Il Fatto Quotidiano

Graviano “chiama” Milano e cita Grasso e Gigi D’Alessio

Nuove intercetta­zioni in carcere: “Riina sapeva dell’arresto”

- » GIUSEPPE LO BIANCO E SANDRA RIZZA

■ “Lì devo fare una cosa importante”: per gli inquirenti un estremo tentativo dello stragista di trovare sponde all’esterno per proporre un patto, il silenzio in cambio della libertà

Ammette di avere saputo in tempo reale dell’arresto di Balduccio Di Maggio, l’uomo che ha fatto catturare Riina, e di avere avvertito “l’autista”, Salvatore Biondino, ma stranament­e Riina non sfuggì alla cattura; nega di essere stato a Palermo il giorno della strage di via D’Amelio e su Pietro Grasso esprime consideraz­ioni omissate dai pm perché ritenute di interesse investigat­ivo. Nelle conversazi­oni col detenuto camorrista Umberto Adinolfi, il boss stragista se la prende anche con “l’antimafia della vergogna”, citando il responsabi­le legalità di Confindust­ria Antonello Montante, e per gli inquirenti pensa a un contatto “a Milano” per proporre l’ultimo scambio: il suo silenzio in cambio della libertà.

Le frasi oscurate sul presidente del Senato

Il 23 gennaio scorso, dalle 9 meno un quarto a poco prima delle dieci di mattina, nel carcere di Ascoli Piceno, Giuseppe Graviano e Umberto Adinolfi parlano anche del presidente del Senato Pietro Grasso. Lo scrive la Dia nel verbale di trascrizio­ne, e se le parole di Adinolfi si riferiscon­o a cose note (“sostiene che avrebbe potu- to aspirare a una prosecuzio­ne della carriera presso la Corte di Cassazione”, scrive la Dia) quelle del boss di Brancaccio sono coperte da due omissis perché ritenute, evidenteme­nte di interesse investigat­ivo. Il discorso è introdotto da Adinolfi secondo cui “...la politica italiana è molto ricattabil­e dalla magistratu­ra... altrimenti non si spieghereb­be un procurator­e presidente del Senato”. E aggiunge, annota la Dia, “che probabilme­nte ciò è avvenuto per fare apparire che... il loro partito è immacolato... è il panno della legalità”. Cambia argomento: “Ero latitante a Omegna (paesino in provincia di No- vara, ndr) ci ho fatto quattro anni di latitanza. Una mattina la persona che mi ospitava mi dice: questa notte hanno arrestato Balduccio Di Maggio e subito ha iniziato a collaborar­e… allora che succede… minch ia… io subito gliel’ho fatto sapere…”. Se è vero che Graviano avvertì Salvatore Biondino ( arrestato con lui, ndr) e gli uomini vicini a Riina dell’imminente collaboraz­ione di Di Maggio, il capo dei capi non fece stranament­e nulla per evitare l’arresto. È un altro passaggio che ha attirato l’attenzione investigat­iva degli inquirenti che stanno analizzand­o l’ annotazion­e della Dia: “Graviano dice di aver saputo che Balduccio Di Maggio era stato arrestato a Borgo Manero e che aveva intenzione di collaborar­e. Dice di aver avvisato l’autista (Biondino) di Riina’’. E“anni dopo – conclude la Dia – incontrand­o in carcere Biondino, gli ricorda: lo vedi se mi avessi dato ascolto?”.

La Trattativa e l’ordine di Messina Denaro

“La cosa importante che devo fare io...”. “Di quello di Milano?”, chiede Adinolfi. “Eh…” è la risposta di Giuseppe Graviano che subito dopo aggiunge: “Troverò le cose che ho nel cervello delle due stragi... che li ordinò Matteo (Messina Denaro, ndr), questo è quello che so”. È dopo questo colloquio tra Graviano e Adinolfi, avvenuto alle 9 del mattino del 17 marzo scorso, che la Procura di Palermo ha deciso di sospendere l’ascolto delle conversazi­oni nell’ora di socia- lità per andare a interrogar­e il boss di Brancaccio, il 29 marzo successivo. Chi indaga ipotizza un tentativo estremo di Graviano di trovare sponde all’esterno del carcere per proporre uno scambio: “La politica però Umbe’io scanserò la politica – dice il boss poco dopo –, mi hai capito? Io vorrei salvare lui, vorrei salvare me…”.

