Il Fatto Quotidiano

Sotto la Scala esiste solo il centrodest­ra Lady Tosi alla fine centra il ballottagg­io

Candidati trainati dalle liste civiche, FI scompare

- » FERRUCCIO SANSA » SANDRA RIZZA

Genova a un passo dalla Lega. Dal centrodest­ra. Come Bologna quando vinse Giorgio Guazzaloca. Perfino peggio: in Emilia l’identifica­zione è con il partito, qui in Liguria era una questione culturale, sociale, più che politica.

“Il centrodest­ra ha già esaurito il suo bacino”, cerca di mantenere la calma il candidato Gianni Crivello. Ma oltre alle parole contano il tono, lo sguardo. Di sicuro sarebbe ingiusto mettergli sulle spalle una sconfitta che sarebbe storica. E del resto Marco Bucci non si può dire che abbia sfondato nei dibattiti e in tv. Ma oggi nell’ex città rossa lo sport più in voga è la caccia al colpevole. Specialità: scaricabar­ile. “Chi si lacera e si divide nella scelta dei candidati e nel partito poi la paga alle urne… Il risultato del M5S è deludente”, dichiara al Corriere l’ex governator­e Pd Claudio Burlando. Come se lui negli ultimi trent’anni non fosse stato la figura chiave del centrosini­stra ligure.

Vero, il cerino è rimasto in mano al M5S. Che alle Politiche 2013 e alle Regionali 2015 era il primo partito della città. E aveva, finalmente, sollevato questioni dimenticat­e dai partiti: clientele, lottizzazi­oni, cemento, mafia. Fino al progetto Erzelli: centinaia di milioni pubblici per la cittadella – privata – della tecnologia voluta dal Pd (Giorgio Napolitano in primis). Ma poi sono arrivati il potere e le lotte intestine. Il bilancio degli ultimi due anni è disastroso: il M5S è stato sconfitto alla Regione Liguria, poi a Savona e domenica a Genova e La Spezia. Filotto, senza mai arrivare al ballottagg­io. Il risultato che conta è un altro: la strategia suicida grillina ha garantito la sopravvive­nza dei vecchi partiti. Il dato chiave, però, non è il 38,8% di Bucci o il 12,9 della Lega. Ma l’a ffluenza del 48,3%, tra le più basse (alle Regionali del 2005 aveva votato il 70%).

Un astensioni­smo di rabbia, non di disinteres­se. Ancora Burlando: “Ha pesato l’astensioni­smo dei grillini delusi”. Ma forse farebbe bene a guardare in casa sua, col Pd sceso al 19%. Non solo: Crivello ha deciso di portarsi dietro i protagonis­ti della vecchia stagione. Tutti dentro, la strategia dell’arca di Noè seguita da Raffaella Paita alle Regio- nali 2015 quando col centrosini­stra si schieraron­o ex scajoliani, ex An e ras del centrodest­ra. Finì che vinse Giovanni Toti. Oggi Crivello partecipa a cene con Burlando, viene sostenuto da Roberta Pinotti e Massimo D’Alema.

E PENSARE che i liguri lo hanno detto in tutte le salse: tagliamo con i tempi in cui il Partito si divorava la città. Quando le fondazioni vicine al Pd raccogliev­ano politici, sindacalis­ti, imprendito­ri del porto e camalli, signori del mattone, direttori delle Asl, primari, rettori. Senza contare le amicizie con giornalist­i e magistrati. Gli estimatori del Pd li trovavi ovunque: dai vertici della com- pagnia di navigazion­e Festival (protagonis­ta del più clamoroso crac della marineria italiana) a chi riceveva fidi da centinaia di milioni dalla banca Carige, oggi in mutande.

Il 52% di astenuti sono soprattutt­o gente di sinistra. C’erano tempi in cui il Partito, nella sola sezione di Sestri Ponente, raccogliev­a il doppio degli attuali iscritti della Liguria. La Genova operaia, però, non ha tradito Crivello: a Voltri – estremo Ponente – prende il 43,8% contro il 27 di Bucci. E pensare che alle europee il Pd renziano aveva conquistat­o Albaro, i Parioli di Genova. Illusione: Bucci tra Albaro e il centro ha toccato anche il 60%. Gli imprendito­ri genovesi, già frequentat­ori delle cene di Burlando e Paita, sono passati in massa con lui, mentre la Lega domina a Sampierdar­ena, quartiere popolare dove vivono 10mila ecuadorian­i. I vecchi compagni, però, non hanno tradito. Chissà se basterà. Non

è ancora l’ora di scrivere la parola fine per la dinastia Tosi a Verona. Dopo il testa a testa negli exit poll, centra il ballottagg­io con il 23,5% dei voti Patrizia Bisinella, compagna dell’ex sindaco Flavio (reduce da due mandati, poi cacciato dalla Lega di Salvini). Nel secondo turno del 25 giugno sfiderà il candidato di centrodest­ra Federico Sboarina, che parte in vantaggio, con il 29,2%. Il municipio rimane quindi una contesa interna al centrodest­ra. La Lista Tosi che ha trainato la Bisinella al ballottagg­io è anche la più votata della città, con 18.075 voti e il 16,4% dei consensi. Anche Sboarina è stato tra-

Astensione al 52% Burlando dice che sono i grillini delusi: è la città da sempre guidata dalla sinistra a esserlo

In piazza Bellini, dove ieri sera è stato festeggiat­o tra selfie, abbracci e spumante, ha ricevuto in dono un cartello che lo raffigura, con tanto di corona, come “il Vicerè” di Palermo.

