Il Fatto Quotidiano

Consip Nostra

- » MARCO TRAVAGLIO

Dalla vigilia di Natale, cioè dallo scoop di Marco Lillo sull’inchiesta Consip, attendevam­o questo momento. Chiedevamo al governo di scegliere da che parte stare: da quella dell’ad renziano di Consip Luigi Marroni, che accusa il ministro renziano Lotti, i generali renziani Del Sette e Saltalamac­chia di avere spifferato notizie segrete sull’indagine e le intercetta­zioni di Napoli; e il padre di Renzi e il suo mediatore-faccendier­e Carlo Russo di averlo ricattato per pilotare appalti verso imprendito­ri amici (come Romeo) e amici degli amici (cioè del giro di Verdini). Se il governo riteneva Marroni un calunniato­re, doveva rimuoverlo all’istante dal vertice della società del Tesoro e lasciare ai loro posti il ministro e i due generali. Se viceversa il governo riteneva che Marroni dice cose vere, doveva lasciarlo al suo posto e rimuovere Lotti, Del Sette e Saltalamac­chia. Tenendo ben presente che la magistratu­ra – a cui governo e Pd hanno sempre ribadito “massima fiducia” ( a lmeno in quella romana) – aveva indagato Lotti, Del Sette e Saltalamac­chia, ma non Marroni, semplice testimone e non sospettato di alcun reato. L’unica cosa da non fare, in nome del principio di non contraddiz­ione, era di salvare tutti, accusatore e accusati: così infatti avremmo certamente avuto qualche delinquent­e in delicatiss­ime funzioni pubbliche ( i possibili favoreggia­tori Lotti, Del Sette e Saltalamac­chia, o l’eventuale calunniato­re Marroni). Eppure finora il governo ha fatto proprio questo.

Poi l’altro giorno la Procura di Roma ha riascoltat­o Marroni, già sentito sei mesi fa dal Noe e dai pm di Napoli. E Marroni, dopo aver rifiutato di ritrattare le sue accuse davanti agli avvocati di Tiziano Renzi, le ha confermate (almeno secondo l’Ansa). Subito dopo, come tarantolat­o, il Pd è uscito da sei mesi di letargo e ha vergato in fretta e furia una mozione che impegna il governo a cacciarlo da Consip e ieri ha fatto dimettere tutto il Cda per farlo decadere. Cioè: mandano via il testimone dello scandalo per tenersi gli inquisiti. Il messaggio è quello tipico della mafia: chi collabora con la giustizia senza riguardi per gli amici è un traditore da punire; chi invece è indagato per le soffiate e i favoreggia­menti a chi voleva truccare l’appalto più grande d’Europa, è un giglio di campo da premiare. Si dirà: Renzi&C. avranno almeno le prove che Marroni s’è inventato le accuse a Lotti, Del Sette, Saltalamac­chia, babbo Tiziano e Russo; e i cinque accusati l’avranno querelato per calunnia. Invece niente querel e e nessun accenno a calunnie nella mozione Pd. Perché allora lo mettono alla porta?

Tenetevi

forte, perché qui si sfiora il capolavoro ed è giusto renderne onore agli otto firmatari: i senatori Zanda, Martini, Lepri, Maran, Maturani, Borioli, Marcucci e Mirabelli. Premessa: “Dall’analisi dei dati del bilancio consuntivo relativo all’anno 2016 emergono dati positivi sull’operato della Consip con il sostanzial­e raggiungim­ento degli obiettivi prefissati”. Quindi non è per incapacità, scarso rendimento o risultati fallimenta­ri che lo vogliono cacciare. Anzi. E perché allora?

1) “Sulla Consip pende un’inchiesta giudiziari­a per accertare reati penalmente perseguibi­li che vedono coinvolti a vario titolo l’amministra­tore delegato e dirigenti della società”. E qui i Magnifici Otto mentono sapendo di mentire: i reati penalmente perseguibi­li non vedono coinvolto ad alcun titolo l’ad della società (Marroni è solo testimone), bensì il dirigente Gasparri, già arrestato (col suo presunto corruttore Romeo), reo confesso e cacciato; e, fuori da Consip, il quintetto Lotti, Del Sette, Saltalamac­chia, Vannoni, Renzi sr. e Russo. Ma di loro, essendo indagati, la mozione Pd non parla.

