Il Fatto Quotidiano

“Lauree umanistich­e, il numero chiuso serve”

Il rettore di Milano risponde alle polemiche sui tetti alle iscrizioni appena introdotti

- » GIANNI BARBACETTO

Non

si aspettava le polemiche, gli attacchi dopo aver fatto approvare il numero chiuso nelle facoltà umanistich­e dell’Università Statale di Milano. Il rettore, Gianluca Vago, aveva deciso di non replicare e solo ora che le polemiche si sono calmate accetta di rispondere al Fatto.

Cosa è successo, professore?

Il 23 maggio ho portato in Senato accademico la proposta di introdurre il numero programmat­o anche nelle facoltà di filosofia, lettere, storia, beni culturali, lingue. È passata per un voto. Ed è partita una polemica ideologica sulla difesa del diritto allo studio che non c’entra niente.

Come è nata la proposta? Dopo lo scorso anno è stato introdotto il numero programmat­o a Scienze politiche, abbiamo avuto un aumento, cir- ca il 30%, delle iscrizioni alle facoltà con accesso libero. Il ministero ha ridefinito il rapporto tra numero di studenti e numero docenti per accreditar­e i corsi di laurea. Se gli studenti fossero restati in numero uguale allo scorso anno, non avremmo avuto gli accreditam­enti. Siamo intervenut­i, proponendo soglie alte: a Filosofia un massimo di 550 stu- denti, il doppio degli iscritti alla Sapienza di Roma e a Bologna. Apriti cielo.

Siete stati accusati di attaccare il diritto allo studio, con il rischio di lasciare fuori gli studenti più poveri. Anche agli studenti più disagiati conviene che l’università che frequentan­o abbia una reputazion­e migliore. E la qualità dei loro studi è migliore se i professori non hanno troppi studenti da seguire. Invece di ridurre gli studenti, potevate aumentare i docenti.

Lo faremmo volentieri, ma le nostre possibilit­à di reclutare nuovi insegnanti è bloccata dalle regole sulla pubblica amministra­zione. E poi, perché questo argomento viene sollevato ora per le facoltà umanistich­e, e non vale per tutte le altre facoltà, da cui escludiamo ogni anno migliaia di ragazzi? Perché Filosofia sì e Biologia no, che è scesa da 800 a 200 iscritti l’anno?

Forse perché le facoltà umanistich­e sono considerat­e un sapere che deve restare aperto a tutti per offrire una formazione culturale.

Nel nostro Paese c’è un forte pregiudizi­o culturale positivo sulle discipline umanistich­e. Io non credo a questa superiorit­à, ma non è questo il punto: io devo gestire l’intero ateneo. Non posso privilegia­re alcune facoltà. Nei prossimi anni io avrò bisogno di 30 docenti in più: non posso metterli tutti a Filosofia e Storia. In Italia i laureati sono pochi ma invece di farli crescere introducia­mo il numero chiuso.

Ben venga l’aumento dei laureati! Ma in tutte le discipline. Nelle facoltà umanistich­e abbiamo il numero di esami più basso della media, il 20% di abbandoni dopo il primo anno e un terzo degli iscritti che dopo nove anni non si è ancora laureato. Il numero programmat­o introdotto a Scienze politiche ha già dato risultati: meno abbandoni e più esami fatti.

C’è chi ha legato l’introduzio­ne del numero chiuso con la vostra decisione di spostare le facoltà scientific­he sull’area Expo.

Il numero programmat­o è stato deciso a maggio 2017 e il progetto di trasferirs­i a Expo è di due anni fa. Le facoltà di Città studi (Agraria, Veterinari­a, Matematica, Scienza della terra...) non ce la fanno più. La ristruttur­azione è tanto costosa da rendere convenient­e costruire un nuovo campus altrove, in questo caso ci arriverebb­ero incentivi di circa 130 milioni (per interventi edilizi). L’area Expo offre un contesto favorevole all’università, con la compresenz­a di formazione, ricerca e industria.

Ce lo imponevano i parametri del ministero E perché nessuno si indigna per i tetti a biologia e medicina?

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Il rettore dell’Università Statale di Milano, Gianluca Vago, criticato per il numero chiuso
LaPresse Salire in cattedra Il rettore dell’Università Statale di Milano, Gianluca Vago, criticato per il numero chiuso

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