“Andai con altri sette mafiosi al teatro Parioli per Falcone”
Per la missione di morte a Roma fu caricata un’auto nel febbraio del 1992 “con mitra, kalashnikov, revolver ed esplosivo”
Quando c’era Falcone al Costanzo – confida Giuseppe Graviano al suo compagno di socialità Adinolfi, bisbigliando – dove si sedeva, c’erano otto persone... otto persone. Eravamo io, palermitani, due di Brancaccio, amici, due di... che poi se ne sono andati che avevano un matrimonio, e altri due che si sono fatti entrambi pentiti, uno di Castelvetrano e uno di Mazara del Vallo’’. Otto killer di Cosa Nostra in platea al Teatro Parioli di Roma per uccidere Giovanni Falcone, otto killer a sorvegliare le mosse del direttore degli affari penali che il capo dei capi Totò Riina voleva morto alla fine del febbraio del ’92.
È IL 24 SETTEMBRE 2016 e nel carcere di Ascoli Piceno la rivelazione di Giuseppe Graviano offre un formidabile riscontro alla missione di morte contro Falcone a Roma del febbraio ’92 raccontata dai pentiti, e riaccende i riflettori sulla stagione stragista e sui movimenti che l’hanno preceduta: non a caso i pm della Procura palermitana hanno cancellato con due lunghi omissis il seguito delle rivelazioni contenute nel verbale sul quale sono in corso indagini. Pochi mesi prima, settembre ’91, in una villa di Castelvetrano Totò Riina aveva comunicato l’avvio della strategia stragista incaricando i trapanesi di andare a Roma per uccidere Falcone. Quel che accadde dopo lo raccontano negli anni successivi i collaboratori Francesco Geraci e Vincenzo Sinacori, il primo di Castelvetrano, il secondo di Mazara del Vallo: Matteo Messina Denaro carica una macchina – dice Sinacori – “con mitra, kalashnikov e alcuni revolver. Aveva pure due 357 cromate nuove. Procurò anche dell’esplosivo nella zona di Menfi-Sciacca”.
PARTIRONO da Palermo anche Renzino Tinnirello e Fifetto Cannella, entrambi di Brancaccio, trovarono un appartamento ai Parioli e mentre cercavano Falcone per eliminarlo si comportavano da turisti: Matteo “mi disse di portare degli abiti adeguati – racconta Geraci – a Roma avremmo frequentato dei locali alla moda”. Il commando passò le giornate tra le boutique di via del Corso, lasciando le tracce delle carte di credito nelle discoteche e frequentando, si scopre adesso, anche il teatro Parioli per assistere al Maurizio Costanzo Show. E quel giorno, in sala, c’era anche Falcone, rivela oggi Graviano. Maurizio Costanzo ricorda poco di quella puntata: “Era il 1992 e venne Falcone – dice – questo lo ricordo. E ricordo anche che parlammo di mafia. Allora poteva entrare chiunque, non si pagava il biglietto, solo dopo l’attentato contro di me (14 maggio 1993, nessun morto ma 24 feriti, illesi Costanzo e Maria De Filippi, ndr ) furono attivati i controlli”.
Non si sa perché decisero di non farlo fuori quella sera: è una delle domande che probabilmente verranno rivolte dagli investigatori a Geraci e Sinacori, chiamati a confermare le confidenze del padrino al camorrista Umberto Adinolfi. In quel periodo, hanno sempre detto i due collaboratori, avevano cercato Falcone nei ristoranti del centro, sbagliando però locale: individuarono “il Matriciano” nel quartiere Prati, ma scoprirono dopo che il giudice frequentava “La Carbona- ra” a Campo de’ Fiori. Improvvisamente Riina cambiò i programmi e il 4 marzo ordinò ai picciotti di tornare in Sicilia: otto giorni dopo partì l’offensiva stragista con l’omicidio di Salvo Lima su un marciapiede di Mondello. E se il giudice andava eliminato perché, “se campava Falcone, altro che 41 bis – dice Graviano – aveva proposto di costruire in tutte le carceri delle celle sotterranee dove mettere tutti i condannati al 416 bis”, sui misteri di quella sta- gione di traghettamento dalla Prima alla Seconda Repubblica il boss di Brancaccio offre un altro dettaglio inquietante: l’ideologo della Lega nord scomparso anni fa, Gianfranco Miglio, teorico della frammentazione del Paese in tre macro-regioni, “è sceso in Sicilia perché aveva un bel progetto” e “si incontrò pure con Nitto (Santapaola, boss di Catania, ndr)”. Graviano abbassa la voce e lo dice bisbigliando al detenuto Adinolfi, rivelando di conservare una “dichiarazione autentica” d el professore, consigliere di Bossi, dei primi anni ’90.
“QUELLO che ti sto raccontando è storia – riferisce Giuseppe Graviano – Con noi! Che voleva fare? Voleva la Sicilia... nel 1993”.
MAURIZIO COSTANZO
Non si pagava il biglietto, entrava chiunque. I controlli furono attivati solo dopo l’attentato contro di me