IL GOVERNO FAI-DA-TE DI TRUMP CHE STA SCHIANTANDO L’AMERICA
Non c’è bisogno di schierarsi o di spiegarsi. Ogni americano, compresi coloro che originariamente lo hanno eletto, sanno che non c’è nulla di definitivo, nulla di preciso nel passaggio di Donald Trump e famiglia alla Casa Bianca e alla presidenza degli Stati Uniti. Persino se, per ragioni che al momento non riusciremmo a immaginare, Donald Trump consumerà alla Casa Bianca tutto il tempo previsto per un mandato presidenziale, persino in quel caso apparirà come il capo di un esecutivo provvisorio, senza veri e stabili legami con le istituzioni a cui dovrebbe dare uomini, regole, mandati, ordini e una visione politica.
IL FATTO NUOVO e curioso è che Donald Trump non ha idea del peso, del ruolo, del senso che ha l’America nel mondo, e mostra una gran voglia di buttare in aria tutto. Attenzione, non ho detto “cambiare”, che è il tipico impegno di ogni governante nuovo. No, vuole scardinare i pezzi di ogni cosa (la storia recente ma anche quella fondatrice degli Usa) perché si tratta di cose che non sono state fatte da lui, e perciò non gli interessano. Colpisce la particolare rabbia con cui Trump cerca di cancellare ogni traccia del governo di Obama. Ma questa è la parte semplice della storia, si spiega con un senso di insofferenza patologica per chi potrebbe farti ombra e apparire più bravo. La parte nuova è che a Trump non interessa nulla di ciò che non ha fatto lui o le persone immediatamente legate a lui. Perciò non c’è strategia, prudenza e neppure opportunismo che lo facciano desistere dal disprezzo di tutto ciò che è avvenuto prima. Direte che un simile stato d’animo è in contrasto con il suo slogan-cardine, “America First”. Ma la celebre e allarmante frase, che abolisce alleanze e legami internazionali, ha due sensi: uno facile. È il trade mark, che segna l’ingresso di Trump nella storia.
L’altro ha un significato vasto, misterioso, che fa apparire piccoli e scaduti i vecchi discorsi sull’imperialismo, spiazza gli amici quanto i nemici e fa intravedere un rapporto finora scono- sciuto con un mondo esclusivo, non da spartire (persino la Nato non serve più e ingombra) ma per soli americani, inaugurando una selezione politica degli esseri umani che avranno accesso al nuovo mondo. Sul nuovo mondo (“America First”) Trump non può o non vuole spiegarsi. Si capisce che il nuovo mondo in progettazione è ricco, sano, bianco, cristiano, e che nessuna confusione è gradita. Ma intanto sta sostituendo la missione americana di guida che espande la sua influenza sul resto del mondo con un irritato scostarsi dal contatto con il resto del mondo. Donald Trump gioca continuamente in solitario (clicca a se stesso). Non è in corrispondenza, dialogo, rapporto con nessuno. L’autorità gli è naturale nel senso del comandare in ditta o in ufficio, ma senza alcuna visione delle conseguenze che un suo ordine, adesso, ha nel mondo. “America First” d escrive il suo limite: non vede di qua, dove priva il suo Paese di contatti essenziali, e non vede di là, dove letteralmente non distingue chi sta incontrando, e perché. Come se la conversione a una strana, sconosciuta religione li avesse toccati, Trump e i suoi sembrano rinchiusi in qualcosa di ignoto e vincolati a regole sconosciute. Non c’è modo di capire, ad esem- pio, che cosa c’entri Donald Trump con la Russia, con il suo destino o la sua immaginazione o i suoi interessi e quelli del suo gruppo. Perché la Russia, perché adesso. Come spiegare questa strana solitudine degli Stati Uniti, finora interessati ad attrarre e intrattenere il mondo, come spiegare la decisione di andarsene da soli, senza dare ragioni, senza voltarsi, per una loro strada che (strano per una grande potenza) non vogliono condividere o spiegare o imporre, ma anzi, con un tratto infantile, negano?
È COME SE AVESSEROricevuto una rivelazione che non vogliono o non devono condividere. Trump è solo e senza alleati quando si presenta alla corte saudita portando un grande dono in danaro, come se fosse una rata dovuta. Intanto il terrorismo (o vari, diversi terrorismi) colpiscono prima e dopo, altrettanto inclini a non avere niente da dire. Da tempo qualcuno ha notato che nella strana America di Trump, i palazzi sono vuoti. Trump ha mandato via molti ( district attorneys o procuratori federali, dimessi per dissenso o licenziati senza spiegare, gli ambasciatori Usa nel mondo, i capi di moltissimi uffici federali, che scadono con la fine di una presidenza) e non ha nominato nessuno. Il governo provvisorio forse è in attesa di qualcosa che richiederà ben altro personale, E intanto l’estremista di destra Stephen Bannon è tornato ad avere il suo suolo di stratega capo nella irreale Casa Bianca della famiglia Trump, che mantiene con bravura il proprio segreto.