Voti in fuga, non solo M5S E il Pd continua a franare
Non vince nessuno I dem passano dal 21,2 dello scorso anno al 14,74 odierno, mentre i grillini perdono oltre il 10 per cento. FI ancora sotto le due cifre
Coalizioni ben al di sotto del 35 per cento. Partito democratico intorno al 15 per cento, Forza Italia giusto la metà del Pd, neanche l’otto per cento: 7,7. Per non parlare dell’astensionismo, come segnala Federico Fornaro, senatore di Articolo 1 - Mdp e bravo analista di dati elettorali: “Dopo la pausa del referendum costituzionale del dicembre scorso, è ripresa la fuga dalle urne degli italiani. Nei 1005 comuni chiamati al voto la percentuale di votanti è stata del 60,07 per cento contro il 66,85 delle precedenti elezioni. Tendenza all’i nc re m en t o dell’astensionismo che si rileva anche nei 25 comuni capoluogo di provincia che passano da una media del 64,96 per cento al 58,68 del 2017”.
TENUTO CONTO di questo quadro reale, dov’è allora il tanto enfatizzato ritorno del bipolarismo, come rilevato ieri da quotidiani e tg nazionali in una sorta gigantesca lettura falsa e unilaterale? Davvero c’è stato un risveglio della Seconda Repubblica con relativa esplosione della bolla populista? I dati sono dati e l’andamento di Genova è un po’ la metafora di questo primo turno amministrativo, in attesa ovviamente del decisivo ballottaggio. In queste comunali - cioè il tipo di elezione tradizionalmente simbolo dell’alta partecipazione alle urne - a Genova ha votato meno delle metà degli aventi diritto, il 48,38 per cento, ed entrambe le coalizioni arrivate al secondo turno hanno perso voti: eclatante il caso del centrosinistra che ha perso oltre 50mila voti rispetto al primo turno di cinque anni fa. In sostanza da questo quadro esce il ritratto elettorale di un’Italia stanca, fluida se non liquida, frammentata e confusa.
A confermarlo sono i risultati in valore assoluto elaborati sia dal già citato Fornaro sia da You Trend. Su 25 Comuni capoluogo (di cui 6 stimati su dati ancora incompleti, seppur di pochissimo), il senatore di Mdp riscontra una sostanziale parità tra centrosinistra e centrodestra. Per il primo, la media porta a un modesto 32,95, mentre il secondo è avanti di poco: 33,46. A chiudere il flop dei candidati sindaci del Movimento 5 Stelle: 11 per cento. Peraltro i grillini perdono circa il 10 per cento rispetto alle ammini- strative dello scorso anno (24 comuni “drogati” dai successi nazionali di Roma e Torino) ma sono in linea con le comunali del 2012: allora su 25 comuni si presentarono in 21 e ottennero il 9,4 per cento. Questo a conferma, al netto di errori e debolezza della classe dirigente, del loro scarso radicamento territoriale.
Dopo la pausa del referendum costituzionale del dicembre scorso, è ripresa la fuga dalle urne degli italiani
FEDERICO FORNARO Ballottaggi
Su 22 Comuni dove si voterà il 25 giugno, il centrosinistra dovrà rincorrere in 16
FIN QUI le coalizioni e il dato sui candidati sindaci. Poi ci sono i singoli partiti. Su 25 comuni i risultati sono questi: Pd 14,74 per cento; liste civiche di area Pd 5,9; Forza Italia 7,7; Lega 8; M5s 10,15; sinistra composta da vari spezzoni 6. Sono numeri desolanti se raffrontati con il 2012 e con l’anno scorso. Cinque anni fa, il Pd era al 17,3 negli stessi comuni di oggi; un anno fa, nei 24 dove si votava, era al 21,2. Ancora più evidente il crollo grillino, sempre in confronto a un anno fa, quando il M5s superò di poco il 20 per cento. Non solo.
L’arretramento del centrosinistra emerge con chiarezza dalla comparazione con i ballottaggi del 2012. Nei 22 secondi turni del prossimo 25 giugno, il centrodestra partirà in vantaggio in 15 comuni mentre cinque anni fa il cen- trosinistra dominò ovunque. Dice Fornaro: “Il centrosinistra nel 2017 è arrivato al primo posto nel primo turno solamente in 4 comuni (contro 13 del passato) e dovrà rincorrere in 16 (contro 5 delle ultime comunali). In buona sostanza i ruoli tra la ‘lepre’e chi rincorre tra centrodestra e centrosinistra si sono invertiti. Appare dunque assai improbabile che il centrosinistra possa riconfermare le sue 14 amministrazioni comunali uscenti”.
Anche però il balzo in avanti del centrodestra unito, cioè Berlusconi più Salvini, lascia più di una perplessità. A cominciare proprio dal ruolo gregario di Forza Italia, scesa dall’11,1 del 2012 al 7,7 odierno. Il berlusconismo
non è più il perno di questa coalizione, che in ogni caso supera di pochissimo il debole centrosinistra.
QUESTE tendenze si confermano allargando il quadro ai 142 comuni più grandi (“superi or i”), quelli scelti da Y ou Trend per le proprie elaborazioni. Per coalizioni: centrosinistra al 37 per cento; sinistra al 6,9; centro al 3,1; centrodestra al 34,3; M5s al 9,5; civiche al 6,7; altri al 2,4. Il dettaglio per i partiti, infine: Pd 16,6 per cento; altri centrosinistra 20,2; sinistra 6,9; centro 4,1; Forza Italia 7; altri centrodestra 16,9; Lega 7,8; Fratelli d’Italia 2,5; M5s 9; civiche 6,4.
Nell’insieme, sono percentuali di un’Italia nel guado, con dati troppo evanescenti per indicare un ritorno del bipolarismo. Semmai, il malizioso ragionamento che si può fare è un altro: il crollo dei Cinque Stelle assume un rilievo maggiore in una logica di tenuta del sistema in funzione delle larghe intese, laddove in un primo momento i renziani hanno cantato vittoria per la flessione grillina, incuranti di essere stati scavalcati dal centrodestra. Curioso, molto curioso.
Cinquestelle
Nel 2016 sfondarono quota 20 per cento, adesso “ritornano” ai risultati del 2012