Killer e giustiziere nella tranquilla e verde Modena
Si può usare il mezzo del Male per il fine della Giustizia? L’atavico dilemma filosofico, ma non giuridico, è il perno di un curioso giallo ambientato a Modena: “Correre senza malinconia, in una serata segnata da un vento caldo e asciutto. Per una volta Modena si ritrovava con un’idea di panorama, le solite brume erano state spazzate via e si vedevano le colline verdi e il monte Cimone più indietro nelle luci del tramonto”. Ancora più originale è poi la figura de ll ’ agente Jan De Vermeer, semplice poliziotto, di madre (nobile) modenese e di padre belga.
DE VERMEER vive tra il disincanto e la depressione. Ha quarant’anni, è stato mollato dalla donna e sei anni prima gli è morto l’adorato cane, di nome Pagliuca. Beve. È un poliziotto di strada, a bordo di una volante con il collega sciupafemmine. Quando non lavora, gira in bici e pratica azioni di guerrilla gardening: di notte, non visto e armato di vanga e semi, restituisce colore e vita a rotonde e spiazzi abbandonati. La vita gli cambia in un baleno: la tranquilla Modena, ombelico del mondo per i suoi abitanti, si ritrova a fare i conti con un serial killer che ammazza persone senza un movente apparente. L’assassino manda prima tre lettere di avvertimento, indi colpisce con un punteruolo che serve a scannare i maiali. Esecuzioni fredde, senza lasciare tracce, senza compiere rituali, sessuali o meno. È un giustiziere. Nel frattempo, Jan si innamora pure di Anna, bellissima ma sfregiata nel corpo, non nel viso, dall’acido del fidanzato ossessivo e geloso. Tra la riscoperta dell’amore e la paura della morte, De Vermeer compie il suo percorso nel giro di un’estate, quella del 2015. E il punto di arrivo scuoterà il suo microcosmo appena ricostruito. Questione di sensi di colpa.