Il Fatto Quotidiano

“Solo la pace combatte davvero il terrorismo”

L’ex capo di Stato maggiore dell’esercito spagnolo ora nella leadership di Podemos

- » ELENA MARISOL BRANDOLINI

Generale, come si combatte il terrorismo?

È necessario tagliarne i canali di finanziame­nto, evitare che gli arrivino armi e coordinare i servizi d’intelligen­za. La visibilità per le strade delle forze dell’ordine è un deterrente?

È un modo per aiutare la popolazion­e facendola sentire più sicura. Il punto fondamenta­le è però nel lavoro prevetivo, ove le risorse andrebbero utilizzate in un modo meno visibile, più nell’investigaz­ione e nei servizi d’in tel ligenza

Perché, almeno finora, Spagna e Italia non sono obiettivi dell’Isis? Probabilme­nte il terrorismo cerca una visibilità mediatica forte e ritiene che Parigi, Londra o Berlino abbiano un maggiore effetto mediatico. Se guardiamo le statistich­e il terrorismo miete molte più vittime nei paesi islamici come nella recente strage a Kabul, ma l’effetto mediatico di un attacco a Londra o Manchester è molto maggiore Perché ci commuoviam­o per Londra e molto meno per Kabul?

Sembra che quando il problema è più vicino produce un maggior danno, la paura provoca questa reazione: qualunque esplosione, che prima pensavamo di una fuga di gas, ora si associa al terrorismo con scene di panico come a Torino. La paura di perdere ciò che abbiamo fa sì che il pericolo vicino lo percepiamo come più grave di quello lontano.

Come si combatte la paura? Attraverso il sistema educativo, andando alla radice del problema e non utilizzand­o questa minaccia per una riduzione di libertà e diritti. Invece sembra che l’equilibrio tra sicurezza e libertà si stia ora inclinando a favore della sicurezza in detrimento della libertà. Penso che bisogna costruire la pace. Ora abbiamo un ministero della Difesa, prima c’era quello della Guerra, credo che dovremmo andare verso un ministero della Pace e della Sicurezza. Bisogna costruire una cultura della pace attraverso il sistema educativo, perché i conflitti non si risolvono solo con lo strumento militare, ma c’è da applicare molta diplomazia, misure economiche, aiuto allo sviluppo. Se si vuole la pace bisogna prepararsi alla pace.

Come si declina il concetto di patria in chiave progressis­ta?

Alle volte le parole si consumano o ce le rubano. La parola patria se l’è attribuita la destra con un concetto che non è patriottic­o. Noi pensiamo che il concetto di patria è associato alla gente normale che lavora o cerca un lavoro, non a quei dirigenti che utilizzano inni e bandiere ma poi sono dei corrotti, o portano il loro danaro in paradisi fiscali, o non rispettano i diritti umani. Perché Podemos presenta oggi una mozione di sfiducia a Rajoy se non ha i numeri per

farla passare?

Le mozioni di sfiducia non si presentano solo se si hanno i numeri, neppure quella di Felipe González nel 1980 passò, ma si riconosce che fu importante per favorire un’epoca di cambio. Siamo in una condizione di eccezional­ità democratic­a con tanti casi di corruzione quasi sistemica e abbiamo l’opportunit­à di affermare che è possibile un’alternativ­a di governo. Abbiamo deciso di farla sapendo che non passerà in Parlamento ma nella società.

Madrid utilizzerà la forza contro la Catalogna se si celebrerà il referendum? Sono sicuro non avverrà. Il diritto a decidere è una richiesta della società catalana, pensiamo si debba celebrare un referendum con garanzie giuridiche e riconoscim­ento internazio­nale. È una questione politica.

Chi è

Julio Rodríguez, 69 anni, è responsabi­le dell’area della Pace e Sicurezza nel Consejo Ciudadano Estatal de Podemos

La carriera Ha ricoperto l’incarico di capo di Stato Maggiore della Difesa dal 2008 al 2011, durante il governo Zapatero Oggi la mozione di sfiducia contro Rajoy: sappiamo che non passerà ma è un segnale ai cittadini sulla corruzione

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LaPresse Stellette anti-sistema Julio Rodríguez
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