Il Fatto Quotidiano

Negli Stati Uniti la religione si separa dalla politica

- SILVANO LORENZON MAURIZIO BURATTINI ITALO ARCURI GIULIANO FRANCESCO VITALE M.TRAV. RICCARDO NUTI, DEPUTATO M5S M. TRAV.

Con un verdetto inequivoca­bile, il voto amministra­tivo ha sancito l’effettivo vincitore uscito dall’esito delle urne: l’asten sionis mo. Nessuno sembra essersene accorto, ma è l’atto politico premonitor­e di ciò che accadrà a breve in occasione del prossimo appuntamen­to elettorale. Una cosa è certa: qualunque sarà il sistema elettorale che questo penoso Parlamento ci propinerà, è chiaro fin da adesso come voterà la maggioranz­a degli italiani alle elezioni politiche. I programmi dei partiti non conteranno niente: chi andrà al seggio voterà per punire chi ha deluso e per far saltare un sistema che scontenta tutti.

Si voterà con rancore e non per iniziare un eventuale nuovo percorso, aspettando al varco anche chi un attimo prima era sostenuto. Non sarà un voto razionale, bensì l’epilogo di un messaggio colpevolme­nte ignorato dai partiti e non sarà certo una sorpresa per un Paese come il nostro dove la politica è scomparsa proprio nel momento in cui era indispensa­bile. Senza idee e visione del futuro non si va da nessuna parte, è quindi indispensa­bile trovare una capacità di sintesi nel ripensare un quadro sociale che non è più lo stesso. Non si tratta di ripudiare a priori la politica in quanto tale, bensì si è stanchi di troppa demagogia e di perenne inconclude­nza.

Al nuovo dg Rai Mario Orfeo auguriamo “forza e coraggio”

Il governo dopo aver abbandonat­o Campo Dall’Orto al suo rio destino, nomina un nuovo dg Mario Orfeo. Costui, se vuole sopravvive­re, non dovrà ripetere gli sgarbi e i delitti di lesa maestà commessi dal suo predecesso­re, scomunicat­o per aver tollerato i programmi di Report e della Berlinguer, e, addirittur­a, per aver pensato di affidare la direzione del portale web della Rai alla Gabanelli. Ecco i capisaldi del verbo “renzusconi­ano” da apprendere in fretta: servilismo, culto della personalit­à, obbedienza assoluta e capacità di conformars­i alla volontà del capo “perinde ac si cadaver esset”.

Solo se il nuovo dg Rai saprà leggere il pensiero dell’ex premier, potrà evitare la scomunica per eresia e la condanna all’esilio, in sostituzio­ne del rogo, da parte della Santa Inquisizio­ne del Giglio Magico. CARO FURIO COLOMBO, la notizia mi ha sorpreso. Leggo che le chiese americane (una parte non piccola dei protestant­i e dei cattolici), stanno dicendo ai loro vescovi: “Mollate la politica. I due mondi devono restare separati”. IL ROVESCIAME­NTO È IN CORSO da qualche tempo, un po’ dovunque. Se si pensa ai presidenti americani, probabilme­nte Ronald Reagan è stato il primo a iniziare il gioco, di fingere obbedienza a dogmi, ammonizion­i e minacce delle chiese per rafforzare la sua politica. La grande alleanza fra la destra conservatr­ice americana e una parte del protestant­esimo (ma, tramite la questione dell’aborto, coinvolgen­do anche un bel po’ di voto cattolico) è stata un riuscito progetto politico degli strateghi di Reagan, che a momenti sono riusciti a sollevare toni da guerra di religione. Si noti che il progetto era interament­e politico e che la religione (chiese, movimenti, predicator­i, leadership) è stata cooptata, conquistan­dosi poi uno spazio sempre più grande. Si è creata, nella vita pubblica americana, la figura del “born again”, ovvero del nato alla fede per merito della grazia, che ha coinvolto, fra i presidenti, George W. Bush. I leader religiosi (tutti) hanno comunque fatto buon uso, dal loro punto di vista, dell’agibilità politica con- Alcune volte l’oblio si impadronis­ce delle intelligen­ze e mortifica la memoria di ciò che è stato e anche i giornalist­i, purtroppo, non sembrano immuni.

Il 10 giugno scorso, è stato il 93°anniversar­io del delitto di Giacomo Matteotti, leader socialista ammazzato dai fascisti nel 1924 sul Lungotever­e Arnaldo da Brescia a Roma.

Della ricorrenza non una riga. Qualcosa solo sui giornali veneti (Giacomo Matteotti era di Fratta Polesine, in provincia di Rovigo) e nulla più. Silenti pure le tv e le radio.

Eppure Giacomo Matteotti, che è stato il più valente avversario di Benito Mussolini prima ancora che il fascismo diventasse regime, ha lasciato traccia della sua esistenza in ogni dove del nostro Paese.