“Il 19 luglio 1992 ero a Sanremo”

Il giorno della strage di via D’Amelio? Graviano “afferma che era al casinò di Sanremo”, scrive la Dia, e nel verbale che riporta le parole del boss pronunciat­e il 28 marzo scorso, alla vigilia del suo interrogat­orio con i pm di Palermo, quell’anno tazione è seguita da un lungo

omissis che copre le parole del boss di Brancaccio. Per l’ultima sentenza è lui il padrino che, “nascosto nel giardino”, come ha rivelato il pentito Fabio Tranchina, ha azionato il telecomand­o di morte contro il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Ora Graviano nega persino di essere stato a Palermo quel giorno ed esplicita il suo pensiero in uno dei colloqui precedenti con il suo compagno di socialità: “Perché loro sono convinti che sono stato io ad

ammaccare il pulsante, mi sono spiegato? Tutti i magistrati sanno questa storia, però non hanno nessuno che gli conferma questa cosa… l’altra volta hanno intervista­to al pm di Caltanisse­tta e dice ma come mai che non si può sapere che è stato? È stato Giuseppe Graviano è che non abbiamo le prove! Però tutto ci porta a lui! Io l’ho sentito dire direttamen­te dal procurator­e di Caltanisse­tta...”. Nel colloquio del 30 marzo 2016, ecco invece Graviano indignarsi per i falsi paladini dell’a nt i m af i a . “Ora se tu vedi – dice ad Adinolfi – in Sicilia è diventata una vergogna... tutti questi dell ’ antimafia. Ti ricordi quello della Confindust­ria, Montante, lo chiamano dieci p en t it i ”. Il riferiment­o è all’ex presidente degli industrial­i siciliani Antonello Montante, indagato a Caltanisse­tta per concorso in associazio­ne mafiosa. Poi, Graviano tira in ballo anche “il giudice delle misure di prevenzion­e di Palermo”: si riferisce a Silvana Saguto, indagata per corruzione, e cita “il presidente dell’antiracket di Castellamm­are del Golfo vicino al latitante Messina Denaro”. “Sono tutti che fanno l’antimafia – conclude – e si prendono i la- vori ed ancora il governo non se ne accorge”.

“Quell’infame di Gigi D’Alessio”

Il capomafia di Brancaccio, infine, ce l’ha con Gigi D’Alessio, il cantante napoletano, che nel 2006 avrebbe rifiutato l’invito a esibirsi alla festa per la prima comunione del figlio. Graviano racconta che quell’anno si trovava nel carcere di Spoleto, e il ragazzo gli chiese se poteva ingaggiare D’Alessio, “ma il cantante, dopo avergli dato la disponibil­ità, rifiutò l’invito perché seppe chi era lui”. Il boss non l’ha digerita, annota la Dia nel resoconto del colloquio del 15 gennaio 2016, e definisce D’Alessio “pezzo di infamone che non sei altro”, perché “aveva rifiutato il suo invito, mentre non aveva rifiutato quello dei Marcianise e di altri soggetti malavitosi”.

SULL’ARRESTO DEL CORLEONESE

Quando ho saputo che avevano preso Di Maggio l’ho detto all’autista Biondino, Riina sapeva che stavano per catturarlo ma non si è sottratto

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 ?? Ansa ?? 15.01.1993 L’arresto di Salvatore Riina. A sinistra, Filippo e Giuseppe Graviano
Ansa 15.01.1993 L’arresto di Salvatore Riina. A sinistra, Filippo e Giuseppe Graviano
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