“Fu l’Europa a dirci di togliere l’alert su Youssef Zaghba”
Jihadista italiano Azzerare la vigilanza sul terrorista: l’ordine partito dall’unità informativa Sirene prima del suo arrivo a Londra a gennaio
Nella drammatica vicenda di Youssef Zaghba, il primo tagliagole del Daesh con passaporto italiano, ci sono almeno due enormi buchi che coinvolgono l’apparato di sicurezza a livello di coordinamento centrale europeo. Si tratta di sottovalutazioni gravissime legate tra loro. Nel gennaio scorso, quando il 22enne italo-marocchino arriva in Inghilterra per restarci definitivamente fino all’attacco del 3 giugno scorso sul London Bridge, su di lui la vigilanza è stata tolta da pochi giorni. A derubricare completamente l’alert su Zaghba è, materialmente, la Digos di Bologna. L’input, però, arriva direttamente dal Bureau Sirene, dipartimento che opera sotto l’ombrello della Commissione europea. Sirene, tecnicamente, sta per S up pl ementary Information Request at the National Entries. Si tratta di un’unità informativa che opera in tandem e in supporto al Sis, ovvero il database nel quale tutte le polizie dell’area Schengen caricano i report che riguardano persone sospettate di terrorismo ma anche di altri reati.
ORA, SECONDO UNA FONTEmolto qualificata dell’intelligence italiana, quello di levare la vigilanza su Zaghba “non fu un vero e proprio ordine, ma un consiglio, magari indiretto, fatto filtrare a livello centrale europeo, fino ai piani alti dell’antiterrorismo italiano”. Giusto per capire: la vigilanza applicata per motivi di terrorismo ha un valore operativo cruciale. “Significa in sostanza – ci viene spiegato – che se la persona viene controllata, va subito fermata e immediatamente portata al posto di polizia giudiziaria più vicino per ulteriori accertamenti”. Ora questo con il giovane Youssef non è successo. Ed ecco il secondo buco: l’indicazione di levare quella fiche S viene, informalmente, motivata in questo modo: l’Italia è il Paese dell'area Schengen che ha il record di segnalazioni. “A oggi – spiega la fonte – sono 1200, altri Paesi anche più a rischio di noi, come ad esempio la Francia, ne hanno molte meno”. Insomma, troppo zelo investigativo rischia di inceppare la macchina burocratica. Piccolo passo indietro per comprendere meglio. Il 15 marzo del 2016 Youssef Zaghba viene fermato all’aeroporto Marconi di Bologna. In tasca un biglietto di sola andata per Istanbul. Dice di voler combattere in Siria, di voler fare il terrorista. I video nel cel- lulare, le sue parole, i suoi rapporti, saranno subito annotati, catalogati, e inviati ai Servizi segreti inglesi e a quelli marocchini.
LA SUA STORIA di terrorista dell’Isis inizia qua, almeno a livello giudiziario. Prima di allora Zaghba è un fantasma. Nato a Fez nel 1995 si ritrova anche il passaporto italiano. Sua madre Valeria vive alle porte di Bologna. Da allora, Youssef non passa più di 60 giorni in Italia. Due mesi, centellinati in decine di visite di poche settimane. Nel 2013 fu fermato per un controllo a Bologna, nulla emerse. L’ultima nel dicembre 2016. Dieci giorni nella casa di Castello di Serravalle, quindi via di nuovo. Ultimo volo, Londra, scalo di Stansted. Alle spalle ha già il fermo del 2016. Eppure passa tranquillamente il controllo casuale. Si è detto nei giorni scorsi, lo ha scritto ad esempio la Bbc, che l’alert su di lui fu ignorato dalla polizia aeroportuale londinese. Non è così. Lo abbiamo visto: la vigilanza era stata revocata solo pochi giorni prima. E dunque, il nome inserito nel database del Sis allora non fornì dati utili ai poliziotti. Quel mancato fermo non fu sottovalutazione, ma derivò da un cortocircuito internazionale che cancellò la vigilanza su di lui. Torniamo, allora, a quell’indicazione europea. Nulla di scritto, sia chiaro, quasi un consiglio, decisamente sciagurato dopo gli 8 morti e i 36 feriti del London Bridge. “Tra Italia e Europa non vi è concomitanza di colpe, ma certamente quell’indicazione facilitò le cose”. A gennaio la vicenda giudiziaria di Zaghba è su un binario morto, tutto ciò che gli era stato sequestrato, gli è già stato restituito. A livello investigativo, il gip non autorizza più nulla. Levare la vigilanza sembrava forse la strada più naturale.
LA VICENDA della mancata vigilanza di Zaghba indotta dall’Europa, lascia, poi, sul tavolo un numero: le 1.200 fiche S (l’indicatore utilizzato per segnalare la pericolosità di un soggetto) segnalate dalla nostra intelligence nel database Sis. Si tratta di persone che hanno avuto a che fare con il nostro paese, naturalmente con livelli di collegamento diversi. Alcuni sono solo passati, altri, invece, qui ci vivono. Va anche detto che un numero così importante, nasce da un metodo investigativo che altri paesi, la Francia ad esempio, non hanno. Tra i vari strumenti le intercettazioni preventive, sia telematiche che telefoniche, e anche il fatto che i controlli vengono inseriti nel database interno Sdi accessibile a tutte le forze dell’ordine italiane. Strumento essenziale che in tempo reale permette agli investigatori di ricostruire in modo molto preciso, non solo i precedenti penali di una persona, ma anche i controlli. Dov’era e con chi stava.