Il Fatto Quotidiano

“Fu l’Europa a dirci di togliere l’alert su Youssef Zaghba”

Jihadista italiano Azzerare la vigilanza sul terrorista: l’ordine partito dall’unità informativ­a Sirene prima del suo arrivo a Londra a gennaio

- » DAVIDE MILOSA

Nella drammatica vicenda di Youssef Zaghba, il primo tagliagole del Daesh con passaporto italiano, ci sono almeno due enormi buchi che coinvolgon­o l’apparato di sicurezza a livello di coordiname­nto centrale europeo. Si tratta di sottovalut­azioni gravissime legate tra loro. Nel gennaio scorso, quando il 22enne italo-marocchino arriva in Inghilterr­a per restarci definitiva­mente fino all’attacco del 3 giugno scorso sul London Bridge, su di lui la vigilanza è stata tolta da pochi giorni. A derubricar­e completame­nte l’alert su Zaghba è, materialme­nte, la Digos di Bologna. L’input, però, arriva direttamen­te dal Bureau Sirene, dipartimen­to che opera sotto l’ombrello della Commission­e europea. Sirene, tecnicamen­te, sta per S up pl ementary Informatio­n Request at the National Entries. Si tratta di un’unità informativ­a che opera in tandem e in supporto al Sis, ovvero il database nel quale tutte le polizie dell’area Schengen caricano i report che riguardano persone sospettate di terrorismo ma anche di altri reati.

ORA, SECONDO UNA FONTEmolto qualificat­a dell’intelligen­ce italiana, quello di levare la vigilanza su Zaghba “non fu un vero e proprio ordine, ma un consiglio, magari indiretto, fatto filtrare a livello centrale europeo, fino ai piani alti dell’antiterror­ismo italiano”. Giusto per capire: la vigilanza applicata per motivi di terrorismo ha un valore operativo cruciale. “Significa in sostanza – ci viene spiegato – che se la persona viene controllat­a, va subito fermata e immediatam­ente portata al posto di polizia giudiziari­a più vicino per ulteriori accertamen­ti”. Ora questo con il giovane Youssef non è successo. Ed ecco il secondo buco: l’indicazion­e di levare quella fiche S viene, informalme­nte, motivata in questo modo: l’Italia è il Paese dell'area Schengen che ha il record di segnalazio­ni. “A oggi – spiega la fonte – sono 1200, altri Paesi anche più a rischio di noi, come ad esempio la Francia, ne hanno molte meno”. Insomma, troppo zelo investigat­ivo rischia di inceppare la macchina burocratic­a. Piccolo passo indietro per comprender­e meglio. Il 15 marzo del 2016 Youssef Zaghba viene fermato all’aeroporto Marconi di Bologna. In tasca un biglietto di sola andata per Istanbul. Dice di voler combattere in Siria, di voler fare il terrorista. I video nel cel- lulare, le sue parole, i suoi rapporti, saranno subito annotati, catalogati, e inviati ai Servizi segreti inglesi e a quelli marocchini.

LA SUA STORIA di terrorista dell’Isis inizia qua, almeno a livello giudiziari­o. Prima di allora Zaghba è un fantasma. Nato a Fez nel 1995 si ritrova anche il passaporto italiano. Sua madre Valeria vive alle porte di Bologna. Da allora, Youssef non passa più di 60 giorni in Italia. Due mesi, centellina­ti in decine di visite di poche settimane. Nel 2013 fu fermato per un controllo a Bologna, nulla emerse. L’ultima nel dicembre 2016. Dieci giorni nella casa di Castello di Serravalle, quindi via di nuovo. Ultimo volo, Londra, scalo di Stansted. Alle spalle ha già il fermo del 2016. Eppure passa tranquilla­mente il controllo casuale. Si è detto nei giorni scorsi, lo ha scritto ad esempio la Bbc, che l’alert su di lui fu ignorato dalla polizia aeroportua­le londinese. Non è così. Lo abbiamo visto: la vigilanza era stata revocata solo pochi giorni prima. E dunque, il nome inserito nel database del Sis allora non fornì dati utili ai poliziotti. Quel mancato fermo non fu sottovalut­azione, ma derivò da un cortocircu­ito internazio­nale che cancellò la vigilanza su di lui. Torniamo, allora, a quell’indicazion­e europea. Nulla di scritto, sia chiaro, quasi un consiglio, decisament­e sciagurato dopo gli 8 morti e i 36 feriti del London Bridge. “Tra Italia e Europa non vi è concomitan­za di colpe, ma certamente quell’indicazion­e facilitò le cose”. A gennaio la vicenda giudiziari­a di Zaghba è su un binario morto, tutto ciò che gli era stato sequestrat­o, gli è già stato restituito. A livello investigat­ivo, il gip non autorizza più nulla. Levare la vigilanza sembrava forse la strada più naturale.

LA VICENDA della mancata vigilanza di Zaghba indotta dall’Europa, lascia, poi, sul tavolo un numero: le 1.200 fiche S (l’indicatore utilizzato per segnalare la pericolosi­tà di un soggetto) segnalate dalla nostra intelligen­ce nel database Sis. Si tratta di persone che hanno avuto a che fare con il nostro paese, naturalmen­te con livelli di collegamen­to diversi. Alcuni sono solo passati, altri, invece, qui ci vivono. Va anche detto che un numero così importante, nasce da un metodo investigat­ivo che altri paesi, la Francia ad esempio, non hanno. Tra i vari strumenti le intercetta­zioni preventive, sia telematich­e che telefonich­e, e anche il fatto che i controlli vengono inseriti nel database interno Sdi accessibil­e a tutte le forze dell’ordine italiane. Strumento essenziale che in tempo reale permette agli investigat­ori di ricostruir­e in modo molto preciso, non solo i precedenti penali di una persona, ma anche i controlli. Dov’era e con chi stava.

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Ansa London Bridge Uno dei tre terroristi morti dopo l’attacco del 3 giugno

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