Terrorismo, perché non riusciremo mai a “fermarli prima”
Il copione è sempre lo stesso: Youssef Zaghba, uno degli attentatori di Londra, era noto alle autorità italiane e poi inglesi, cui erano state trasmesse le informazioni disponibili. Quali erano gli elementi che lo rendevano un sospetto terrorista? Aveva un biglietto aereo per Istanbul e niente bagaglio; e poi – ovviamente – si chiamava come si chiamava ed era musulmano. C’era anche il fatto che, alla polizia aeroportuale che gli stava controllando i documenti e che gli aveva chiesto perché voleva andare a Istanbul, aveva detto che voleva fare il terrorista; chiunque avrebbe pensato a una battuta. La polizia invece no; e gli aveva sequestrato cellulare e passaporto: non parti, sei un sospetto terrorista, chiederemo l’applicazione di idonee misure di prevenzione.
A CONTI FATTI avevano ragione. Ma l’Italia (come tutti i Paesi del mondo occidentale) è uno Stato civile e ha un sistema giudiziario coerente con la sua storia e le sue conquiste democratiche. Sicché telefonino e passaporto gli sono stati restituiti dal Tribunale e di misure di prevenzione non se n’è più parlato: assenza di elementi di sospetto idonei. Difficile dargli torto. Ma poi: in che consistono queste misure di prevenzione?
Sorveglianza speciale: per applicarla servono un’esor- tazione formale del Questore a cambiare condotta; se il sospetto terrorista non lo fa (come si fa a sapere che non lo ha fatto? Mah), dopo un minimo di 60 giorni, una richiesta di sorveglianza speciale al Tribunale (che significa udienza con pm, avvocato e giudice), poi Appello e Cassazione. Se tutto è confermato, prescrizioni di orari, luoghi e frequentazioni da evitare. Se il sorvegliato non adempie, reato (nuovo pro- cesso in Tribunale con Appello e Cassazione) e possibile condanna da 3 mesi a 1 anno: in galera non ci va. Oppure, obbligo e/o divieto di soggiorno in un determinato Comune con l’ordine di non allontanarsi dall’abitazione e di presentarsi periodicamente alla polizia. Anche qui, Tribunale, Appello e Cassazione ed eventuale processo penale se disobbedisce (sempre con Appello e Cassazione).
Chiunque capisce che un sistema del genere è del tutto inefficiente nei confronti di chi ha deciso di ammazzare più gente possibile e di morire insieme a loro. Se non riusciranno a fare di meglio, ammazzeranno i poliziotti del Commissariato che gli consegnano i provvedimenti giudiziari, si faranno esplodere nel Comune dove sono stati inviati; e comunque sfrutteranno il soggiorno coatto per fare proselitismo.
OVVIAMENTE
questo scenario, con marginali variazioni, è proprio di ogni Paese civile, Inghilterra, Francia, Germania che sia. Sicché “l’essere già no to ” a polizia, carabinieri e servizi segreti vari è del tutto inutile. A meno che, si capisce, si proceda lungo la strada autorevolmente indicata dal premier britannico Theresa May: “Se le leggi sul rispetto dei diritti umani ci impediranno di affrontare estremismo e terrorismo le cambieremo, pur di tenere al sicuro il popolo britannico”. D’altra parte i precedenti non le mancano. Da “conflitto nordirlandese”, tratto da Wiki
pedia: dal 1969 invio di truppe militari britanniche in Irlanda; dal 1971, internamento senza processo dei sospetti di terrorismo in campi di concentramento; il 30 gennaio 1972 il Bloody Sunday, paracadutisti inglesi che sparano sulla folla uccidendo 14 persone; nel 1972 scontri a fuoco quotidiani tra Ira ed esercito con 472 vittime; detenzione dei terroristi in condizioni inumane, scioperi della fame e morti ad oltranza. Il tutto sotto lo sguardo “in tran sigente e responsabile” della illustre progenitrice della May, la signora Tatcher.
Naturalmente è forte la tentazione di dire: va bene, e allora? Quando è troppo è troppo, l’hanno voluto loro. Poi capita di andare a rivedere Rendi
tio n, il film che racconta del prelievo illegale di un ingegnere egiziano sospettato di ter roris mo, inc arcer ato cla ndest inamente, alla fine ritenuto innocente dai suoi stessi sequestratori e liberato dopo mesi di torture; e ci si chiede (qualcuno magari no): ma se capitasse a me o a qualcuno dei miei cari? E questa è la considerazione più semplice. Quella più complessa è: cosa diventerebbe il mio Paese se fossero adottate queste pratiche? Quando avessimo sconfitto il terrorismo, che ne sarà di noi?
Il nostro sistema è inefficiente contro chi ha deciso di ammazzare più gente possibile e di morire insieme a loro
Cosa diventerebbe il mio Paese se fossero adottate pratiche diverse? Anche vincendo, che ne sarà di noi? Se il rispetto dei diritti umani è ancora un valore, essere già noto a polizie e servizi segreti vari è inutile