Il corpo e il sangue del Signore come nutrimento e amicizia
MANGIARE INSIEME L’Eucarestia è il simbolo del dono del cibo che ci regala Gesù, ma anche delle relazioni umane intorno alla tavola
“Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”: è la parola di Gesù che oggi nella Chiesa è stata ripetuta durante la Messa. Egli non parlava di un cibo comune. Parlava senz’altro della parola di Dio, poiché “l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore” (Deut 8, 3). Questo Gesù lo sapeva bene (cf. Mt 4, 4). Egli, però, parlava anche di se stesso: “colui che mangia me vivrà per me”!
IL SUO DISCORSO
non era (e non è) certo facile, tant’è vero che, come ci racconta il quarto evangelista, a seguito di ciò “molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui” (Gv 6, 66). Eppure egli aveva fatto riferimento a gesti comprensibilissimi anche per noi, ossia il mangiare e il bere. Si tratta, anzi, di gesti necessari, che riguardano un bisogno essenziale per ciascuno di noi. Il nutrimento, difatti, è il presupposto fondamentale per ogni tipo di vita e la prima nostra esperienza vitale è stata proprio il nutrimento: prima di pensare e di volere, prima di amare e di sognare, prima di fantasticare e di progettare... abbiamo avuto bisogno di nutrirci e abbiamo succhiato il latte ma- terno. Un filosofo francese ha sottolineato che “il bambino porta alla bocca gli oggetti prima ancora di sapere cosa sono, anzi proprio per conoscerli”; conseguentemente ha affermato che “il reale è in primo luogo un alimento” (G. Bachelard). L’indicazione è davvero importante perché, proprio nel gesto simbolico del mangiare e bere che Gesù ha comandato di fare in sua memoria, ci offre una chiave per la comprensione del senso e del valore di quella “presenza”, che la fede cristiana riconosce essere la sua più densa e più forte: la presenza eucaristica. La simbolica umana, dunque, ci dice pri- ma di tutto che la presenza eucaristica è un dono. Per noi persone umane, infatti, il poterci nutrire è un dono. Noi non siamo, infatti, insetti che per nutrirsi succhiano la linfa dai vegetali, o animali che trovano nei pascoli il cibo loro necessario. Il nutrimento, in ogni caso, lo si riceve radicalmente dalla natura e già per questo è un dono. Se non avessimo l’aria e la terra, come avremmo l’acqua, le piante e tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere? Noi umani, però, al principio abbiamo il nutrimento perché un’altra persona lo ha preparato per noi! Perché sia soddisfatto questo bisogno essenziale, abbiamo bisogno di altri. Possiamo, dunque, capire la parola di Gesù che dice: “Colui che mangia me vivrà per me”. La simbolica del nutrimento ci dice pure che il cibo e la bevanda aiutano a stare insieme. Il cibo, in- fatti, ha una sua dimensione sociale e questo non soltanto perché dev’essere preparato con l’attività umana ( e quanto, di questi tempi, sui media si dà risalto e spazio alla preparazione dei cibi), ma anche perché alimenta l’amicizia, accresce il gusto dello stare insieme tra parenti e amici. Uno dei massimi poeti tedeschi ha racchiuso questi valori di amicizia e solidarietà in un solo verso, anzi in quattro parole: “agli amici brilla negli occhi la ce n a” ( F. Hölderlin, Abendphantasie).
IL MANGIARE INSIEME è pure capace di rievocare le relazioni umane perché siano di conforto e di speranza anche quando la morte le ha interrotte.
Nel libro XII dell’Od issea si narra che quando, dopo un naufragio, Ulisse e i suoi compagni giunsero finalmente a riva ebbero bisogno di rifocillarsi ed ecco “dopo che ebbero soddisfatto il bisogno di mangiare e bere, si ricordavano all’improvviso dei cari compagni e piangevano…”.
Ciò vale infinitamente di più per il nutrimento eucaristico. L’evangelista Giovanni annota che durante la cena d’addio vissuta coi suoi discepoli prima di tornare al Padre Gesù volle chiamarli “amici”! *Vescovo di Albano