Senato, la paura fa 180 (voti): tutti aggrappati a Gentiloni
Forza Italia, verdiniani e pezzi sparsi di centrodestra votano coi dem. Incolume il ministro dello Sport. E il premier gode
Il tabellone del Senato, quando ormai sono le 19 di una giornata lunga e, per la verità, senza grossi colpi di scena, si colora di lucette verdi. La mozione del Pd su Consip, quella che dà per azzerati i vertici e chiede la nomina di nuovi, passa con 185 voti a favore. Il governo c’è, va a gonfie vele, il Parlamento per sostenere Paolo Gentiloni è pronto a far passare quasi tutto. Il tabulato illumina. La mozione, che aveva il parere favorevole dell’esecutivo, passa grazie alla “stampella” fornita da Forza Italia, i verdiniani di Ala e di Federazione della libertà (tra cui Idea). Con il “no” dei 16 senatori Mdp, 28 voti arrivano dai berlusconiani, 8 da Ala e altri dalla galassia del centrodestra e lupi solitari. Senza, la maggioranza si sarebbe fermata poco sopra quota 140, sotto al numero legale. Passa invece con ben 244 voti (contraria Mdp) la parte della mozione di Gaetano Quagliariello e Andrea Augello sulla rimozione dei vertici Consip.
COSÌ, UNA VICENDA che solo qualche tempo fa poteva essere l’incidente perfetto per andare alle urne, o l’occasione per colpire Matteo Renzi, si chiude senza pathos. E Palazzo Madama per l’ennesima volta vota a difesa di Luca Lotti (che ieri compiva 35 anni). Bocciata sonoramente la mozione di Mdp (solo 69 i sì, con quelli dei Cinque Stelle), che era stata riformulata: via la richiesta di togliere le deleghe a Lotti (dichiarata inammissibile, visto che il Senato ha già respinto una mozione di sfiducia), che però rimaneva citato nel testo. E anche la “Quagliariello-Augello” nella parte in cui si parlava della posizione del ministro dello Sport nell’inchiesta Consip.
Si vota e si discute su una cosa che è già successa. Ovvero, la rimozione di Luigi Marroni, teste chiave contro Luca Lotti nell’inchiesta Consip, avvenuta con le dimissioni del presidente, Luigi Ferrara e della consigliera del Tesoro, Marialaura Terragni: il Cda è di fatto azzerato, lo stesso Marroni alla fine ha convocato l’Assemblea dei soci per martedì. Eppure, la maggioranza è impaurita: tanto è vero che al presidente del Senato Pietro Grasso, il gruppo del Pd aveva più volte chiesto di rinviare il voto sulle mozioni a dopo i ballottaggi.
Grasso, però, non ha acconsentito. Come previsto, inizia la giornata leggendo in aula la lettera del ministro dell’Economia Padoan: a oggi “si intende dimissionario tutto il consiglio di Consip”. Come dire: il voto è superato. Luigi Zanda, il capogruppo dem, si limita a dire: “I presentatori delle mozioni dovrebbero prendere atto di quanto dichiarato da Padoan”. Nessun voto sull’ordine dei lavori, però: il Pd in mattinata non ha la certezza di avere i numeri.
In Aula, i dem Zanda, Andrea Marcucci, Francesco Russo si occupano di trovare i voti. Il clima è sfilacciato. I banchi del governo sono semi-vuoti. Non c’è Gentiloni, non c’è Padoan, che in rappresentanza ha mandato il vice ministro Enrico Morando, non c’è Lotti. Parla l’ex Pd Miguel Gotor. Durissimo: “Il caso Consip ci dice del ruolo del familismo”. Marcucci, via Twitter, ne sottolinea “il livore”.
Intanto Matteo Renzi è di umore battagliero: al Nazareno decidono di attaccare i bersaniani di Mdp, “inaffidibili” e ormai “di fatto fuori dalla maggioranza”. La traduzione pratica dell’ordine, a inizio pomeriggio, è affidata al solito Marcucci: “Il premier dovrà farsi carico di una verifica politica per uscire da questa ambiguità”. Il tentativo è metterli all’angolo, anche nell’ottica di una sinistra che si coagula.
Morando, per conto del governo, chiude la giornata: dà parere positivo alla mozione del Pd e a un pezzo di quella di Augello e Qua- gliariello che riguarda Marroni. I dem hanno bisogno dei Sì di Idea per non stare sul filo, il duo porta a casa un pareggio sul voto.
AUGELLO rivendica la vittoria politica: Idea ha portato il caso Consip in Parlamento e hanno causato - con la loro mozione - la presentazione di quella del Pd e la rimozione di Marroni (nonostante il timore di una vendetta del manager). I pochi voti raccolti da Mdp fanno rientrare l’ipotesi di verifica. Marcucci, alla fine, fa un bagno di equilibrismi da Prima Repubblica: “La verifica è ridimensionata”. A sera, l’Aula vota i presupposti di costituzionalità sul decreto vaccini: 177 voti. Gentiloni per sempre.
Tarallucci e vino Alla fine nessuno si fa male tranne i bersaniani di Mdp: raccolgono solo 69 sì