Il Fatto Quotidiano

Effetto Lava Jato, la politica appesa alle mazzette

Dopo Lula e Rousseff, Temer salvo per un soffio: lo aiuta il numero uno del Tribunale elettorale

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

L’ultimo scandalo ha coinvolto Mi ch el Temer. Il presidente della Repubblica ed esponente del centrista Partito do Movimento Democratic­o Brasilero (PMDB) è finito sotto i riflettori del Supremo tribunale elettorale di Brasilia. L’accusa: aver usato fondi illeciti per finanziare la campagna elettorale del 2014, vinta in ticket con l’ex presidente Dilma Rousseff, leader del Partito dei Lavoratori ed estromessa nell’agosto 2016 dopo una lunga procedura di impeachmen­t. Neppure un anno dall’inizio della sua presidenza, Temer ha rischiato così di fare la stessa fine, e ne uscito solo con il voto decisivo del presidente del Tribunale Gilmar Mendes: “Volevano usare il Tribunale per risolvere la crisi politica attuale, ma avrebbero invece gettato il paese in un’altra crisi”, ha continuato il giudice in un’intervista al quotidiano Folha de S.Paulo. Temer ha dovuto anche rispondere di una seconda accusa, emersa poche settimane fa: quella di aver tentato di comprare il silenzio dell’ex presidente della Camera Edoardo Cunha – a sua volta plurinquis­ito - attraverso l’offerta di una tangente da 15 milioni di euro.

Coinvolto l’80% dei parlamenta­ri

Da oltre 3 anni il al centro della più grande inchiesta sulla corruzione del mondo, denominata Lava Jato (“aut o la v a gg i o ” in portoghese). A ll ’ origine dello scandalo che tocca oggi Temer, come anche tutti i suoi predecesso­ri compresi Dilma Rousseff e Ignacio Lula da Silva e che coinvolge l’ 80% dei parlamenta­ri brasiliani oltre ad otto esponenti dell’attuale governo, è un’operazione giudiziari­a iniziata nel marzo del 2014. A partire da quelli che sembravano piccoli episodi di riciclaggi­o di denaro attraverso pompe di benzina o autolavagg­i – da qui appunto, il nome dell’inchiesta - i magistrati risalgono ai vertici del gigante petrolifer­o statale Petrobras

La svolta arriva nel gennaio 2015, quando l’al l or a amministra­tore delegato di Petrobras, Nestor Cerverò viene fermato all’aeroporto di Rio da un poliziotto. Più tardi, l’agente come anche il procurator­e di Curitiba, Sérgio Moro, saranno salutati dall’opinione pubblica come eroi anti-corruzione. A partire da quell’arresto e grazie alle confession­i dei vertici della compagnia, emerge il quadro di una vasta rete di corruzione. Il modello è semplice: Petrobras paga alle ditte con cui lavora ( ad esempio società di raffinazio­ne, o di costruzion­e) tra l’1 e il 5% in più del dovuto. I soldi finiscono su fondi neri, andando poi a finanziare i politici sotto forma di mazzette, contributi illeciti, regali di lusso: dalle auto sportive ai Rolex, alle ville con piscina.

La magistratu­ra riesce a svelare il vasto sistema di corruzione mettendo in campo alcuni strumenti di pressione: allunga i termini della carcerazio­ne preventiva e nega la scarcerazi­one dietro cauzione. “C’era l’idea che per la prima volta anche in Brasile perfino i ricchi potevano finire in prigione”, nota nel corso della ricostruzi­one dedicata al “più grande caso di corruzione della storia” il corrispond­ente del Gu a rdian, Jonathan Watts. Dopo Petrobras, si aprirà nel 2016 il filone dedicato a Obradecht – la maggior società immobiliar­e del Sudamerica – e quello attualment­e in corso relativo a Jbs, prima società del mondo nel settore della carne.

Soldi sporchi e conti svizzeri

Il Brasile è un Paese gigantesco (grande 30 volte l’Italia), poco abitato rispetto alla sua superficie ( 200 milioni di persone), ricchissim­o di risorse ma privo di norme trasparent­i ed efficaci che regolino il rapporto tra impresa e politica. Questo spiega in parte le proporzion­i di un malaffare che appare dieci volte quello svelato con Tangentopo­li dall’inchiesta Mani Pulite. Stando ai numeri, i profitti illeciti finora accertati attraverso le varie indagini ammontano a 13 miliardi di euro, 5 dei quali usati come mazzette. La sola tangente pagata da Jbs a Temer vale 60 milioni di reais, ovvero 17 milioni di euro, mentre è di 300 milioni di reais, cioè 80 milioni di euro era la maxi-tangente versata da Jbs a Lula e Dilma su un conto svizzero. Soldi che furono spesi per le presidenzi­ali del 2014 in cui Dilma vinse e per cui oggi è di nuovo sotto inchiesta insieme a Temer.

A che punto è oggi l’inc hies ta lava Jato? “Non se ne vede ancora la fine, manca ancora tutto il filone legato alla Bndes, banca nazionale dello sviluppo socio economico. Proprio Bndes è la banca statale che ha finanziato molti imprendito­ri, a partire da quelli della compagnia Odebrecht”, spiega Paolo Manzo, giornalist­a italiano residente da anni in Brasile e analista dell’Ispi di Milano. Temer, aggiunge Manzo, non avrebbe lasciato l’incarico, nonostante le gravi accuse a suo carico, neanche in caso di condanna da parte del Tribunale elettorale: troppa, infatti, la paura di perdere l’immunità. Il presidente punta ad arrivare alla scadenza elettorale del mandato, prevista per l’ottobre 2018.

“Il livello delle tangenti era diventato talmente grande, che non si poteva più nasc on de re ”, osserva ancora Manzo. I politici, da Rousseff a Temer e Lula prima di loro, hanno alternativ­amente cavalcato le inchieste giudiziari­e in modo da colpire i loro avversari, salvo poi attaccare i magistrati, quando le accuse toccavano loro stessi. Oggi una classe politica coinvolta senza distinzion­i di schieramen­to in enormi scandali, biasima Lava Jato per la crisi economica. “La verità è che negli ultimi anni non è emerso nessun leader che potesse riformare questo sistema marcio e riscrivere le regole in modo trasparent­e per bloccare la corruzione. I movimenti di protesta finiscono nel nulla, la leadership politica è ferma al 1985, l’anno in cui finì la dittatura militare. Rimane la speranza – conclude Manzo – che qualcuno raccolga la spinta dei magistrati per favorire un vero rinnovamen­to”.

PAOLO MANZO (ISPI)

La verità è che non è emerso nessun nuovo leader che potesse riformare questo sistema marcio e riscrivere le regole in modo trasparent­e A valanga Prima Petrobras poi Obradecht, ora il filone Jbs: tangenti ai politici da ogni settore produttivo

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Lula da Silva e Dilma Rousseff coinvolti nelle mazzette della Petrobras
Ansa Il mito nella polvere Lula da Silva e Dilma Rousseff coinvolti nelle mazzette della Petrobras
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