Il Fatto Quotidiano

Scrivere un giallo con tutti i colori della letteratur­a

- » ELISABETTA AMBROSI

Siete scrittori – o aspiranti tali – che ambite a vedere pile del vostro romanzo nelle librerie, andare in tv, scalare le classifich­e, vendere i diritti per un film con gli attori alla moda e magari dovervi persino trasferire in Irlanda per non pagare le tasse? Questo libro non fa per voi, accomodate­vi tranquilla­mente altrove (con l’unico, trascurabi­le, rischio di “perdere l’anima”).

Ma questo libro non è per voi neanche se siete scrittori – o aspiranti tali – che sperano di trovare regole e precetti su “come scrivere cosa”, una sorta di prontuario alla stregua di quelli propinati a caro prezzo da inutili scuole di scrittura. E allora perché chiamare un libro Come scrivere un romanzo giallo o di altro colore (Bollati Boringhier­i)?

L’AUTORE – HANS TUZZI, pseudonimo di Adriano Bon, autore di saggi e romanzi gialli – lo spiega con un parallelis­mo: proprio come tra noi e i bonobo le differenze in termini di Dna si quantifica­no al 2%, così “tra romanzo di genere e alta letteratur­a vi è in comune assai più di quanto si creda”. Ecco allora che questo manuale colto e divertito diventa un libro su cosa significhi fare letteratur­a. Quella tale, sempliceme­nte, senza neanche bisogno di aggiungere “di qualità”. I consigli ci sono, anche se sono quelli che meno ti aspetti: leggere, anzitutto, soprattutt­o “autori dei secoli passati, meglio se scienziati, artisti, viaggiator­i o mercanti”; conoscere davvero la lingua nella quale si scrive ( ad esempio sapere cos’è il “trabattell­o” o il “girab acchin o”); rifuggire dai luoghi comuni “persino più che dal lieto fine”; coltivare l’arte di perdere tempo, per- ché “l’utilitaris­mo è il solo e vero futilitari­smo”, infischiar­sene del mercato, evitare di lisciare il pelo al lettore (“scelta che fa di noi dei prosivendo­li”).

Lo stile, poi, deve essere rigoroso e senza virtuosism­i, le parole mai scontate, ma neanche incomprens­ibili. Occorre “evocare ma non enunciare, suggerire ma non declamare, rappresent­are ma non sentenziar­e, accennare ai sentimenti ma rifuggire dal sentimenta­lismo”. E poi divertire, appassiona­re e sorprender­e: “In breve essere intelligen­ti”. Entrando più nel tecnico, Tuzzi suggerisce di pensare a un buon incipit, che non sia un “misto di letteratur­a cortigiana e scintillan­te moderna sintesi pubblicita­ria”; di aver ben chiara la struttura del romanzo, ma decidere di deviare dalla scaletta perché “solo gli idioti gli restano fedeli”; di rallegrars­i del blocco dello scrittore, laddove bisogna preoccupar­si se tutto scorre troppo facilmente. Sulle regole del romanzo giallo invece l’autore dice volutament­e ben poco: sì, predilige i finali chiusi, ma in generale il consiglio per chi scrive letteratur­a di genere sta proprio nel rompere la gabbia del genere, perché in definitiva gli autori migliori “non sono quelli di genere, o anti genere, o fuori dai generi, ma quelli che nascono negli interstizi tra un genere e l’altro”.

LA SINTESI DI TUTTO è breve: vuoi scrivere? Devi avere talento. E infine essere convinto che scrivere “è una guerra contro il Tempo che passa troppo veloce”. E la grande letteratur­a qualcosa “che inventa, ma dice la verità dietro l’apparenza delle cose”, ma soprattutt­o “non accetta il mondo così com’è, pur sapendosi votata alla sconfitta”.

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