A volte valgono come sostitutivo anche per madri di famiglia

“Vieni, bel gatto, sul mio cuore innamorato”: non è la didascalia della solita foto di soriano postata da una gattara digitale col letto vuoto, ma una poesia di Baudelaire, il primo cat-lover dichiarato. Gli uomini di oggi preferiscono i cani (il gatto fa troppo intellettuale, o gay, o entrambe le cose), e li valutano con lo stesso metro delle auto: meglio grossi e di marca (nel senso di razza). E nel weekend li passeggiano pure, perché il cagnone fa status e sulle ragazze ha più potere attrattivo del bebè (che però affloscia la libido e dal punto di vista dell’acchiappo è un autogol).

Ma la gestione ordinaria – spesa, veterinario, bagno, ecc... – i maschi la lasciano alla partner, come prova la clientela quasi esclusivamente femminile nei supermarket per animali e nell’anticamera del pet-doctor. So di separati in cui lei deve tenersi il boxer gigante fortissimamente voluto da lui ai tempi dell’amore: almeno un bambino dopo i due anni smette di sbavare e di scagazzare in giro e fino a quattordici non trangugia mezzo chilo di carne al giorno. So di coppie mature in cui, cresciuti i figli e finito il sesso, lei compra un Cavalier King Charles per compensare il deficit di ossitocina, l’ormone delle coccole che un tempo sarebbe stato ripianato da un nipotino.

E VIA CON UN ALTROdecennio di pappe, cacche e vacanze limitate, pur di riavere due occhi adoranti, uno scalpiccio che ti accoglie, un esserino caldo che non vede l’ora di sdraiarsi accanto a te. Okay, se per sentirci donne dobbiamo per forza occuparci dei bisogni primari di qualcun altro, meglio una bestiola graziosa che un umano ingrato e spesso meno profumato. Il guaio è che su questa dilagante misantropia zoofila (o zoofilia misantropa) degli italiani, e soprattutto delle italiane, l’astuto Berlusconi sta costruendo il suo nuovo partito, “Dalla parte degli animali”. Donne, ogni gatto o cane messo su Instagram è un “Forza Silvio”. Pensateci.