Il Fatto Quotidiano

Barelliere iniettava aria nelle vene dei malati per favorire società di pompe funebri amiche

Per ogni cadavere riceveva 300 euro. La mafia dietro il business

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Malati

terminali uccisi da un barelliere su un’ambulanza, iniettando loro dell’aria nel sistema sanguigno, e poi i corpi “venduti” per 300 euro a agenzie di onoranze funebri. È l’ipotesi al vaglio della Procura di Catania che ha aperto un’inchiesta per omicidio dopo le rivelazion­i di un collaborat­ore di giustizia, che accusa la mafia locale di avere avuto un ruolo nella vicenda. Il decesso avveniva durante il trasporto dall’ospedale di Biancavill­a a casa dei pazienti dimessi perché in fin di vita. I casi sarebbero iniziati nel 2012. All’insaputa, questa l’ipotesi, dell’ospedale e dei medici.

Le prime rivelazion­i il “pentito” che ha fatto venire giù tutto le aveva fatte in un’intervista a Le Iene. Poi si era recato in Procura per riferire dei fatti a sua conoscenza. I carabinier­i della compagnia di Paternò, su delega dei magistrati della Dda etnea, hanno acquisito cartelle cliniche nell’ospedale.

Dalla Procura di Catania si sottolinea che “l’inchiesta è seria”, ma che le dichiarazi­oni del collaborat­ore “saranno sottoposte alle verifiche che il caso richiede”.

“LA GENTE NON MORIVA per mano di Dio”, afferma il collaborat­ore a Le Iene e poi ai magistrati di Catania, ma per “guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50”. Secondo la ricostruzi­one del pentito mentre il malato terminale tornava a casa “siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavan­o del l’aria con l’ago cann ula nel sangue, e il malato moriva per embolia”, così i familiari non se ne accorgevan­o.

APPROFITTA­NDO del momento di grande dolore proponevan­o l’intervento di un’agenzia di onoranze funebri che, sottolinea il testimone, “poi gli facevano un regalino”, i 300 euro a salma. Il pentito sostiene che “era- no i boss a mettere gli uomini sull’ambulanza” e che i “soldi andavano all’organizzaz­ione”.“Che schifo - aggiunge - spegni una persona per 300 euro...”.

E sul perché prima abbia parlato in television­e e poi davanti ai Pm di Catania spiega di averlo fatto per “paura”, e di essere però stato spinto dal rimorso di “avere visto morire così il padre di un amico...”, al quale non ha mai confessato quello che sarebbe accaduto. Cosa che ha fatto adesso, invece, prima in un programma televisivo, e poi davanti alla Procura di Catania.

La scoperta

“Le Iene” avevano intervista­to un pentito che poi si affidò alla giustizia

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