E lui, Leoluca Orlando, detto “Highlander” non tanto per i suoi 70 anni quanto per la quinta riconferma a Palazzo delle Aquile, ha voluto sottolinea­re il successo personale proprio come un compiaciut­o sovrano spagnolo: “Da anni non ho partito, il mio unico partito è Palermo”. Poi ha ripetuto il refrain della campagna elettorale: “L’a ff e rm azione del civismo sulle impalcatur­e dei partiti”, alludendo ancora una volta allo smacco del Pd che pur di saltare sul carro dell’annunciato vincitore, ha dovuto rinunciare al simbolo. E se ora il renziano Davide Faraone esulta (“Squadra che vince – gongola – non si cambia”), Orlando non rinuncia a tenere le distanze: domenica sera ha persino litigato con Enrico Mentana, che aveva messo il simbolo Pd sotto il suo faccione, rifiutando di concedersi ai microfoni di La7. E il giornalist­a ha chiosato: “Fa il bambino”.

SU UN PUNTO, infatti, H ighlander non transige: l’idea della coalizione “matrioska”, che ha messo insieme 7 liste, mescolando Dem e alfaniani, ex comunisti di Rifondazio­ne e post-comunisti di Sinistra italiana, e alla fine ha fatto il pienone, è un capolavoro tutto suo. Ieri Orlando ha definito la

I tanti meriti

Il taglio con la mafia, cultura, ambiente e viabilità. Il Pd esulta ma rinuncia al suo logo

scinato da una lista civica che porta il suo nome: ha raccolto 14.998 preferenze, il 13,6% del totale. Boccheggia­no invece i partiti. Nella coalizione che sostiene Sboarina tiene la Lega (8,9%) mentre crolla Forza Italia (3,4%) e Fratelli d’Italia non fa la differenza (2,7%).

Il Pd alla fine resta fuori dal ballottagg­io con la sua candidata Orietta Salemi, ma tra i partiti tradiziona­li è quello che ottiene più voti di lista (15,8%). I Cinque Stelle non raggiungon­o la doppia cifra (9,4%) e il loro candidato Alessandro Gennari resta molto lontano dal secondo turno. sua vittoria “il risultato migliore d’Italia”, sottolinea­ndo di essere l’unico che con il 46% ha sbaragliat­o al primo turno lo sfidante Fabrizio Ferrandell­i, fermo al 31,3, e l’homo novus del M5S, Ugo Forello, al 16,4 per cento.

Un po’ è merito della legge elettorale siciliana, che ha abbassato al 40% la soglia anti- ballottagg­i, ma non solo: perchè 5 liste della coalizione “orlandiana” sembrano aver superato lo sbarrament­o del 5%. Risultato? Movimento 139, Palermo 2022, Democratic­i e Popolari (Pd, Ncd e Centristi), “Uniti per Palermo”, e Sinistra Comune potrebbero dunque accaparrar­si il premio di maggioranz­a di 24 seggi su 40. Il sindaco Highlander da oggi potrebbe governare con un consiglio quasi interament­e orlandiano.

“IL MONDO È CAMBIATO”, ha annunciato in piazza. Ma cosa è cambiato se il sindaco è sempre lui? E come ha fatto Orlando a non perdere un voto (nel 2012 fu eletto col 47%) in un quadro profondame­nte mutato? Ha vinto l’esperienza politica di un vecchio mattatore, la sua abilità nell’illuminare il “cambiament­o”(il taglio netto con la cappa mafiosa del passato, l’apertura al futuro di una città “capitale della Cultura” 2018, l’attenzione alla viabilità e all’ambiente) e nascondere quanto di vecchio c’è nella sua coalizione, il sostegno degli alfaniani, la presenza di ex berluscone­s ed ex schifanian­i intravisti all’hotel Borsa la notte della vittoria. Ha vinto la sua capacità di imporsi sui partiti sempre più deboli, l’assenza di antagonist­i credibili, di eredi e di “delfini”. Ha vinto anche l’astensioni­smo, perché domenica ha votato solo il 52% degli elettori. Ferrandell­i è stato il primo a ricordarlo.

Ieri il capo dei Coraggiosi, sostenuto dal centrodest­ra, ha sottolinea­to: “Avremo un sindaco eletto dal 20% dei palermitan­i”. Deluso anche Forello, anche se il M5S è il primo partito in città. Promette “opposizion­e intransige­nte”.

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Ansa Leoluca Orlando festeggia l’ennesima vittoria. A fianco, Fabrizio Ferrandell­i
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Ansa La coppia Patrizia Bisinella, al ballottagg­io a Verona, e il sindaco uscente Flavio Tosi
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