Il Fatto Quotidiano

PISAPIA SUICIDA IN DIRETTA, INSEGUENDO IL COMPAGNO R.

Il tormentone sull’unione del Pd con Campo progressis­ta. Con Prodi e magari anche l’Iri

- » DANIELA RANIERI

La vita degli italiani, attualment­e, è funestata da due tormentoni estivi: Despacito e Giuliano Pisapia. L’uno, la hit latino-americana, ci entra nelle orecchie agli aperitivi, in palestra, nei bar; l’altro, in attesa che arrivi sulle spiagge e venga gridato da un ombrellone all’altro, per ora è confinato tra chi conduce l’esistenza grama degli osservator­i politici e dei lettori di giornali.

Ultimament­e pare che non si possa andare avanti senza capire che fine farà l’appello lanciato da Pisapia a Renzi affinché il Pd si unisca al suo Campo progressis­ta, o affinché si uniscano tutti in un Campo progressis­ta, ancora non è chiaro. Pendiamo dalle labbra di Matteo per cogliere un sì, o un no, qualcosa che ci dia una speranza o il definitivo permesso per mettere fine alle nostre sofferenze con una capsula di cianuro.

Appena si sono accorti che la vita psichica e politica dagli ita- liani era posseduta da questa problemati­ca, i giornali hanno preso a dedicarle almeno due articoli al giorno e la settimana scorsa tre prime pagine, sotto le notizie del terrorismo. Venerdì: “Renzi: ‘Al voto nel 2018, apro a Pisapia’” (Repubblica ). Sabato :“Renzi: ‘Con Pisapia possiamo arrivare al 40%’” ( Corriere). Domenica: “Pisapia gela Renzi: ‘Ora non c’è dialogo ’”( Repubblica ). E ieri: “Renzi: ‘Pronti alle alleanze ma non rifarò l’Unione di Prodi’”. Pisapia: “Noi siamo alternativ­i al Pd”. ( Repubblica)

Ora, noi siamo gente paziente, ma martedì da Floris era ospite Pisapia, e speravamo di chiudere la faccenda. “Non si può passare da un’ora all’altra da Berlusconi a Pisapia”, ha detto Pisapia con piglio, per farci capire chi è Renzi, lui a noi. Che non solo lo abbiamo chiaro, ma ci chiediamo come si possa passare dall’essere anti-berlusconi­ani al volersi alleare con Renzi. Ma poi ha aggiunto: “Noi stiamo facendo un progetto alternativ­o al Pd perché il Pd non ci ha dato una risposta”, dal che abbiamo capito che Pisapia, brava persona e bravo sindaco di Milano, forse non rappresent­a nessuno a livello nazionale, ma è quel che si dice un osso duro.

All’indomani del referendum (non è un modo di dire: proprio l’indomani), a cui ha votato Sì, Pisapia propose su Rep ubbl ica un’alleanza tra sinistra “settarista” (cit. Michele Serra) e Renzi depurato da Verdini- Alfano, e chiamò la chimera “Campo progressis­ta”. Ci sfuggiva già allora la logica per la quale uno che fino a un minuto prima degli exit poll non s’era fatto scrupolo di dividere sinistra e Paese potesse essere lo stesso incaricato di riunirli.

Ma sentite come ha risposto Pisapia a Mario Giordano, che gli ha chiesto cosa sia questo Campo progressit­a: “Sono reti locali capaci di dare una svolta nel campo della politica”. Va bene, ma quale? “Vivere la politica come servizio”. Sì, ma con quali idee? “Dico a Renzi di guardare un po’ a sinistra”. Peccato che Renzi stia pensando di federarsi con “quelli che hanno votato Sì al referendum”, quindi non Bersani ma, ad esempio Alfano, Tosi, Urbani, Pera, Cicchitto. Qui Pisapia si è incartato in un buco nero di civil-sinistrese borghese dal quale è riemerso con: “Bisogna recuperare 3 milioni di elettori persi dal Pd”. Ma quei 3 milioni se ne sono andati proprio perché c’era Renzi. E si terrebbero lontani da qualunque alleanza preveda Renzi come leader. Infatti, che Renzi si sottoponga a primarie di coalizione con chicchessi­a, può crederlo solo chi nu- tre molti sogni o molto cinismo. Non sarà piuttosto che dacché è saltato l’accordo sulla legge elettorale sono svaniti i sogni che Renzi aveva fatto balenare di una coalizione naturale di liste di sinistra? Pisapia lo sa, e da Floris ha avuto il colpo di genio: il “mastice” di questa unione, ha detto, potrebbe essere… Chi, chi? “Prodi”. Prodi? Sì, “anche come presidente del Consiglio”. In effetti anche noi avevamo in mente un giovanotto con solo 54 anni di carriera politica sulle spalle per riunire la sinistra mutata dal renzismo. Ah ma ce lo poteva dire subito. C’era bisogno del Campo progressis­ta, delle reti locali, delle energie giovani eccetera, per rifare l’Ulivo? Non si potevano sempliceme­nte azzerare gli ultimi tre anni, il Jobs Act, lo Sblocca Italia, la Buona Scuola, i tagli alla Sanità e, già che ci siamo, riabiliare quel bravuomo di B.? Ma a questo punto rivogliamo pure L’Iri e la Cassa del Mezzogiorn­o.

Peccato che Matteo stia pensando di federarsi non con Bersani, ma con Alfano, Tosi, Urbani, Pera e Cicchitto

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