Celle aperte, bocche chiuse
Che le cose, nel 1992-’94, siano andate come le racconta il boss Giuseppe Graviano lo sanno benissimo da 25 anni tutti quelli che se ne sono occupati: da un lato mandanti, suggeritori, complici ed eredi; dall’altro inquirenti, pm, giudici e giornalisti informati dei fatti. Chi scrive, nel suo piccolo, disse tutto quel che si poteva il 14 marzo 2001 su Rai2 al Satyricon di Daniele Luttazzi (che da allora smise di lavorare in tv). B.&C. ci chiesero decine di milioni di danni in otto cause civili e le persero tutte perché i fatti erano veri. Eppure nel 2017 siamo ancora qui alla fiera dell’ipocrisia, circondati da sepolcri imbiancati e finti tonti che simulano stupore, arzigogolano dietrologie su “perché Graviano parla proprio ora” o sulle presunte simpatie a 5Stelle del pm Nino Di Matteo che ha depositato le intercettazioni al processo sulla trattativa Stato-mafia (come se a parlare nell’ora d’aria fosse stato il pm e non il boss). E chiedono “le prove”: come se in questo quarto di secolo non avessimo ancora capito perché tutti quelli che sanno non parlano, se non per assaggi, messaggi, mezze verità, mentre tutto intorno chi sapeva e non garantiva il silenzio veniva suicidato in carcere, assassinato per strada, ammonito a stare zitto, scoraggiato a parlare da scandalosi insabbiamenti, depistaggi e assoluzioni, screditato da false accuse, indotto a ritrattare o a sputtanare ciò che aveva detto di vero con rivelazioni farlocche, ricompensato con favori segreti in cambio del suo mutismo.
Da questa classe politica – pochi manigoldi che tutto sanno e coprono e tanti sprovveduti che brancolano nel buio – non c’è da aspettarsi nulla: infatti, a parte le difese d’ufficio dei servi di B., non si registra un solo commento alle frasi di Graviano dal Pd e dalla cosiddetta sinistra: tutti muti, o perché hanno l’encefalogramma piatto o perché metabolizzano tutto. Toccherebbe però agli intellettuali collegare i fatti e i ragionamenti per illuminare l’opinione pubblica. Che, quando viene messa in condizione di capire, reagisce (l’ondata di sdegno per la sentenza della Cassazione su Totò Riina e non per le parole di Graviano, raccontate dai media in modo da renderle incomprensibili). Ma anche lì è black out totale. Eppure basta poco per unire i puntini dei casi Riina e Graviano, succedutisi nel giro di pochissimi giorni. Questa è la coincidenza inquietante che dovrebbe far riflettere chi vuole capire, non quelle neutre e casuali della legge elettorale, delle Amministrative e del convegno dei 5Stelle con Di Matteo. Fino a tre mesi fa Graviano racconta ai compari di ora d’aria i retroscena politici delle stragi.