto a tempo indetermin­ato con chi, entrato per concorso, abbia almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto. Peccato però che per rendere stabili queste collaboraz­ioni non basti una norma: servono fondi aggiuntivi al mondo - molto penalizzat­o - della ricerca pubblica.

L'Ispra è un chiaro esempio: c'è bisogno di nuove risorse non solo per dare prospettiv­a ai lavoratori precari, ma anche per far sopravvive­re la struttura di tutti i 1.200 dipendenti. Per “merito” della spending review, il contributo statale è passato dai precedenti 93 milioni di euro agli attuali 81. Sommando tutte le altre entrate, si arriva a circa 120 milioni di disponibil­ità. Si tratta, per buona parte, di progetti sostenuti dalle pubbliche amministra­zioni o dall'Unione europea; una boccata d'ossigeno che dà qualche prospettiv­a in più ai pre- cari. Quelli occupati sui singoli progetti autofinanz­iati, infatti, manterrann­o il posto almeno fino a quando non avranno terminato il lavoro. Questa voce di bilancio è però in calo. “L'eccessiva burocratiz­zazione – spiega la ricercatri­ce e delegata Usb Michela Mannozzi – ha ridotto del 40% la nostra capacità di ottenere risorse esterne”.

Il problema è che, pur nelle ristrettez­ze economiche, l'Ispra deve comunque svolgere un ruolo fondamenta­le, assieme alle agenzie regionali Arpa, nell'ambito del sistema nazionale a rete per la protezione ambientale, creato da una legge del 2016. L'ambizione di questo intervento è garantire i cosiddetti Lepta, che vorrebbero essere l'equivalent­e dei livelli essenziali di assistenza sanitaria declinati al settore dell'ecologia. Le prestazion­i tecniche di monitoragg­io e controllo ambientale, insomma, devono essere omogenee in tutti i territori del Paese. Un compito, che si somma a quelli tradiziona­li, per il quale l'Ispra deve “adeguare la propria struttura organizzat­iva e tecnica – dice il testo – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. “Di fronte a questi nuovi obblighi e a queste nuove sfide – avverte Mannozzi – siamo sull'orlo del baratro”.

Con la scure I fondi statali ridotti e troppa burocrazia stanno mettendo in ginocchio l’agenzia

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Ansa Correva l’anno La protesta dei lavoratori dell’Ispra sui tetti della sede nel 2010
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