Si celebra Mammì e Zanda attacca l’ex dc Mattarella
Il ricordo del padre della legge che favorì Berlusconi
Era il 26 luglio di 27 anni fa, di giovedì. Francesco Cossiga era al Quirinale. Giulio Andreotti guidava il suo sesto governo a base pentapartitica: Dc, Psi, Pri, Psdi e Pli. Arnaldo Forlani era il segretario della Dc, la “F” finale dell’acronimo del potere di allora: Caf. Craxi, Andreotti, Forlani. Il ministro dell’allora Pubblica Istruzione fece l’annuncio alle 21 e 15 di quel giorno: “Ci siamo dimessi perché riteniamo che porre la fiducia per violare una direttiva della Cee sia inammissibile”.
Il ministro era Sergio Mattarella, oggi presidente della Repubblica non votato da Forza Italia anche per le ragioni che risalgono a quel 26 luglio del 1990. Si dimise con altri quattro colleghi di governo: Riccardo Misasi, Mino Martinazzoli, Carlo Francanzani, Calogero Mannino. Era la sinistra dc di Ciriaco De Mita e Guido Bodrato, una corrente che valeva quanto un partito nell’era dell’odiato Caf. Il governo Andreotti era un esapartito, più che un pentapartito, da questo punto di vista. I cinque ministri si dimisero a causa della prima legge della Repubblica sull’emittenza radiotelevisiva.
IL PADRE di quella legge era Oscar Mammì, esponente del glorioso partito dell’Edera, il Pri mazziniano, e titolare delle Poste e Telecomunicazioni nell’esecutivo di Andreotti. Mammì è morto il 10 giugno scorso e ieri è stato ricordato nell’aula del Senato, prima della discussione sulle mozioni Consip. Il più accalorato ed entusiasta è stato Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia. All’epoca, Romani era nel settore: “Ero direttamente interessato, quindi, a quello che stava succedendo nel panorama dell’emittenza televisiva e avevo vissuto in prima per-
IL CAPOGRUPPO DEL PD
Uomo del centrosinistra, sapeva che proprio la sinistra lo avrebbe attaccato e si sarebbe opposta con tutte le sue forze