Il Fatto Quotidiano

“Basta teatrini: prima i diritti”

- Pier Luigi Bersani » LUCA DE CAROLIS

“Pier Luigi, vieni qui che ci facciamo una foto”. Alle ore 11 e qualcosa, nei pressi di piazza San Giovanni, Pier Luigi Bersani viene assaltato dai manifestan­ti della Cgil. In giacca e camicia a maniche lunghe nonostante il clima tropicale, sorride, dà e riceve baci, e si concede a una pioggia di selfie. Per le foto si mette anche il cappellino rosso. Una donna scandisce: “Ecco la vera sinistra del Pd”. Lui sorride, ma forse nella calca non l’ha neppure sentita. Un paio di signori gli lanciano la battuta: “Il bosco è qui”. Ed è un chiaro riferiment­o a una recente frase bersaniana (“Se l’elettore, cioè mio fratello, va nel bosco io non sto a casa, ma esco e lo vado a cercare”). Però tra un abbraccio e l’altro gli si avvicina anche una donna sui quarant’anni, irritata: “Me lo spieghi perché voi di Mdp vi siete astenuti sui voucher?”. E l’ex segretario del Pd allarga le braccia: “Ma non dovete credere a queste storie che raccontano, sono cavolate”.

Bersani, la signora ha ragione. In Senato siete usciti dall’aula.

Lo ripeto, queste sono sciocchezz­e. Noi abbiamo fatto la battaglia contro i voucher, dall’inizio. Avevamo detto chiarament­e che su questo, per la prima volta, non avremmo votato la fiducia al governo. E così abbiamo fatto. Potevate votare contro, non crede?

Uscire o votare contro, qual è il gesto più forte? Il risultato resta lo stesso. Sono le solite discussion­i metafisich­e di una sinistra che cerca il pelo nell’uovo.

Qui in piazza che atmosfera c'è? Per lei è un ritorno a casa?

Non diciamo che questa qui è una roba per nostalgici, sennò mi girano subito le scatole. Se si parla di nuova umiliazion­e del lavoro si parla dell’oggi e si costruisce il domani per la nostra gente e i nostri giovani.

E come?

Ripristina­ndo i diritti del lavoro, riducendo al margine i voucher e non solo. Non si può andare avanti con il lavoro frantumato, ricattato e sottopagat­o. Poi bisogna puntare sugli investimen­ti, per tornare a far girare l’economia. E si deve smetterla di dire “meno tasse per tutti” come slogan. Piuttosto, bisogna tornare a una seria progressiv­ità fiscale. Servono politiche diverse rispetto a quanto fatto in questi anni. Intanto però c’è da ricostruir­e la sinistra. Come si fa? A guardare da fuori la situazione sembra parecchio confusa.

Il punto di caduta è ripartire da qui, da questi temi. Dobbiamo riunirci con le forze, le associazio­ni e le persone che sono in questa piazza e anche con tante che non sono qui.

Non pare semplice. Bisogna uscire da un eccesso di politicism­o che c’è in questa fase, e da tutta una serie di strani discorsi.

Nelle ultime ore si parla di listone di centrosini­stra, ha visto? (Sorride, ndr) Ho letto sui giornali. Ma queste sono strategie oniriche. Me lo faccia dire: una strategia al giorno toglie il leader di torno. Sarebbe meglio tornare a un Paese e a un’informazio­ne normali.

Sono indiscrezi­oni che circolano. Piuttosto, ha visto che baraonda attorno a Romano Prodi? Giuliano Pisapia lo invoca come candidato premier, mentre Matteo Renzi lo incontra perché vuole capire le sue mosse. Lei che ne pensa?

(Risata aperta, ndr). Io voglio bene a tutti, per carità, però... È bene che usciamo tutti da questo teatrino, e da queste cose che vengono insufflate sui giornali. Parliamo di cose serie, parliamo di temi.

Chi è che insuffla?

Lo stesso che lo fa da tre anni. Mi dica lei chi è...

Nel frattempo il M5S ha annunciato l’astensione sulloius soli: è la conferma che ormai si è posizionat­o a destra?

I Cinque Stelle stanno radicalmen­te a destra su alcuni temi e radicalmen­te a sinistra su altri. È il nuovo partito radicale di centro, che non ci porta da nessuna parte. Spero che non si rassegnino a essere il partito della radicale impotenza.

Bersani saluta, e si rinfila nel gorgo. A diverse persone e a un gruppo di cronisti ripete: “Noi non andiamo con la destra”. Poi riappare dietro il palco: senza giacca.

A sinistra troppo politicism­o. E parlare di listone è strategia onirica Il M5S?

È il nuovo partito radicale di centro, ma così non ci porta da nessuna parte

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