Bill Cosby e altri vip Troppo famosi per essere colpevoli
Si chiama mistrail e nel sistema giudiziario statunitense indica l’a n n u l l amento di un procedimento per mancanza del raggiungimento del verdetto da parte della giuria. Così, con un mistrail “per stallo su tutti i capi d’accusa”, l’attore Bill Cosby l’ha scampata ieri al processo dove era sul banco d’imputazione per una violenza sessuale avvenuta nel 2004 ai danni di Andrea Constand, ex direttrice della squadra di basket della Temple University di Filadelfia. I 12 giurati chiamati a deliberare sul caso presso il tribunale di Norristown in Pennsylvania non sono riusciti a prendere una decisione unanime nonostante le 50 ore di clausura in camera di consiglio e un giudice pressante affinché trovassero un’intesa.
NIENTE DA FARE: il processo è stato dichiarato nullo con buona pace del 79enne attore, indimenticabile protagonista de I Robinson. Da parte sua, il “Papà d’America” si è prodigato a ringraziare le 5 donne e i 7 uomini che componevano la giuria e tutti i suoi fan. Chiaramente i legali della Constand hanno già annunciato tramite la Cnn di non mollare, confermando le intenzioni di voler istruire un nuovo procedimento contro Cosby, ma al momento l’attore può ritenersi soddisfatto. D’altra parte il divo non aveva mai rinunciato a dichiararsi innocente nei confronti della Constand (e di altre almeno 60 donne che lo hanno denunciato per medesimo “t r a t t a m e nt o ”, ma queste accuse andarono in prescrizione..) sottolineando che ella fosse consenziente all’atto sessuale, nonostante l’ammissione di aver usato con lei dei sedativi. Con le parole della moglie di Bill, Camille Cosby, raggiante e altrettanto grata ai giurati, capaci di rivedere “g i u s t amente” le prove così da mostrare che “la verità può essere schiacciata ma non distrutta”, si archivia almeno momentaneamente il caso dell’ex papà Robinson, solo l’ultimo di una lunghissima nonché spiacevole litania che lega le star di Hollywood alle accuse di molestie sessuali.
Tanti da costituire una vera e propria “letteratura torbida” all’ombra della luminosa ribalta, i casi giudiziari per stupro imputati ad alcune celebrità sono arrivati talvolta a sostituire (parzialmente o totalmente) in negativo la notorietà raggiunta. Impossibile infatti è citare il nome del regista Roman Polanski senza che la memoria non viaggi spontanea verso quel 10 marzo del 1977 che lo vide arrestato per violenza sulla 13enne Samantha Galley: l’accusa di stupro era aggravata da pedofilia. La condanna al carcere da parte americana è ancora in vigore, non fosse che il grande cineasta polacco nel 1978 volò in Francia per non rientrare mai più negli States, dove sarebbe immediatamente arrestato. Restando “dietro la macchina da presa”, come dimenticare le infamanti accuse mosse da Dylan Farrow contro il celeberrimo padre adottivo Woody Allen? La donna, oggi 31enne, non ha mai smesso di denunciare il genitore per averle rovinato la vita da quando abusò di lei all’età di 7 anni. Di fatto, è di soli due anni fa la sua nota “lettera aperta” al New York Timesin cui non solo calca la dose contro Woody (“È la prova vivente del modo in cui la nostra società non riesce a difendere le vittime delle violenza sessuale”) ma lancia una provocazione a tutta Hollywood “Cosa faresti se fosse stata tua figlia?”. Il leggendario e prolifico autore di capolavori, oggi 82enne, ha sempre smentito. Nella lista “nera” più attuale compaiono anche superstar amatissime, tuttora in bilico giudiziario.
UN ESEMPIO porta il nome di John Travolta accusato da un massaggiatore di essere stato molestato dall’attore durante un trattamento avvenuto a Los Angeles: naturalmente il divo di Pulp Fiction si è dichiarato estraneo ai fatti, rimarcando l’ipotesi – cavalcata da molte star e relativi legali – della brama di “quei 15 minuti di notorietà” di cui sono vittime i comuni mortali a contatto con gli dei: se poi ottengono qualche migliaia di dollaro in più, meglio per loro. E dall’Olimpo dove risiede da 13 anni non potrà più difendersi uno dei più grandi interpreti: il mitico Marlon Brando accusato post mortem dalla sua ex manager Jo Ann Corrales di “perpetue molestie negli ultimi tre anni di vita”. Diseredata last minute dal testamento del divo, “si vede costretta a chiedere danni alla famiglia per 3,5 milioni di dollari”.
La moglie Secondo Camille, i giurati sono stati capaci di rivedere “giustamente le prove”