Troppe poesie di D’Annunzio e zero Camilleri nelle antologie
LETTERATURA Nei nuovi volumi c’è grande attenzione all’800 e ai primi anni del ’900 Mancano invece autori fondamentali e – in vista della maturità – si bada troppo agli apparati
Fedele telespettatore dell’ormai ventennale rubrica Per un pugno di libri, condotta sin dall’inizio dal bravissimo e misurato Piero Dorfles, cui attualmente è affiancata l’effervescente Geppi Cucciari, ho assistito al declino della preparazione letteraria dei nostri ragazzi di liceo. Ogni tanto compaiono classi eccellenti, ma in misura sempre minore.
LA COLPA ai soliti noti: Internet, le televisioni, l’i n vo l g ar i me nto della società, l’impoverimento della stampa, che ormai alla buona letteratura presente e passata dedica minima attenzione. Hanno la loro fetta di responsabilità anche i meno motivati (tanti) fra i prof di Lettere (peraltro mal pagati). Ma, mi chiedo, le antologie?
Le voluminose antologie del triennio che girano nelle scuole non dovrebbero avviare gli studenti verso la luce della conoscenza? La risposta è: in parte, e a patto che i soggetti in questione siano innamorati della letteratura, divoratori di pagine. E comunque non basta: disposti ad andare oltre le antologie; altrimenti no.
Vediamo i perché, partendo da due peraltro più che oneste antologie uscite in questi giorni. La prima: Cuori intelligenti, di Claudio Giunta, edizione rossa, DeA Scuola/ Garzanti Scuola. Prezzo totale degli 8 volumi: 135 euro. Pagine: 4644. Impreziosita dalla raffinata ricerca iconografica sul Novecento a opera di Cristina Colombo. La seconda: Lo sguardo della letteratura, di Novella Gazich, edizione Orange, con un Laboratorio di scrittura, di Maria Zioni e Valeria Rossetti, e con un’Antologia della Divina Commedia, a cura di Bice Saletti, Principato. Prezzo totale dei 7 volumi: 121,50 euro. Pagine: 4268. Da aggiungersi, per entrambe, i contenuti digitali integrativi da reperire sui rispettivi siti.
Ammettendo che, data la mole dei volumi, gli studenti consultino anche quelli.
Ma facciamo un passo indietro, per il fatto che, fino a tutto l’Ottocento, entrambe funzionano, di fronte a testi già collaudati dalla tradizione, anche se si sente il peso eccessivo degli apparati stessi, che con la loro mole tendono a sopraffare i testi. Tra gli al-
Italocentrismo Le raccolte non sono attente all’Europa e al mondo: manca, ad esempio, Hermann Broch
tri, l’“Analisi del testo”, o “Guida alla lettura”, giustificata dalla presenza, alla maturità, del tema, appunto, sull’analisi del testo: prova inutile e pretenziosa per ragazzi che a malapena si destreggiano con l’italiano. È così del resto per tutte le principali antologie in commercio: la giustificazione degli editori è che i prof li cercano, li bramano, questi apparati, anche a discapito, come avviene qui e altrove, della quantità dei testi. Sarà vero forse per gli insegnanti più pigri, più demotivati; ma gli altri?
Quelli che preferiscono far da guida agli studenti in un dialogo continuo, stimolandoli a usare soprattutto la loro intelligenza?
Tuttavia l’accerchiamento da parte degli apparati nel cartaceo diventa meno plausibile quando si passi al Novecento, dove, data la vastità della produzione, abbiamo enorme fame di opere prima ancora che di linee guida. Sono ben rappresentati per ambedue le antologie autori ormai classici come Ungaretti, Montale, Saba, Svevo, Pirandello, Calvino e (vale solo per la Gazich), Gadda. Ma gli altri? È possibile che alla più parte degli autori proposti sia dedicato un solo testo? Come è il caso dell’immenso Dino Campana, antologizzato con un’unica lirica di 11 versi da Giunta. O Joyce, una sola paginetta sempre da Giunta. O invece Proust, collocato con un unico testo dalla Gazich. Contro la scelta ben più ampia, ad esempio, di pagine di D’Annunzio.
FATTO STA che l’impostazione di entrambe le antologie pare essere ancora italocentrica (mancano tuttavia, alcuni grandi come Delfini, il Soldati narratore e Berto), non abbastanza attenta all’Europa e al mondo: incomprensibile, ad esempio, l’assenza in entrambe di uno scrittore di primissimo piano, da situarsi accanto a Joyce e a Musil, come l’autore dei Sonnambuli, l’austriaco Hermann Broch; per non parlare, sempre guardando alla lingua tedesca, di Trakl, Böll, Dürrenmatt. Ma i dubbi maggiori riguardano il secondo Novecento e l’oggi, dove è molto debole il respiro del mondo.
Peraltro, anche limitandoci (ahimè) all’Italia, vorremmo ben altrimenti riconosciuto il valore di Arbasino. e si nota l’assenza di Camilleri. In anni più vicini, irrinunciabili, perché rappresentano il meglio del loro tempo, e da aggiungersi autori come Francesco Biamonti; Santamaura (Guido Manera); Alessandro Spina; Camilla Salvago Raggi; Gaetano Cappelli; Alessandro Banda, Annalucia Lomunno.
E, parola d’ordine, meno apparati, please.