“Basta teatrini: prima i diritti”
“Pier Luigi, vieni qui che ci facciamo una foto”. Alle ore 11 e qualcosa, nei pressi di piazza San Giovanni, Pier Luigi Bersani viene assaltato dai manifestanti della Cgil. In giacca e camicia a maniche lunghe nonostante il clima tropicale, sorride, dà e riceve baci, e si concede a una pioggia di selfie. Per le foto si mette anche il cappellino rosso. Una donna scandisce: “Ecco la vera sinistra del Pd”. Lui sorride, ma forse nella calca non l’ha neppure sentita. Un paio di signori gli lanciano la battuta: “Il bosco è qui”. Ed è un chiaro riferimento a una recente frase bersaniana (“Se l’elettore, cioè mio fratello, va nel bosco io non sto a casa, ma esco e lo vado a cercare”). Però tra un abbraccio e l’altro gli si avvicina anche una donna sui quarant’anni, irritata: “Me lo spieghi perché voi di Mdp vi siete astenuti sui voucher?”. E l’ex segretario del Pd allarga le braccia: “Ma non dovete credere a queste storie che raccontano, sono cavolate”.
Bersani, la signora ha ragione. In Senato siete usciti dall’aula.
Lo ripeto, queste sono sciocchezze. Noi abbiamo fatto la battaglia contro i voucher, dall’inizio. Avevamo detto chiaramente che su questo, per la prima volta, non avremmo votato la fiducia al governo. E così abbiamo fatto. Potevate votare contro, non crede?
Uscire o votare contro, qual è il gesto più forte? Il risultato resta lo stesso. Sono le solite discussioni metafisiche di una sinistra che cerca il pelo nell’uovo.
Qui in piazza che atmosfera c'è? Per lei è un ritorno a casa?
Non diciamo che questa qui è una roba per nostalgici, sennò mi girano subito le scatole. Se si parla di nuova umiliazione del lavoro si parla dell’oggi e si costruisce il domani per la nostra gente e i nostri giovani.
E come?
Ripristinando i diritti del lavoro, riducendo al margine i voucher e non solo. Non si può andare avanti con il lavoro frantumato, ricattato e sottopagato. Poi bisogna puntare sugli investimenti, per tornare a far girare l’economia. E si deve smetterla di dire “meno tasse per tutti” come slogan. Piuttosto, bisogna tornare a una seria progressività fiscale. Servono politiche diverse rispetto a quanto fatto in questi anni. Intanto però c’è da ricostruire la sinistra. Come si fa? A guardare da fuori la situazione sembra parecchio confusa.
Il punto di caduta è ripartire da qui, da questi temi. Dobbiamo riunirci con le forze, le associazioni e le persone che sono in questa piazza e anche con tante che non sono qui.
Non pare semplice. Bisogna uscire da un eccesso di politicismo che c’è in questa fase, e da tutta una serie di strani discorsi.
Nelle ultime ore si parla di listone di centrosinistra, ha visto? (Sorride, ndr) Ho letto sui giornali. Ma queste sono strategie oniriche. Me lo faccia dire: una strategia al giorno toglie il leader di torno. Sarebbe meglio tornare a un Paese e a un’informazione normali.
Sono indiscrezioni che circolano. Piuttosto, ha visto che baraonda attorno a Romano Prodi? Giuliano Pisapia lo invoca come candidato premier, mentre Matteo Renzi lo incontra perché vuole capire le sue mosse. Lei che ne pensa?
(Risata aperta, ndr). Io voglio bene a tutti, per carità, però... È bene che usciamo tutti da questo teatrino, e da queste cose che vengono insufflate sui giornali. Parliamo di cose serie, parliamo di temi.
Chi è che insuffla?
Lo stesso che lo fa da tre anni. Mi dica lei chi è...
Nel frattempo il M5S ha annunciato l’astensione sulloius soli: è la conferma che ormai si è posizionato a destra?
I Cinque Stelle stanno radicalmente a destra su alcuni temi e radicalmente a sinistra su altri. È il nuovo partito radicale di centro, che non ci porta da nessuna parte. Spero che non si rassegnino a essere il partito della radicale impotenza.
Bersani saluta, e si rinfila nel gorgo. A diverse persone e a un gruppo di cronisti ripete: “Noi non andiamo con la destra”. Poi riappare dietro il palco: senza giacca.
A sinistra troppo politicismo. E parlare di listone è strategia onirica Il M5S?
È il nuovo partito radicale di centro, ma così non ci porta da nessuna parte