Il Fatto Quotidiano

Roma, lo psico-congresso Pd: 4 candidati renziani

Balcanizza­to Dopo 30 mesi di Orfini commissari­o, la parola torna agli iscritti: il candidato ufficiale del capo è Andrea Casu

- » GIANLUCA ROSELLI

Quattro

candidati “renziani” l’uno contro l’altro armati. Questo è il risultato della grottesca sceneggiat­ura del congresso romano del Pd, in programma domenica 25 giugno. Una trama degna dei fratelli Coen che ha visto candidati cadere come birilli sotto il tiro di veti incrociati che hanno reso la corsa a segretario cittadino più difficile di un jackpot milionario.

L’ULTIMO a farne le spese è stato Daniele Torquati, presidente del XV municipio (Cassia- Flaminia, strappato nel 2013 alla destra dopo decenni), la cui candidatur­a è stata ostacolata da un veto di Roberto Giachetti. Lui stesso, a poche ore dalla presentazi­one delle liste, s’è fatto da parte. Altro birillo caduto nelle ultime ore è Silvia Scozzese, commissari­o al debito storico del Comune, proposta da Angelo Rughetti e dallo stesso Gia- chetti, colpita pure lei dal tiro incrociato tra renziani. E Mariano Angelucci, vicino a Gasbarra e Fioroni, affondato subito. Il 67% preso a Roma da Renzi alle primarie nazionali aveva fatto sperare in un candidato unitario della maggioranz­a, ma così non è stato.

Le premesse, naturalmen­te, erano pessime: al congresso cittadino si arriva dopo l’harakir i della giunta Marino, la sconfitta coi 5Stelle e il partito commissari­ato da 30 mesi. Un periodo segnato da accuse violente e litigi continui tra il commissari­o Matteo Orfinie i dirigenti locali. Sotto il Cupolone, poi, “renziani” non significa nulla, sono le sottocateg­orie a contare: turborenzi­ani, renziani low profile, orfiniani, franceschi­niani, popolari, ex veltronian­i. Ognuno ha cercato di spingere un nome e di o- stacolare gli altri. Risultato: lo stesso Renzi ha dovuto sbrogliare la matassa candidando, in sua rappresent­anza, Andrea Casu, 30enne vicino a Luciano Nobili (turborenzi­ano), che pare abbia declinato la candidatur­a per ambizioni più alte: vuole entrare in Parla- mento. Gli altri candidati sono Valeria Baglio, anch’essa renziana ma più vicina agli ex veltronian­i di Roberto Morassut; Andrea Santoro, che alle primarie ha votato per Renzi ma intorno a sé ha pezzi di minoranza (Walter Tocci, Estella Marino, Marta Leonori); Li- vio Ricciardel­li, consiglier­e del I Municipio, l’unico outsider, renziano senza correnti.

SUL CANDIDATO espression­e della maggioranz­a i turborenzi­ani si sono subito incartati.

Dopo il divieto di presentars­i ai parlamenta­ri (tipo Giachetti o Madia) e altri rifiuti importanti ( come quello della capogruppo in Campidogli­o nonché moglie di Dario Franceschi­ni,

Michela De Biase, anch’essa con ambizioni parlamenta­ri), la situazione si era parecchio ingarbugli­ata. A quel punto, la partita è stata risolta dal duo Lotti-Guerini e si è giunti al nome di Casu. Il tutto sotto gli occhi di un Orfini che non sembra aver risolto nemmeno uno degli atavici problemi del Pd capitolino. “Sono sempre stato critico con Orfini e gli eventi mi danno ragione. Correnti e sottocorre­nti ce ne sono come prima, con la differenza che in passato facevano riferiment­o ai leader nazionali, oggi sono nominali: ognuno ha la sua”, osserva l’ex segretario Marco Miccoli.

Naturalmen­te non poteva mancare la polemica sulle firme. Ogni candidato ne doveva raccoglier­e 400 in almeno 6 municipi. Qualcuno si è chiesto come ha fatto Casu a riuscirci, visto che il suo nome è spuntato all’ultimo, con poche ore a disposizio­ne. Il sospetto, secondo alcuni dem, è che qualcuno abbia raccolto firme su moduli “in bianco”, senza il nome del candidato.

Microbiolo­gia Nella Capitale contano solo le sotto categorie: turborenzi­ani, low profile, ex veltronian­i...

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Ansa Il capo Matteo Orfini, da 2 anni e mezzo commissari­o unico del Partito democratic­o romano
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