Macché conti a posto: “Predissesto” a Torino
Nel 2015 un buco di 336 milioni mascherato con artifizi contabili
ATorino,
da qualche tempo, c’è un’attività molto pericolosa. È vivamente sconsigliato, infatti, avventurarsi nelle aiuole cittadine: si rischia seriamente di non trovare più la via d’uscita. Fuor di battuta, è un dato di fatto che la manutenzione ordinaria sia ai minimi termini. Lo si vede a occhio nudo, ora è ufficiale.
SECONDO la Corte dei Conti del capoluogo subalpino il Comune rischia lo stato di predissesto. I giudici contabili, che dal febbraio scorso indagavano sulle criticità degli ultimi bilanci di esercizio, hanno infatti rilevato come il risultato positivo del 31 dicembre 2015 fosse “m er amente contabile”, certificando l’esistenza di un disavanzo reale di 336 milioni di euro.
Di fatto la città di Torino è stata posta sotto tutela dalla magistratura contabile: entro il 30 settembre l’amministrazione dovrà predisporre un piano di rientro e ogni sei mesi dovrà inviare una relazione sullo stato delle casse. Il tutto per scongiurare il ricorso al temutissimo art. 243 del Testo Unico degli enti locali: la procedura di predissesto, roba da far temere per gli stipen- di. Ovviamente si è scatenata la bagarre politica. La sindaca Chiara Appendino si scaglia contro il suo predecessore: “La giunta Fassino – scrive Appendino su Facebook – ha lasciato il bilancio della Città di Torino in una situazione di squilibrio strutturale (...). Cade così, definitivamente, il falso mito di aver lasciato a me e alla mia squadra una città con i conti in ordine. La realtà dei fatti si dimostra molto distante da quanto propagandato fino a oggi. Ora toccherà a noi l’onere di rimettere i conti in equilibrio. Come prescritto dalla Corte dei conti, entro il 30. 9 illustreremo il piano con i provvedimenti che dovremo adottare”.
La reazione di Fassino non si è fatta attendere: “Per mesi la sindaca – dichiara l’ex pr imo cittadino – ha cercato di far credere che la mia giunta avrebbe lasciato debiti fuori bilancio: nella relazione della Corte dei Conti non ve ne è traccia. La Corte riconosce, che nel 2014 si è conclusa un’attività straordinaria di riaccertamento dei crediti di difficile esigibilità e se ne è programmato il rientro per quota annuale in 30 anni, applicando correttamente la legge”.
CHI HA RAGIONE? Tutti e nessuno. Il fatto che Torino sia “la città più indebitata d’Italia” è stato il leitmotiv di tutte le ultime campagne elettorali. È ancora una realtà, così come lo è il fatto che gli ingenti investimenti realizzati tra gli anni 90 e gli anni 10 hanno cambiato – e non poco – il volto della città. La sfortuna di Piero Fassino e della sua erede Appendino è che fino al 2013 lo Stato versava nelle casse del Comune 300 milioni l’anno, stanziamenti che da quattro anni sono pari a zero. Questo, unito all’esposizione debitoria, costringe un sindaco – o una sindaca – a non poter andare molto oltre l’attività di amministratore di condominio. La Corte dei Conti – e qui Fassino ha ragione – riconosce gli sforzi fatti dalla sua amministrazione per ridurre il debito. Tuttavia – e qui ha ragione Appendino – la città “con i conti in ordine” era frutto di esercizi molto creativi di bilancio.
Viene da chiedersi perché soltanto ora questo intervento. Osservatori neutrali in consiglio comunale, tra cui alcuni con una certa dimestichezza con gli affari contabili, ritengono che la Corte dei conti non riponga molta fiducia nei bilanci di previsione predisposti dall’attuale amministrazione e che per questo motivo abbia deciso di intervenire. Ad Appendino e alla giunta Cinquestelle l’onere di smentirla.