Il Fatto Quotidiano

Delrio vuole lasciare il segno, inchioda 25 dirigenti alla poltrona

- » GIORGIO MELETTI CARLO TECCE

Da due anni il ministro Graziano Delrio rinvia la pulizia profonda del palazzone romano dove ha sede il ministero dei Trasporti e delle Infrastrut­ture.

Di fronte a Porta Pia la breccia più recente rimane quella aperta dai soldati piemontesi il 20 settembre 1870. E negli uffici del ministero regnano ancora incontrast­ati gli stessi uomini, gli eredi della stagione di Ercole Incalza, autentico dominusdel dicastero per un quindicenn­io che ha attraversa­to governi di destra e sinistra e una serie di ministri: Pietro Lunardi, Altero Matte ol i, Corrado Passera, Maurizio Lupi. Unica parentesi il biennio di Antonio Di Pietro (2006-2008), con Incalza fuori del ministero ma intatti i grumi di potere rappresent­ati da centinaia di dirigenti e funzionari di fatto ingestibil­i e incontroll­ati.

A POCHI MESIdalla fine del governo Gentiloni, Delrio vara finalmente la perestroik­a di cui va parlando da due anni, cioè dal giorno in cui mise piede al ministero per prendere il posto di Lupi, dimissiona­rio a causa del Rolex regalato a suo figlio dal re delle direzioni lavori Stefano Perotti, a sua volta arrestato pochi giorni prima insieme a Incalza. Vengono messe in palio 24 delle 29 direzioni generali, rette da una casta di dirigenti “di prima fascia”, blindati da un contratto che li rende intoccabil­i e quindi più longevi, in termini di potere, di qualsiasi ministro.

Delrio – catapultat­o a Porta Pia da Matteo Renzi per volontà del “Giglio magico” al culmine di una convivenza sempre più complicata a Palazzo Chigi – non è mai stato un uomo di polso. Questa operazione può essere un’irripetibi­le occasione di rinnovamen­to ma anche l’ennesima restaurazi­one. Le caselle riassegnat­e ai soliti noti risulteran­no blindate per tre anni, cioè per buona parte della prossima legislatur­a, chiunque vinca le elezioni. Delrio sconta la debolezza e gli errori del governo renziano. Ha aspettato due anni l’arrivo di un decreto attuativo della legge Madia che gli avrebbe consentito di ingaggiare i dirigenti anche dagli altri dicasteri. Ma la Consulta ha bocciato la riforma della Pubblica amministra­zione. Persi due anni ad assecondar­e Renzi sul ponte di Messina e sul Tav, Delrio vorrebbe iniziare a governare adesso. Un po’ è tardi e un po’ sarà per i posteri. Ma ha deciso di lasciare un segno del suo passaggio Porta a Pia.

La modalità scelta per rivoluzion­are il ministero è singolare. Ha chiesto al direttore generale del personale Alberto Chiovellid­i attivare la “procedura di interpello” per 24 delle 29 posizioni dirigenzia­li di prima fascia, spedendo il bando a tutti i 223 dirigenti di prima e seconda fascia. La peculiarit­à è che 22 dei 24 incarichi triennali messi in gara non sono ancora scaduti.

SOLO DUE POLTRONEso­no già vacanti. La prima dallo scorso primo maggio, quando ha lasciato il ministero Giovanni Guglielmi, direttore generale “per l’edilizia statale e gli interventi speciali”, già coinvolto nelle inchieste sulla ricostruzi­one de L’Aquila ma sempre rimasto al suo posto. Le voci di corridoio indicano in pole positionpe­r la succession­e Lucia Conti, provvedito­re per le opere pubbliche in Toscana il cui incarico scade il 7 novembre. Se entro luglio, come tutto lascia prevedere, le venisse assegnato il posto di Guglielmi, verrebbe liberata la casella di Firenze. E in questo modo scatterebb­e l’effetto domino con cui Delrio pensa di far ruotare tutti prima di andarsene. Anche Virginio Di Giambattis­ta, direttore generale “per i sistemi di trasporto a impianti fissi e il trasporto pubblico locale”, il cui incarico scadrebbe il 4 agosto 2018.

Difficile dire quale risultato potrà vantare Delrio alla fine della giostra. L’obbligo di candidarsi per almeno due posizioni impedisce che il dirigente di prima fascia chieda solo di restare dov’è e permette a Delrio di dirottarlo sulla seconda scelta attivando il girotondo: il bando parla esplicitam­ente di “rotazione degli incarichi”. È vero però che questa tecnica del facite ammuina (“tutti chilli che stanno abbascio vann' ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann' bascio...”) non sembra la più efficace per portare discontinu­ità nella foresta pietrifica­ta di Porta Pia. Una regola sindacale dà ai dirigenti di prima fascia la precedenza sui 194 di seconda fascia nella corsa alle direzioni generali, e non lascia quindi spazio alle fantasie. Per esempio, l’immarcesci­bile Mauro Coletta – da tempo immemorabi­le a capo della preziosa e potente “Direzione generale per la vigilanza sulle concession­arie autostra- dali”, con cui modula miliardi di fatturato e profitti ai caselli e regola la temperatur­a dei rapporti tra lo Stato e le famiglie Benetton e Gavio – sembra sia destinato alla “Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza delle infrastrut­ture stradali”, oggi tenuta da Ornella Segnalini e in scadenza il prossimo 9 settembre.

TRA COLETTA E SEGNALINI si ipotizza uno scambio alla pari, più doloroso per Coletta che per le concession­arie autostrada­li, rassicurat­e comunque dal nome di Segnalini in termini di continuità. L’organigram­ma del ministero, con il suo dedalo di 29 direzioni generali, sembra del resto fatto apposta per confondere le idee su competenze e responsabi­lità. Le due direzioni di Coletta e Segnalini hanno lo stesso rango gerarchico e lo stesso trattament­o economico, ed è difficile capire i confini di compiti e responsabi­lità dell’una e dell’altra. Così come solo un vecchio topo di ministero, quale Delrio non è, potrà spiegare la differenza tra la Direzione generale “per la sicurezza nelle infrastrut­ture stradali” della Segnalini, quella “per la vigilanza sulle concession­arie autostrada­li” di Coletta e quella “per la sicurezza stradale” retta da Sergio Dondolini. Per esempio, quando casca un cavalcavia su un’auto che viaggia in autostrada, con quale delle tre direzioni generali se la prenderà Delrio?

Ruoli chiave inamovibil­i

Il prossimo titolare del dicastero non potrà spostare nessuno. Il ricambio garantirà gli attuali boiardi, a partire da chi vigila sulle autostrade

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LaPresse Si cambia Rivoluzion­e targata Graziano Delrio alle Infrastrut­ture. In ballo le concession­i autostrada­li
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