Rifiuti e raccolta differenziata: il mistero del “dove lo butto?”
Ci impegniamo tanto per separare i materiali, aiutare l’ambiente e diminuire il peso dei sacchetti che finisce in discarica. Ma sono ancora tanti gli errori che si commettono
Una volta si diceva che l’erba del vicino era sempre più verde. Oggi, condizionati dal sempre attuale mito apotropaico delle misure, al nostro dirimpettaio di pianerottolo o al conoscente che vive nella villetta accanto invidiamo le dimensioni delle suoi sacchetti dell’immondizia. Piccoli, smilzi e perfettamente divisi tra umido, carta, vetro e indifferenziata. I più fissati arrivano perfino a utilizzare buste di diverso colore. Ma guai a fargli notare che sono dei fissati. È piuttosto un modus vivendi di chi, più lungimirante degli altri, ha capito che a 20 anni dal decreto Ronchi, che ha ribaltato la cultura della gestione dei rifiuti – non più scarti ma risorse con la creazione di nuove competenze e opportunità occupazionali; non più discariche ma infrastrutture diffuse e imprese innovative – dovrebbe essere chiaro che bacchette magiche in grado di produrre un’economia a rifiuti zero non ne esistono.
COSÌ L’ITALIA si è stranamente (eh!) spaccata in due: da una parte ci sono un po’ più di 1.500 Comuni “ricicloni” dove vivono 10 milioni di abitanti in cui la raccolta differenziata supera il 65% del totale (quasi il doppio rispetto a 10 anni fa) – al primo posto svetta Tortorella, un piccolo paese in provincia di Salerno, dove i 584 abitanti producono lo 0,4 Kg per abitante di rifiuto indifferenziato – e che hanno permesso passi avanti soprattutto nel riciclo e nel riutilizzo di carta, plastica, umido vetro e ferro; dall’altro lato, tristemente, primeggiano i cosid- detti Comuni “r os ic on i” (l’85%), dove non si riesce né a rispettare l’obiettivo di legge sulla raccolta differenziata né a puntare sulla qualità e sulle politiche di prevenzione. E proprio in questi paesi e città, gli abitanti continuano a interrogarsi quotidianamente davanti ai cassonetti della raccolta per capire dove vanno gli oggetti da buttare, anche perché – qui nessuno mette in discussione che il buon cittadino non voglia appositamente differenziare i rifiuti – questo enorme impegno per separare i materiali, aiutare l’ambiente e diminuire le montagne di mun nezza nelle discariche non porta ovunque i risultati sperati. Perché, diciamolo, la raccolta differenziata non è facile e anche i più attenti rischiano di commettere errori. Quali? Secondo l’Adoc sono 5: gli scontrini (non sono carta, ma un rifiuto indifferenziato); l’olio da cucina che non va get- tato nel water ma portato nei centri di raccolta, dove devono finire anche le lampadine, a eccezione di quelle a incandescenza che si gettano nell’indifferenziato; i cartoni della pizza che, solo se puliti, finiscono tra carta e cartone; infine i piccoli elettrodomestici (quelli inferiori a 25 centimetri) che la maggior parte degli italiani non sanno che possono essere lasciati gratis nei negozi specializzato senza bisogno di comprare nulla.
E se proprio si è indecisi sul cassonetto giusto dove buttare i rifiuti, può tornare utile una recente pubblicità del CoReVe (il Consorzio del vetro) dove Licia Colò ripete la filastrocca: “Mischiare vetro e cristallo non è mai un’id ea brillante. La ceramica è indigesta al riciclo. Solo bottiglie e vasetto per un riciclo perfetto; e toglili sempre dal sacchetto”.