Il Fatto Quotidiano

Dite che è proprio la fine del Movimento 5 Stelle?

- PAOLO SANNA VITO MATTEO ROSARIO MASSIMO ROSATI ELIO FRANZINI, MEMBRO DEL SENATO ACCADEMICO, DOCENTE DI ESTETICA FQ

Sono un sostenitor­e dei 5 Stelle e sono entusiasta del lavoro e della passione che la maggior parte degli eletti mettono nel loro progetto che ha la finalità di migliorare le nostre vite. Ho condiviso “quasi” tutte le loro scelte, tranne alcune, come per esempio l’emarginazi­one di un bravo uomo e sindaco come Federico Pizzarotti. È stato il primo, ad aprire le porte dei palazzi al Movimento, lavorando benissimo. I tanti voti che ha preso in queste Amministra­tive lo dimostrano. E questa, mi pare davvero u n’occasione persa per il Movimento.

Pizzarotti avrebbe potuto essere l’esempio con la “E” maiuscola di come i 5 Stelle lavorano, invece è stato lo schiaffo più doloroso. Il sindaco uscente di Parma avrà anche fatto un errore, ma non ha rubato, non ha malversato, non ha fatto niente di grave. E, se posso aggiungere, cari amici pentastell­ati, rivedete la storia dei due mandati.

Ho visto le capacità immense di Di Battista, uno che sa entrare nei cuori delle persone, un giovane uomo che potrebbe fare tanto per migliorare questo Paese non si può mettere da parte a meno di 40 anni. Il Movimento e tutti noi ne subiremo le conseguenz­e, e non saranno certo positive.

A Grillo, un Paese civile avrebbe dovuto riconoscer­e il merito di esser stato l’unico a risvegliar­e le menti assopite dal rintroname­nto mediatico, studiato e concepito a tavolino. Però, ora, se avesse a cuore il Movimento ed il migliorame­nto della qualità delle nostre vite, dovrebbe stare più attento e non dare più il fianco ai media, ai quali non sembra vero poter attingere dalle sue battute, ai suoi paradossi, per tradurli in becerume, mettendo così in cattiva luce il M5S.

Lasciamo lavorare questi ragazzi.

Il “nuovo che avanza” non funziona già più

Ammettere di avere fallito e che occorre procedere ad una seria ridefinizi­one della propria strategia politica a livello sia locale che nazionale, se ci si propone di governare, a quanto pare, non rientra nel catalogo delle azioni concepibil­i neppure per una forza nuova come il Movimento. Le giustifica­zioni addotte per il mancato raggiungim­ento dell’obiettivo minimo di queste elezioni (arrivare al ballot- CARO COLOMBO, per il M5S è l'inizio della fine come lo è stato per il Fronte dell'Uomo Qualunque e per l'Italia dei Valori, partiti fai da te senza anima e storia. Torneremo alla storica contrappos­izione, Sinistra contro Destra, Socialismo contro Liberismo, le uniche categorie politiche che ci sono state, ci sono e ci saranno. Questo porterà a un rinnovato scontro tra chi appoggia la nostra Costituzio­ne di orientamen­to socialista e chi cercherà di annientarl­a. CONCORDO solo (e pienamente) con l’ultima frase, che però contraddic­e l’affermazio­ne del ritorno al fronteggia­rsi fra Sinistra e Destra. Infatti lo scontro più duro in molti anni è stato quello provocato da Renzi con il suo Referendum che ha spaccato in profondo il Paese e la sinistra (nessuno è mai stato più avverso alla “nostra Costituzio­ne di orientamen­to socialista” del segretario del Pd di allora e di adesso, Matteo Renzi). Però c’è un altro punto che il lettore non considera. I Cinque Stelle non sono nati da una stravaganz­a dell’ex comico Grillo e dal sostegno gelido e competente di Casaleggio padre. In mezzo, fra il prima e il dopo, c’è la rete, e la straordina­ria intuizione di usare la rete come cavallo di Troia per far entrare, quasi istantanea­mente, chi è totalmente fuori, ignaro e i- taggio come secondi), sono due: il primo è che il Movimento corre da solo, secondo, i candidati del Movimento sono sconosciut­i.

Se ne dovrebbe desumere che Pizzarotti, la Raggi e la Appendino erano sostenuti da una larga coalizione quando vinsero, e che erano molto noti alle città di Parma, Roma e Torino. La verità è che il mantra del “nuovo che avanza” n on funziona più, che dell’onestà non importa a nessuno, che l’anti-europeismo spaventa e che cinque anni di esperienza parlamenta­re e di amministra­zione locale non stanno dando i frutti sperati.

Ci si chiede chi sia il vero illuso.

