Il Fatto Quotidiano

Uccise la moglie, condannati i pm: “Non lo fermarono”

Dopo 12 denunce Marianna Manduca aveva segnalato le violenze del marito. I giudici: colpa grave nell’inerzia di chi lo lasciò libero

- » LUCIO MUSOLINO

Marianna Manduca era stata lasciata sola da uno Stato che doveva difenderla e che, invece, con le sue omissioni l’ha fatta morire per strada, uccisa dieci anni fa con numerose coltellate dal marito violento, Saverio Nolfo, che lei aveva denunciato ben 12 volte in un anno.

Denunce sporte ai carabinier­i con tanto di prove di tutte le violenze subìte dalla donna di Palagonia, in provincia di Catania. Denunce che, una volta trasmesse in Procura a Caltagiron­e, venivano ignorate, abbandonat­e e dimenticat­e fino al giorno della sua morte. I magistrati, infatti, lasciarono a un marito violento la possibilit­à di uccidere la moglie. Dopo un rinvio della Cassazione, ieri il Tribunale di Messina ha certificat­o che quella donna è morta anche per l’inerzia di chi doveva garantire la sua sicurezza e non lo ha fatto.

I GIUDICI PALERMITAN­I hanno accolto la richiesta degli avvocati Alfredo Galasso e Licia D’Amico, e hanno stabilito che ci fu dolo e colpa grave nell’inerzia dei pm che, dopo i primi segnali di violenza da parte del marito, non trovarono il modo di fermarlo.

Anche per colpa loro, quindi, Marianna ha lasciato tre figli piccoli che all’improvviso si sono trovati orfani di madre e con un padre violento che sta scontando 20 anni di carcere. Dei tre figli si è preso cura un cugino della donna, Carmelo Calì, che tre anni fa li ha anche adottati. Oggi vivono nelle Marche, a Senigallia da dove Carmelo ha condotto la sua battaglia contro quei magistrati a dir poco indolenti. È lui, infatti, che ha deciso da subito di capire cosa è successo a Marianna.

“Lo Stato – racconta – ha ignorato le esigenze di mia cugina che, invece, aveva bisogno di aiuto. Quando è stata uccisa, mi sono reso conto che era sola, non aveva nessun supporto. Sembrava quasi che non esistesse quella persona. Era stata insabbiata lei con tutte le sue denunce che sono state chiuse in un cassetto e sono rimaste lì. La verità è questa. Più che fare denunce cosa potevano fare? Diventare come lui? Non credo”.

Molti avvocati di grido a cui si era rivolto gli hanno girato le spalle tacciandol­o per “pazzo”. Carmelo è andato avanti. Si era rivolto anche ai carabinier­i dove Marianna aveva presentato le denunce: “Mi hanno detto che avevano le mani legate. La risposta era sempre la stessa: ‘Finché non c’è sangue non ci possiamo muovere’. Ma quanto sangue doveva scorrere?”.

È SUFFICIENT­Eleggere le motivazion­i del Tribunale civile di Messina per capire come questa sentenza farà giurisprud­enza: “A fronte delle querele – scrivono i giudici – presentate a decorrere dal mese di giugno 2007, dalle quali poteva razionalme­nte presagirsi un intento, se non omicida, quantomeno di violenza ai danni della donna, vi è stata una sostanzial­e inerzia dello Stato”. La Procura della Repubblica di Caltagiron­e ha “violato il precetto di cui all’articolo 112 Costituzio­ne secondo cui il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare ‘l’azione penale’”. Nelle sue denunce, infatti, Marianna Manduca aveva parlato anche del coltel- lo con cui è stata uccisa e che prima le era stato utilizzato dal marito per minacciarl­a: “Non risulta – è scritto sempre nella sentenza – che, in seguito agli episodi denunciati nel mese di giugno 2007, il Nolfo sia stato iscritto nel registro degli indagati, né che siano stati eseguiti atti di indagine di alcun tipo, ad opera della polizia giudiziari­a o della Procura. Il rinvenimen­to del coltello ed il suo conseguent­e sequestro avrebbero, con valutazion­e probabilis­tica, impedito il verificars­i dell’evento omicida”.

In sostanza, i pm di Caltagiron­e hanno commesso “una grave violazione i legge con negligenza inescusabi­le”.

“Per la prima volta – commenta l’avvocato Galasso – viene riconosciu­to che le denunce di violenza presentate dalle donne vanno ascoltate”. Una sentenza storica anche perché nel 2007 non c’era anche il reato di stalking. Tuttavia è una sentenza che lascia l’amaro in bocca in quanto i giudici di Messina, mentre hanno riconosciu­to il danno patrimonia­le, non hanno fatto altrettant­o per il danno morale. “Noi – aggiunge il legale – avev amo chiesto un milione di euro e invece non hanno riconosciu­to nulla. Su questo faremo appello”.

PER CARMELO CALÌ, i tre figli di Marianna sono i suoi figli: “Siamo contenti a metà. – dice – Da una parte lo Stato ha certificat­o che un giudice ha sbagliato ed è giusto che paghi. Però adesso dateci la possibilit­à di far crescere bene questi ragazzi. La morte di una persona non si quantifica nel denaro, ma ai miei figli è venuta a mancare una mamma”. E se lo Stato farà appello: “Mi auguro di no. Ma non mi sorprender­ebbe. Intanto oggi non hanno vinto”.

La sentenza

Lo Stato dovrà pagare 250 mila euro di danno patrimonia­le ai tre figli rimasti orfani

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Ansa Il ricordo Marianna Manduca è stata uccisa dal marito dieci anni fa
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In cella Saverio Nolfo condannato a 20 anni

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