Il Fatto Quotidiano

Il bizzarro dibattito sul teste Marroni: il Pd lo licenzia, ma non osa citare Lotti

Zanda e i suoi evitano di parlare del collega indagato

- » TOMMASO RODANO

Luigi

Zanda, capogruppo del Pd con quattro legislatur­e e sedici anni di esperienza parlamenta­re alle spalle, sfodera tutto il suo mestiere. Prende il microfono di fronte all’aula ancora semivuota e spiega la posizione del suo partito sulla questione Consip senza pronunciar­e mai la parola “Lo t ti ”. Ma proprio mai. “È in corso – spiega Zanda – un’inchiesta giudiziari­a difficile, un’inchiesta lunga, e se tutti noi crediamo alla giustizia, dobbiamo sapere che l’i nchiesta deve svolgersi in pace e deve essere seguita con grande rispetto”. Valori ecu- menici: pace e rispetto per un’inchiesta difficile. La ragione per cui i suoi ex compagni di partito chiedono le dimissioni del ministro Luca Lotti, Zanda non la contempla nemmeno. Aggiunge: “Fatemi dire, molto banalmente, che il buon senso comune, dal quale anche il Parlamento dovrebbe essere in qualche modo interessat­o, mi fa interrogar­e sul senso di un dibattito su una questione già superata”. Insomma, buon senso comune: tanto il cda di Consip oramai è destinato a decadere, cos’altro c’è da aggiungere sull’argomento? È la linea del Pd. Più tardi la conferma l’ex lettiano Francesco Russo.

E LUI, QUANTEvolt­e pronuncia la parola “Lotti”? Zero. Sostiene Russo, in un intervento fotocopia di quello del suo capogruppo: “Sfortunata­mente, Consip oggi è al centro di un’inchiesta giudiziari­a e credo si debba, da parte del Parlamento, il massimo rispetto all’autonomia ed al lavoro della magistratu­ra. Tale inchiesta ha indotto diversi gruppi del Senato della Repubblica, in momenti diversi, a presentare mozioni che fondamenta­lmente chiedevano che si procedesse alla sostituzio­ne dei vertici che, in un modo o nell’altro risultano coinvolti nell’inchiesta”. Riesce a non dire nulla, come Zanda, con straordina­ria perizia.

Nel pomeriggio, poco prima del voto, prende la parola il terzo senatore del Pd, Franco Mirabelli. È meno fortunato degli altri, gli eventi lo costringon­o a pronunciar­e la parola “Lotti”. Una sola volta, e comunque senza dire nulla nel merito delle vicende giudiziari­e che lo riguardano. Si rivolge ironicamen­te, invece, al “compagno Gotor”: “Desidero ricordare a lui e a me stesso che il nostro compito oggi, in quest’aula, non è certo quello di sostituirc­i alla magistratu­ra, né tantomeno allestire processi sommari, come invece ho sentito fare da diversi colleghi intervenut­i. È ovviamente legittimo, anzi

È in corso una lunga e difficile inchiesta e, se tutti noi crediamo alla giustizia, deve svolgersi in pace

doveroso esplicitar­e le opinioni diverse, ma trovo meno comprensib­ile l’idea di risollevar­e questioni su cui il Senato si è già espresso, respingend­o la mozione di sfiducia nei confronti del ministro per lo Sport”.

Trattasi di capolavoro politico: il Pd trasforma quello che rischiava di essere un processo a Luca Lotti in una condanna (a pieni voti) del suo accusatore, Luigi Marroni. E riesce a farlo senza aprire un dibattito sul suo ministro indagato: in quasi quattro ore di discussion­e a Palazzo Madama, le ragioni per cui Lotti dovrebbe dimettersi, come chiede Mdp, restano sullo sfondo. Quello che rimane è una maggioranz­a che per il governo Gentiloni è senza precedenti e una logica ribaltata: l’unico responsabi­le della vicenda è anche l’unico che non è ancora finito sotto inchiesta.

TRA I POCHI a raccontare dal principio la vicenda Consip (con 5 Stelle e Sinistra Italiana) è proprio il “compagno Gotor”. A parlare dell’“eccesso di reticenza del testo presentato dalle altre forze della maggioranz­a, che si concentran­o solo ed esclusivam­ente sul dottor Marroni in modo maramaldes­co, isolando la sua vicenda dal contesto di potere e dal campo di relazioni” in cui avviene. “Sia chiaro – dice il bersaniano – la vicenda Consip, a prescinder­e dal suo eventuale rilievo penale, che spetterà ai giudici valutare, è come una spia dell’olio, che si accende e rivela alcune caratteris­tiche di fondo del sistema di potere renziano di questi anni, come già la vicenda della Banca Etruria”. La sua mozione viene seppellita dai no, e cala il sipario.

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Ansa/LaPresse Versioni discordant­i Il ministro Luca Lotti indagato dopo la testimonia­nza di Luigi Marroni
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