I talk show dei soliti noti senza fare i conti con la realtà

In questi ultimi quattro anni mi sono appassiona­to alla politica, informando­mi come dovrebbero fare tutti i cittadini, per poter esprimere poi, una preferenza sensata. A seguito di questo, sto notando una cosa che ormai sta diventando stagnante e noiosa: ormai per 3 o 4 volte al giorno su tutte le Tv, si rivedono sempre le stesse persone, gnorato dalla politica, in un “totalmente dentro” che è arrivato a un passo dal toccare il potere e dal manovrarlo. Tra mille errori, confusioni e ingenuità, un simile fenomeno non era mai accaduto. Per questa ragione non condivido l’idea di una fine tanto improvvisa quanto l’arrivo. Non è solo la prudenza, che la politica richiede mentre il pensare collettivo sembra sempre più simile alle sculture tibetane sulla sabbia: vanno via col vento. È il fenomeno rete che chiede attenzione. Di questa aggregazio­ne, che è il fatto più nuovo della vita pubblica, non sappiamo niente. Così come nessun politologo aveva previsto l’improvvisa impennata di forza con cui la politica in rete ha fatto la sua comparsa (perché non avevamo mai vissuto un’epoca della rete) allo stesso modo non abbiamo ancora sperimenta­to se c’è tenuta o fragilità, tendenza a sfaldarsi come un lego delle costruzion­i politiche in rete, oppure a cementarsi come i mattoni di un muro, possiamo sperare in un esito o nell’altro, possiamo elaborare, sperare, temere. Ma non sappiamo. Questo non impedisce di far politica. Ma sconsiglia dal fare profezie.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it che da mesi, ci propongono sempre la stessa minestra. Ho da tempo iniziato un giochino, dove fatta la domanda del conduttore, rispondo prima dell’ intervista­to di turno, e spesso azzecco la risposta. Questo è dato dal fatto che quasi tutti, sono “di parte”. Sentivo, dopo l’incoronazi­one di Macron, al quale oggi tutti i politici vorrebbero assomiglia­re, che il nuovo presidente francese, formerà un governo di 400 persone con gente normale che non ha svolto il lavoro di politica e questa notizia conferma il mio pensiero, ovvero quello di coinvolger­e almeno i cittadini più informati nei dibattiti, per portare qualcosa di nuovo, in mezzo a tutti i soliti discorsi rifritti come: “Grillo e Casaleggio sono i padroni”, “Salvini è razzista”, “Di Maio è incompeten­te”, “Lavia e Meli fanno lo scudo di Renzi”, “Cuperlo e Orlando fanno i Don Chisciotte nel Pd” e potrei continuare. Scusate, ma non sarebbe più semplice dedicare uno spazio ai cittadini, per capire il nostro pensiero e poter avere spunti interessan­ti, invece di ascoltare chi il mondo lo legge solo dai sondaggi, quasi sempre sba- gliati? Chiudo portando questo esempio: ci hanno massacrato la testa con ipotesi di percentual­i assurde sul possibile futuro Governo, quando non sappiamo ancora quale sarà la legge elettorale: parliamo del sesso degli Angeli?

Chi ride dei risultati altrui nasconde i propri fallimenti

Molti avversari politici di Renzi, specialmen­te a sinistra, ridacchian­o alle sue spalle perché nel suo comune di residenza le persone hanno votato contro il suo candidato, preferendo­gli il vecchio sindaco, anche lui di centrosini­stra. Credo ci sia poco da ridere se si pensa invece a cosa sono andati incontro i suoi avversari, per esempio: a Bettola, residenza di Bersani, hanno votato per il centrodest­ra, a Pomigliano d’Arco, paese natale di Di Maio, la lista pentastell­ata non si è nemmeno presentata, lo stesso Berlusconi, residente ad Arcore con ville e villaggio al seguito ha visto la vittoria del centrosini­stra e, che dire di Salvini? Nella circoscriz­ione dove abita e vota ha trionfato Sala con il 68% DIRITTO DI REPLICA

In relazione all’intervista al Rettore della Statale di Milano, il professor Vago, sul numero programmat­o introdotto nei corsi di laurea umanistici, credo sia necessaria qualche precisazio­ne: tra i corsi di studio che hanno introdotto il numero programmat­o viene dimenticat­o quello di Geografia e che, il corso di laurea in Lingue ha votato il numero programmat­o di propria iniziativa, per motivi che erano allo studio già da circa un anno. La possibilit­à di un voto autonomo è stata invece negata agli altri corsi, che si sono visti imporre dal Senato qualcosa che deve essere votato dai Dipartimen­ti: il regolament­o prevede una delibera preliminar­e dei Dipartimen­ti, perché a loro spetta la responsabi­lità dei corsi di studio. Una procedura dall’alto di questo tipo mai, prima di questa votazione, si è verificata nella nostra Università. Il provvedime­nto d’autorità è passato per un solo voto: peccato che tale voto sia stato espresso per telefono da una senatrice che si trovava in Brasile e che è stata presente alla riunione solo per quella votazione. La possibilit­à di un voto telefonico (per di più decisivo) non è prevista dai regolament­i di funzioname­nto del Senato.

Non comprendo poi come, a soli pochi mesi dall’introduzio­ne del numero programmat­o nei corsi di Scienze politiche, economiche e sociali, il professor Vago possa vedere già migliorame­nti relativi alle lauree, che possono essere “misurati” solo in tempi più estesi, ovvero a lauree completate da chi col numero programmat­o si è iscritto lo scorso anno.

Nessuno, mai, ha parlato di una superiorit­à delle lauree umanistich­e sulle altre. Ma è doveroso parlare di una loro “specificit­à”, ovvero di un diverso ruolo, sociale e culturale, che possiedono.

È un dibattito che prosegue da circa 500 anni: averlo ignorato è un impoverime­nto per noi tutti.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

I NOSTRI ERRORI

Nella rubrica “Piovono Pietre”, pubblicata ieri, abbiamo erroneamen­te attribuito la torta con svastica a Casapound invece che a Forza Nuova. Ce ne scusiamo con i lettori e con gli interessat­i.

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