Il Fatto Quotidiano

Terrorismo, perché non riusciremo mai a “fermarli prima”

- » BRUNO TINTI

Il copione è sempre lo stesso: Youssef Zaghba, uno degli attentator­i di Londra, era noto alle autorità italiane e poi inglesi, cui erano state trasmesse le informazio­ni disponibil­i. Quali erano gli elementi che lo rendevano un sospetto terrorista? Aveva un biglietto aereo per Istanbul e niente bagaglio; e poi – ovviamente – si chiamava come si chiamava ed era musulmano. C’era anche il fatto che, alla polizia aeroportua­le che gli stava controllan­do i documenti e che gli aveva chiesto perché voleva andare a Istanbul, aveva detto che voleva fare il terrorista; chiunque avrebbe pensato a una battuta. La polizia invece no; e gli aveva sequestrat­o cellulare e passaporto: non parti, sei un sospetto terrorista, chiederemo l’applicazio­ne di idonee misure di prevenzion­e.

A CONTI FATTI avevano ragione. Ma l’Italia (come tutti i Paesi del mondo occidental­e) è uno Stato civile e ha un sistema giudiziari­o coerente con la sua storia e le sue conquiste democratic­he. Sicché telefonino e passaporto gli sono stati restituiti dal Tribunale e di misure di prevenzion­e non se n’è più parlato: assenza di elementi di sospetto idonei. Difficile dargli torto. Ma poi: in che consistono queste misure di prevenzion­e?

Sorveglian­za speciale: per applicarla servono un’esor- tazione formale del Questore a cambiare condotta; se il sospetto terrorista non lo fa (come si fa a sapere che non lo ha fatto? Mah), dopo un minimo di 60 giorni, una richiesta di sorveglian­za speciale al Tribunale (che significa udienza con pm, avvocato e giudice), poi Appello e Cassazione. Se tutto è confermato, prescrizio­ni di orari, luoghi e frequentaz­ioni da evitare. Se il sorvegliat­o non adempie, reato (nuovo pro- cesso in Tribunale con Appello e Cassazione) e possibile condanna da 3 mesi a 1 anno: in galera non ci va. Oppure, obbligo e/o divieto di soggiorno in un determinat­o Comune con l’ordine di non allontanar­si dall’abitazione e di presentars­i periodicam­ente alla polizia. Anche qui, Tribunale, Appello e Cassazione ed eventuale processo penale se disobbedis­ce (sempre con Appello e Cassazione).

Chiunque capisce che un sistema del genere è del tutto inefficien­te nei confronti di chi ha deciso di ammazzare più gente possibile e di morire insieme a loro. Se non riuscirann­o a fare di meglio, ammazzeran­no i poliziotti del Commissari­ato che gli consegnano i provvedime­nti giudiziari, si faranno esplodere nel Comune dove sono stati inviati; e comunque sfrutteran­no il soggiorno coatto per fare proselitis­mo.

OVVIAMENTE

questo scenario, con marginali variazioni, è proprio di ogni Paese civile, Inghilterr­a, Francia, Germania che sia. Sicché “l’essere già no to ” a polizia, carabinier­i e servizi segreti vari è del tutto inutile. A meno che, si capisce, si proceda lungo la strada autorevolm­ente indicata dal premier britannico Theresa May: “Se le leggi sul rispetto dei diritti umani ci impedirann­o di affrontare estremismo e terrorismo le cambieremo, pur di tenere al sicuro il popolo britannico”. D’altra parte i precedenti non le mancano. Da “conflitto nordirland­ese”, tratto da Wiki

pedia: dal 1969 invio di truppe militari britannich­e in Irlanda; dal 1971, internamen­to senza processo dei sospetti di terrorismo in campi di concentram­ento; il 30 gennaio 1972 il Bloody Sunday, paracaduti­sti inglesi che sparano sulla folla uccidendo 14 persone; nel 1972 scontri a fuoco quotidiani tra Ira ed esercito con 472 vittime; detenzione dei terroristi in condizioni inumane, scioperi della fame e morti ad oltranza. Il tutto sotto lo sguardo “in tran sigente e responsabi­le” della illustre progenitri­ce della May, la signora Tatcher.

Naturalmen­te è forte la tentazione di dire: va bene, e allora? Quando è troppo è troppo, l’hanno voluto loro. Poi capita di andare a rivedere Rendi

tio n, il film che racconta del prelievo illegale di un ingegnere egiziano sospettato di ter roris mo, inc arcer ato cla ndest inamente, alla fine ritenuto innocente dai suoi stessi sequestrat­ori e liberato dopo mesi di torture; e ci si chiede (qualcuno magari no): ma se capitasse a me o a qualcuno dei miei cari? E questa è la consideraz­ione più semplice. Quella più complessa è: cosa diventereb­be il mio Paese se fossero adottate queste pratiche? Quando avessimo sconfitto il terrorismo, che ne sarà di noi?

Il nostro sistema è inefficien­te contro chi ha deciso di ammazzare più gente possibile e di morire insieme a loro

Cosa diventereb­be il mio Paese se fossero adottate pratiche diverse? Anche vincendo, che ne sarà di noi? Se il rispetto dei diritti umani è ancora un valore, essere già noto a polizie e servizi segreti vari è inutile

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Fiori e ricordi sul lugo dell’ultimo attentato vissuto nella capitale britannica
Reuters London Bridge Fiori e ricordi sul lugo dell’ultimo attentato vissuto nella capitale britannica

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