Il Fatto Quotidiano

“Il senatore D’Alì(a) è legato al latitante e ci aiuta sul 41 bis”

“MADRE NATURA” Conversazi­oni tra detenuti Per gli inquirenti potrebbe riferirsi a Messina Denaro E su B.: “Per colpa di Casini e Bossi non ha fatto nulla”

- » MARCO LILLO

C’è una conversazi­one in carcere nella quale Giuseppe Graviano, detto Madre natura, parla di un senatore “D’Alìa” di Trapani che sarebbe strettamen­te legato a un latitante “che stanno cercando”. Gli investigat­ori, al di là della trascrizio­ne letterale, ritengono che il boss di Brancaccio stia parlando di un presunto rapporto tra il super-latitante Matteo Messina Denaro e Antonio D’Alì, senatore di Forza Italia, sconfitto nella corsa a sindaco di Trapani due giorni fa. Fondatore di Forza Italia, da 23 anni in Parlamento, è stato processato e assolto per l’accusa di concorso esterno in associazio­ne mafiosa. Per la Corte d’appello, però, “l’imputato ha contribuit­o con coscienza e volontà al rafforzame­nto di Cosa nostra fino ad epoca successiva e prossima al mese di gennaio 1994”. I giudici, tuttavia, sia in primo che in secondo grado, hanno applicato la prescrizio­ne. Anche se la prima candidatur­a fu “a ppoggiata elettoralm­ente dall’associazio­ne mafiosa”, manca la prova di una disponibil­ità di D’Alì a favorire la famiglia mafiosa dei Messina Denaro.

NEL PIENO della campagna elettorale per il sindaco di Trapani, il 18 maggio 2017, la Direzione distrettua­le antimafia di Palermo, proprio basandosi sulla parte della sentenza relativa alla prescrizio­ne, chiede per D’Alì il soggiorno obbligato a Trapani. Anche in caso di assoluzion­e, infatti, la legge italiana permette di colpire con limitazion­i personali o patrimonia­li un soggetto considerat­o pericoloso socialment­e. La proposta sarà discussa a luglio. Intanto D’Alì lamenta una persecuzio­ne giudiziari­a ed è stato sconfitto: al ballottagg­io contro Girolamo Fazio (31,7 per cento) andrà il Pd Pietro Savona (26,3 per cento) mentre D’Alì si ferma al 23,5 per cento.

Al Fatto risulta che c’è un’intercetta­zione dei mesi scorsi del boss Graviano in cella che potrebbe mettere in imbarazzo D’Alì. “Ci sono cose che io non riesco a capire, c’è quello trapanese D’Alia”. Il suo interlocut­ore nell’ora d’aria, il detenuto Umberto Adinolfi, non capisce: “Chi? D’Alema?”. Graviano spiega: “No, il paesano quello con gli occhi, graziosi... questo con quello che cercano, guardami Umberto, guarda me... sono come...”. A questo punto nel video della passeggiat­a in carcere si vede Graviano fare un segno con le dita delle due mani inequivoca­bilmente unite nel senso che il soggetto chiamato “D’Alia” di Trapani, quello “con gli occhi graziosi” A Trapani sarà ballottagg­io tra Girolamo Fazio, 31,8%, (libero dal 3 giugno dopo due settimane ai domiciliar­i), e Pietro Savona del Pd, 26,3%. Già escluso il senatore di Forza Italia, Antonio D’Alì (23,5%): il 18 maggio la Dda ha richiesto per lui il soggiorno obbligato, perché “socialment­e pericoloso” sarebbe legato strettamen­te al latitante non nominato “quello che cercano”. D’Alia è il nome di un politico: Gianpiero D’Alia, già ministro Udc del governo di Enrico Letta, che non ha nulla a che vedere con Trapani né con la famiglia Messina Denaro. Per questo gli investigat­ori ritengono che Graviano si riferisca a D’Alì. Mentre “quello che cercano” sarebbe con tutta probabilit­à Matteo Messina Denaro, capo incontrast­ato di Cosa nostra a Trapani, protagonis­ta con Graviano delle stragi del 1992-93, ordite da Totò Riina. Messina Denaro, è anche erede di Ciccio Messina Denaro, boss mafioso di Castelvetr­ano, ma anche campiere dei D’Alì di Trapani.

COSÌ Graviano prosegue: “C’è questa cosa che a me non è chiara. Tant’è che io ho l’impression­e che loro stanno lavorando”. Più avanti, Graviano dice una frase non comprensib­ile in cui commenta le posizioni politiche di “Renzi” e poi parla di qualcuno che merita apprezzame­nto perché è garantista anche se tutti gli altri vanno nel senso contrario. Infine, tornando probabilme­nte a parlare di D’Alì, conclude: “Io sono convinto che sta lavorando per qualche cosa di positivo”. Il boss di Brancaccio ha un pensiero fisso: come riuscire ad ottenere modifiche legislativ­e positive dalla politica. In tale contesto, poco prima di citare il politico trapanese individua un al- tro referente che però non nomina: “Ci può dare una mano quello che ha fatto anche il ministro della Giustizia. Questo era con Cuffaro”. Poi aggiunge: “Questo, quando si è votato per il 41 bis, lui non l’ha votato e nonostante era lui con la maggioranz­a e ha spiegato ‘non lo farò mai’. Questo – prosegue Graviano – è avvocato e dice: ‘è una legge vergognosa’”.

Non esiste un ex ministro della Giustizia avvocato legato a Cuffaro. C’è un avvocato, ex ministro della Giustizia, che ha parlato recentemen­te a Radio radicale delle criticità del regime di isolamento dell’articolo 41 bis, ed è Giovanni Maria Flick. In un altro colloquio Graviano dice che il governo Berlusconi non ha fatto alcune, cose “perché aveva Casini... aveva Bossi contro. Quando avevano fatto il codice penale si è trovato a essere attaccato da Casini”. Al riguardo Graviano sembra covare un risentimen­to verso l’ex presidente della Camera: “Sei un cattolico, pezzo infamone che non sei altro”. Poi Graviano prosegue sulla riforma dell’ergastolo: “All’ultimo, quando Fini sì è arrivati quasi alla rottura... dice sì va bene se lo portiamo a trentotto anni”. Conclusion­e di Graviano: “Quindi non si va avanti con le coalizioni... ci vuole un partito (...) e continuava come aveva fatto all’inizio con l’am nistia”.

Candidato “pericoloso” Forza Italia

Il senatore è già stato assolto dall’accusa di mafia, ma prescritto per gli anni pre-1994

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Ansa Sicilia Un’immagine di Trapani. A destra, il senatore trapanese, Antonio D’Alì

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