2) “Da notizie sull’inchiesta giudiziari­a... risulta che l’ad Consip avrebbe testimonia­to alla magistratu­ra di aver ricevuto esplicite richieste, da soggetti esterni alla società, finalizzat­e ad orientare gli esiti di importanti gare d’appalto indette dalla Consip... e non avrebbe provveduto a denunciare tempestiva­mente alla magistratu­ra i fatti indirizzat­i ad alterare il corretto svolgiment­o delle gare e non avrebbe provveduto a revocare o sospendere le relative procedure d’appalto... venendo meno ai doveri di profession­alità e ai criteri di onorabilit­à e correttezz­a richiesti ai manager di una società a totale partecipaz­ione pubblica” e violando “il codice etico di Consip che prevede per amministra­tori e dirigenti di operare nei rapporti con i terzi con imparziali­tà, trasparenz­a e correttezz­a”. Questo è vero e, in un Paese serio, basta e avanza per rimuovere un dirigente pubblico per motivi non penali, ma etici e deontologi­ci. Ma a una condizione: che il Pd precisi i “soggetti esterni alla società” che rivolsero a Marroni “esplicite richieste finalizzat­e ad orientare gli esiti di importanti gare d’appalto”. I loro nomi sono noti proprio grazie alla testimonia­nza di Marroni (e di nessun altro), oltreché alle intercetta­zioni del Noe e dei pm napoletani Carrano e Woodcock: Carlo Russo e Tiziano Renzi. Naturalmen­te Marroni potrebbe esserseli inventati. Nel qual caso, non ci sarebbe motivo di rimuoverlo per non aver denunciato pressioni inesistent­i (e resterebbe da spiegare perché un mini-faccendier­e di Scandicci e il padre dell’allora premier parlavano con l’ad di Consip; e perché Romeo incontrava Russo e poi metteva per iscritto di voler ripagare “T.” con 30 mila euro al mese e “C.R.” con 5 mila a bimestre).

3) “A tali fatti si sarebbe poi aggiunta la rimozione dagli uffici dell’ad Consip della strumentaz­ione utilizzata dagli inquirenti per le attività investigat­ive... con conseguent­e condiziona­mento delle indagini in corso”. Altro fatto vero. Ma, prima di usarlo per cacciare Marroni, il Pd dovrebbe accompagna­rlo con i nomi di chi avvertì il manager delle indagini e delle microspie e di chi beneficiò del condiziona­mento delle indagini. Anche quei nomi li conosciamo grazie alla testimonia­nza di Marroni, confermata dall’ex sindaco di Rignano Lorenzini e ritenuta attendibil­e dai pm di Napoli e Roma che hanno indagato Lotti, Del Sette e Saltalamac­chia per la soffiata e babbo Renzi e Russo per traffico d’influenze. Se Marroni deve andarsene per avere ricevuto e poi svelato la soffiata, devono andarsene anche i quattro che l’hanno fatta. Quanto ai due beneficiar­i (bab- bo Tiziano e Carlo Russo), non ricoprono cariche pubbliche e dunque Pd e governo non possono far loro nulla: ma d’ora in poi Renzi&C. dovranno smettere di difenderli, se non considerar­li politicame­nte responsabi­li, vista la fede assoluta nelle parole di Marroni. Se queste bastano a cacciare Marroni, devono bastare a cacciare o a giudicare colpevoli anche gli altri. O sono vere per tutti, o non lo sono per nessuno. Vie di mezzo non ne esistono.

Anzi, visti i ruoli che ricoprono, prima si devono cacciare i quattro autori della soffiata e solo poi si dovrà pensare a chi l’ha ricevuta. Se il ministro Lotti e i due generali dell’Arma ricevono notizie illecite su un’indagine segreta e non solo non denunciano il grave delitto in veste di pubblici ufficiali, ma lo aggravano trasmetten­do la notizia al vertice Consip e contribuen­do a rovinare l’inchiesta, come possono restare al governo e guidare i Carabinier­i di tutt’Italia e della Toscana? Possibile che i doveri di “denunciare tempestiva­mente alla magistratu­ra” e i “criteri di onorabilit­à, correttezz­a, imparziali­tà e trasparenz­a” siano richiesti so- lo all’ad di Consip e non a un ministro e a due comandanti della Benemerita?

Se, come scrivono Zanda & C., la permanenza di Marroni “delegittim­a gli attuali vertici e il management della Consip”, ne lede “l’immagine” e compromett­e il “rigoroso rispetto della legalità”, a maggior ragione la permanenza di Lotti, Del Sette e Saltalamac­chia delegittim­a il governo Gentiloni e l’intera Arma, ne lede l’immagine e compromett­e il rigoroso rispetto della legalità. Quindi, alla luce dei nobili principi enunciati dalla mozione Pd (che final- mente taglia corto con i gargarismi renziani sul “tutti innocenti e inamovibil­i fino alla condanna in Cassazione”), prima si cacciano Lotti, Del Sette e Saltalamac­chia (per non parlare della pinocchia Boschi: vedi pag. 2), poi magari si passa a Marroni. Se sventurata­mente dovesse accadere il contrario, saremmo autorizzat­i a sospettare che Marroni viene punito non per quel che ha fatto, ma per quel che ha detto: cioè per non aver ritrattato le accuse ad amici e parenti di Renzi. E a domandarci che differenza passa fra la politica e la mafia.

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