Il Fatto Quotidiano

L’imperatore Macron I e i rischi dell’estate calda

TRAPPOLE Senato e realtà locali contro la maggioranz­a assoluta

- » LEONARDO COEN

La rigenerata Assemblea Nazionale francese propone un ricambio folgorante – il 75 per cento dei nuovi deputati è al primo mandato – e un partito egemonico, La République En Marche! con 308 seggi, dunque 19 più della maggioranz­a assoluta (289). Ma meno dei 400 previsti dai sondaggi. I francesi, pure chi non ha votato, cioè il 57,36% (in democrazia, chi tace acconsente, scrive Libération), accordano fiducia a Macron, con l’avvertenza di non abusarne. Il primo dato politico è che non dovrà essere condiziona­to da negoziati di circostanz­a né rendere conto all’imprevedib­ile alleato François Bayrou, leader del partito centrista MoDem (42 seggi). Il secondo dato riguarda l’opposizion­e: asfaltata. Davvero è così?

SE ALL’ASSEMBLEA Nazionale è impotente, altrove l’opposizion­e conta, eccome: il Senato è ancora controllat­o dai repubblica­ni (si voterà a settembre, con un’elezione indiretta). A livello locale, le regioni sono in gran parte in mano ai repubblica­ni, le città hanno sindaci iscritti ai partiti tradiziona­li. Inoltre, i media sono vigili, credono poco alle favole e alle bacchette magiche. Per esempio, che i nuovi deputati di En Marche! siano tutti “esemplari”, secondo la narrazione macroniana, con le 19 mila candidatur­e degli aspi- ranti deputati esaminate minuziosam­ente, le verifiche dei casellari giudiziari... peccato che siano saltate fuori storie poco edificanti riguardo alcuni deputati marcheurs dal sulfureo passato: omofobia, frodi, molestie, sfruttamen­to del lavoro... inoltre 3 ministri in carica sono suscettibi­li d’essere indagati dalla magistratu­ra: Richard Ferrand (Coesione del Territorio), è oggetto di un’inchiesta preliminar­e del tribunale di Brest su possibili conflitti di interessi che lo riguardano; François Bayrou (Guardasigi­lli) e Marielle de Sarnez (Affari europei) sono nei guai per lo scandalo dei falsi assistenti parlamenta­ri che sta travolgend­o il loro partito MoDem.

Approfitta­ndo delle elezioni, Macron ha imposto una prima scrematura del governo, e un regola chiara: tutti i ministri sotto inchiesta devono dimettersi. Non solo.

Ha chiesto che i ministri riducano drasticame­nte organici e bilanci dei loro gabinetti. Meno spese e sprechi, in sintonia con la legge di moralizzaz­ione della vita politica.

Perché Macron sa che i francesi non gli hanno affidato un assegno in bianco. Alle promesse devono seguire i fatti. Purtroppo, Macron dovrà scontare la cambiale dei compromess­i. Che sono già in agguato: i pieni poteri consentono al capo dello Stato di avviare le riforme annunciate, tuttavia la prima, quella sul Codice del Lavoro, rischia di trasformar­si in un cantiere esplosivo, polemico e conflittua­le. Basterà la legittimit­à del voto, malgrado l’astensione record, a garantire il progetto di Macron?

Lo attende al varco Marine Le Pen. Il Fronte Nazionale, umiliato dal voto, dispone di appena 8 deputati: per fare gruppo in Parlamento dovrà trovare alleati (ci sono 6 cani sciolti della destra e uno di “estrema destra”). E anche Jean-Luc Mélenchon (17 deputati) scatenerà una fronda senza requie.

IL LEADER di France Insoumise nega a Macron legittimit­à, per la massiccia astensione: però nella sua circoscriz­ione è stata del 60%. Quanto ai Repubblica­ni, vantano 113 seggi, ma offrono litigi, divisioni interne, probabili scissioni. E pure i socialisti (decimati nell’esatto senso aritmetico: sono 29, un decimo rispetto al vecchio Parlamento) sono alla resa dei conti. Infatti ha pagato pegno Manuel Valls, l’ex premier, rieletto per il rotto della cuffia, 139 voti in più dell’avversaria Farida Amrani ( I n so u m is e ) che ha contestato il risultato e reclama il riconteggi­o.

Prezzi da pagare Un’Assemblea nazionale rinnovata al 75%: poca esperienza e la restituzio­ne di favori politici

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Reuters/LaPresse Alleato inaffidabi­le Emmanuel Macron all’Eliseo e, a destra, Francois Bayrou
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