Non c’è città d’Italia, infatti, che non abbia una piazza o una via o uno slargo a lui dedicato. Perché dimenticar­e chi andrebbe invece ricordato? quistata. Erano uno spazio e una autorità che si stavano allargando, quando è comparsa sulla scena la figura di Papa Francesco. La sua inaspettat­a iniziativa è stata di ridistribu­ire i compiti: la politica non deve essere credente, deve essere onesta. La religione non deve viaggiare a bordo del potere, deve andare a piedi, servire invece di farsi servire e occuparsi dei poveri come unica politica. Francesco sta toccando e cambiando la religiosit­à un po’ dovunque. Implicitam­ente, anche senza omelie, mostra che il potere porta alla cattiveria. Ed è cattiveria, non religiosit­à il comportame­nto dei monaci buddisti in Birmania, che si fanno persecutor­i dei Rohingya. Come lo è quella di coloro che, sia in nome dell’islamismo, sia in nome del cristianes­imo, portano guerra, violenza, repression­e, disprezzo. È la religione che rifiuta di respingere i profughi e i rifugiati a costo di violare le leggi. Difficile dire se Francesco sia venuto per iniziare la nuova era di separazion­e della religione dal potere o se l’epoca ha prodotto il suo leader. Di certo il tempo della benedizion­e delle armi (comprese le armi subdole e ipocrite di omaggio al potere di una religione obbediente) è molto vicina alla fine.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it Apprendo dalla stampa che una donna palermitan­a si è suicidata due settimane dopo essere stata licenziata dall’azienda per la quale aveva lavorato per nove anni come informator­e scientific­o. Adesso la Procura chiede il processo per l’amministra­tore unico della società per cui lavorava per i reati di violenza privata e atti persecutor­i. All’origine della tragedia potrebbe esserci una condizione di lavoro non facile, qualcuno dice opprimente e di sicuro in vista di un ulteriore peggiorame­nto. Difficile dire se queste cose corrispond­ono al vero, ma non si fa troppa fatica a pensarle verosimili. La situazione sarebbe pienamente inserita nel panorama attuale. Quante aziende forzano i lavoratori a dimettersi per ri-assumerli a minor prezzo? Quante, preferisco­no sempliceme­nte licenziare? A molti pare quasi normale. Da tempo non si parla neppure di donne e uomini, ma di forza lavoro. E cosa sono le “risorse umane” se non una merce da acquistare al prezzo più basso? Certo, non si può generalizz­are. Ma occorre pure riconoscer­e che in tanti vivono una reale condizione di patimento. E prima che dalla crisi, il dolore arriva da una società individual­istica, all’interno della quale la sconfitta economica sembra irrisolvib­ile. Insieme all’economia stanno venendo meno i sistemi di previdenza e prossimità. Costretti al “si salvi chi può”, sembriamo esserci scordati che nessuno può salvarsi da solo. C’è l’urgenza di elaborare risposte nuove. Di fronte ai licenziame­nti (o, come si dice più eleganteme­nte oggi, alla “flessibili­tà in uscita”). Ci sarebbe da ragionare sul serio se il lavoratore è persona o merce. Ma non basta: solo rimediando al declino del senso di comunità e di solidariet­à riusciremo a essere costruttor­i e artefici di un nuovo umanesimo del lavoro. DIRITTO DI REPLICA

In riferiment­o all’articolo, a firma di Marco Travaglio, dal titolo “5Stelle: le regole di un suicidio perfetto”, pubblicato martedì 13 giugno 2017 sul Fatto Quotidiano, la deputata Giulia di Vita, coinvolta In merito all’editoriale pubblicato ieri intitolato “5Stelle: le regole del suicidio perfetto”, si precisa che non risponde al vero il fatto che i deputati pentastell­ati “pens ano bene di non rispondere” alle domande dei pm. Urge precisare, infatti, che il sottoscrit­to ha chiesto sua sponte di essere sottoposto a interrogat­orio. Occorre infine precisare che siamo ancora in attesa d el l’udienza preliminar­e, per la quale ovviamente speriamo in una archiviazi­one (di cui sono convinto), per cui non capisco come il Direttore possa lanciarsi in maniera spregiudic­ata e dire che i deputati “si sono fatti beccare nello scandalo delle firme false”. Al contrario, dovendosi tenere, allo stato del procedimen­to, un’udienza innanzi al Gup, il cui esito resta per definizion­e incerto benché ipotizzabi­le, tutto il resto è congettura­le, suggestivo e fuori dalla realtà.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

Il 29 novembre 2016 il collegio dei probiviri del M5S ha sospeso i deputati Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita perché, pur sapendo di essere indagati per le firme false, non si erano autosospes­i come invece avevano chiesto i vertici del Movimento e soprattutt­o perché i primi due si erano avvalsi della facoltà di non rispondere davanti ai pm di Palermo. Comportame­nto che non io, ma i probiviri dei 5Stelle, hanno definito “lesivo” in una nota ufficiale. Esattament­e come ho scritto nel mio articolo. Tutto il resto è fuori dalla realtà.

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