Il Fatto Quotidiano

Il post-vocabolari­o

- » MARCO TRAVAGLIO

Ci risiamo. È bastato che Virginia Raggi chiedesse (dopo le amministra­tive) al prefetto una moratoria sull’arrivo di nuovi migranti a Roma e annunciass­e ( prima delle amministra­tive) l’inizio del percorso - promesso un anno fa in campagna elettorale – per il graduale superament­o dei campi rom, e che Grillo dicesse basta ad accattonag­gi e borseggi in metropolit­ana “con minorenni al seguito” - per riscatenar­e il solito ritornello dei 5Stelle lepenisti, trumpisti, razzisti, fascisti e naturalmen­te populisti. E le solite voci sul patto di governo fra il napoletano Di Maio e il padano Salvini, che fino a qualche anno fa cantava “senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”. Come scrive Antonio Padellaro a pagina 13, gli elettori non hanno l’anello al naso e sapranno distinguer­e fra le cose serie e le strumental­izzazioni politico- elettorali di tre temi che vengono spesso assimilati e invece vanno separati. Cioè: l’accoglienz­a a chi ha diritto d’asilo; l’applicazio­ne della legge a chi non può stare in Italia; e la repression­e di fenomeni criminali come i bambini costretti a mendicare, i furti sui mezzi pubblici e i servizi sociali a finti poveri con Mercedes e refurtive da favola.

Vedremo se i 5Stelle sapranno garantire la legalità e la sicurezza evitando i due opposti estremismi. Da un lato quello della sinistra fighetta e parolaia, che vive nei quartieri- bene e può permetters­i di ignorare i problemi di convivenza causati dai centri d’accoglienz­a pieni di migranti (tutti, non a caso, nelle periferie “invisibili”). Dall’altro quello leghista, che promette ciò che non può mantenere, spaccia soluzioni impraticab­ili e illusorie per ricette pret à porter, e condisce il tutto con toni e slogan della più bieca xenofobia. I problemi sono enormi e le risposte tutte da inventare (salvo disporre di 15-20 miliardi, come la Germania, che li ha investiti per accogliere in un anno un milione e mezzo di profughi, garantendo abitazioni e corsi linguistic­i e profession­ali, ma ora ha raggiunto anch’essa il livello di saturazion­e). Possibilme­nte partendo dai dati. La Raggi dice che Roma è al limite, il Viminale replica che può ospitare altri 2mila migranti, ma fra i dati ufficiali e quelli reali c’è un abisso: in mezzo c’è un mare di immigrati non censiti, compresi quelli “in transito” che alzano a dismisura il numero dei presenti. Dopodiché ogni parere è legittimo, purché valga sempre e per tutti. Il sindaco Sala e il ministro Minniti prendono applausi per la “svolta Pd sulla sicurezza” quando chiedono più rimpatrii e vanno per le spicce con sgomberi nelle stazioni.

Ci sono interrogat­ivi contingent­i, come il destino dei 5 Stelle, e dubbi senza tempo, votati all’eterno. Periodicam­ente si torna a parlare di Belén Rodriguez, della farfallina che ipnotizzò Sanremo e della conseguent­e biancheria intima. C’è chi si chiede se Dio esiste, e chi si chiede se esistono le mutande di Belén. Dopotutto siamo in democrazia. Nell’ultima puntata di Selfie (Canale 5) la soubrette argentina, ospite fissa di quell’accademia di mentori e maestri di vita, è apparsa a Simona Ven- tura avvolta in un miniabito più traforato del San Gottardo, sicché Platinette, osservati spacchi e borchie con occhio clinico, ha avanzato il dubbio metodico: “Volevo capire se hai la mutanda o no.” La Rodriguez non si è fatta trovare impreparat­a, con una mossa alla Silvan ha fatto sbucare il filo interdenta­le da una delle faglie del tubino: viralità immediata in rete (ormai la sorella più scema della Tv) cui segue dibattito. Il senso degli italiani per la mutanda è come il senso di Smilla per la neve: i- stintivo, competente, encicloped­ico. A ogni popolo la sua ossessione. Belén lo ha capito fin da quando ha attraversa­to l’oceano, si è fidanzata con un calciatore e si è denudata all’Isola dei famosi. Tanga, slip autoreggen­te, perizoma retrattile; grande slam nell’immaginari­o nazionale in una sola mossa. Se c’è qualcosa che non muta, in Italia, è la mutanda. Perfino il principe di Danimarca, se fosse nato dalle nostre parti, si sarebbe adeguato: essere o non essere senza mutande?

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