IL VERO “QUID” DI ANGELINO È IL TALENTO DELL’IMMOBILITÀ
E SULLA LEGGE elettorale, the winner is: Angelino Alfano. SENZA BISOGNO DI COMPLICATE analisi politologiche, la showgirl (ci dicono candidata in pectore di CasaPound) ha intuito un attimo prima degli altri che l’unico vero eroe della strepitosa opera buffa con massacro messa in scena a Montecitorio sul sistema elettorale alla tedesca si chiama Alfano. Dal che si deduce una volta per sempre che contrariamente alla frettolosa diagnosi di Silvio Berlusconi, il vituperato Angelino quel famoso quid lo possiede eccome, poiché solo un virtuoso del potere poteva restare imbullonato al governo in ruoli primari (dal Viminale alla Farnesina) massimizzando il nulla. O forse quel misero due per cento che i sondaggi attribuiscono al suo partitino virtuale. Ma la dottrina Alfano ripristina un’altra massima della politica già consacrata dagli antenati democristiani dell’aquila di Agrigento: chi si muove è perduto. Guardate la povera Theresa May come è stata ridotta dalla fregola delle elezioni anticipate. Per non parlare del maggior tecnico vivente dell’autogol, Matteo Renzi, che senza il maledetto referendum nessuno avrebbe schiodato da Palazzo Chigi. Invece Alfano, all’inizio un po’ spaventato dal frenetico attivismo dei quattro maggiori partiti e dal micidiale sbarramento del 5 per cento (che lo avrebbe costretto a trovarsi un lavoro) ha deciso che la cosa migliore, e in fondo la più autobiografica, consisteva nel mettersi alla finestra aspettando fiducioso l’inevitabile botto. Sia pure a un livello più elevato la dottrina dell’immobilismo, o meglio del quieta non movere, potrebbe consentire a Paolo Gentiloni di continuare a fare il premier fino alla scadenza della legislatura (e forse anche oltre, chissà). Uomo accorto e di buone letture, Paolo il calmo sicuramente tiene a mente quell’aforisma di Blaise Pascal secondo cui tutti i problemi dell’uomo provengono dal non sapere stare fermo in una stanza. Appunto. Che agitarsi possa essere oltremodo dannoso bene lo sanno i cittadini di Roma che dopo un anno di sindacatura Raggi, cominciata tra immani sommovimenti tellurici, oggi tra un bus che prende fuoco e un topo che fa capolino preferiscono rinunciare alle grandi domande esistenziali. Resterò bloccato sul Raccordo? Passeranno a svuotare i cassonetti? Si farà lo stadio della Roma? Co ‘sto caldo meglio pazientare all’ombra canticchiando tutti al mareee…
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Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano