LA FINE TANTO RAPIDA DEI PARTITI TRADIZIONALI
Altro che En Marche! Chiamatelo Di Corsa! Il partito-movimento creato da Emmanuel Macron poco più di un anno fa ha disfatto il paesaggio politico francese al primo turno delle legislative francesi, grazie al sistema maggioritario che premia chi vince i ballottaggi nei vari collegi uninominali. Più che onda lunga post-presidenziali, è stato uno tsunami. I vecchi partiti nazionali avranno le briciole: ha (con)vinto quel dirsi di essere “né di destra né di sinistra, perché sia di destra che di sinistra”. È piaciuto il cipiglio e la risolutezza di Macron. Ha fatto breccia il divieto di cumulo dei mandati, obbligando la casta dei “deputati-sindaci” a scegliere di non ripresentarsi, come la dinamica che sta scardinando il vecchio sistema dei partiti tradizionali. Infine, è stata apprezzata l’irruzione di una nuova generazione di candidati (neofiti della politica) che garantiranno piena sintonìa con governo e presidenza. Un monolitismo che inquieta ciò che resta delle opposizioni.
Appunto, gli sconfitti. A cominciare dalla destra dei Républicains, che naviga in acque assai agitate, divisa tra chi pensa di appoggiare Macron e chi invece medita di rinfoltire i ranghi del Front National, in piena crisi. Marine Le Pen voleva essere la prima degli oppositori, invece sta dietro ai Républicains, il 14 per cento non garantisce forse nemmeno il gruppo in Assemblea: volano stracci tra i dirigenti sotto accusa, i militanti, sempre più disillusi, non attaccano direttamente la Le Pen ma il suo braccio destro Florian Philippot. Quanto alla sinistra, è in picchiata kamikaze. Jean-Luc Mélénchon non ripete l’exploit delle presidenziali, mentre i socialisti sono ormai ridotti ai minimi termini: li attende una lunga perigliosa traversata del deserto e forse l’estinzione, se continuano come hanno fatto sinora. Insomma, la Francia è il nuovo laboratorio politico d’Europa, se ne faccia una ragione Renzi.