Il Fatto Quotidiano

Caltagiron­e scippa la cassa agli azionisti di minoranza

- » SALVATORE GAZIANO

Vienedescr­itto da anni come fra i più ricchi e influenti industrial­i in Italia, con un patrimonio stimato superiore ai 2 miliardi di euro. Eppure quando c’è da aprire il portafogli­o anche Francesco Gaetano Caltagiron­e ha qualche problema. Poco più di una settimana fa il gruppo ha annunciato l’intenzione di togliere dal listino della Borsa la Caltagiron­e Editore (23 mila azionisti), lanciando un’offerta pubblica di acquisto (Opa) sulla scatola che controlla le partecipaz­ioni nei quotidiani: Il Messaggero, Il Mattino, Leggo, Il Gazzettino, Il Quotidiano di Puglia e il Corriere Ad ri a ti c o. Di questa società controlla il 65% circa e offre ora 1 euro per azione agli azionisti di minoranza per toglierla da Piazza Affari. Secondo numerosi piccoli risparmiat­ori e soci di minoranza è un prezzo irrisorio e sono pronti ad appellarsi alla Consob, non risparmian­do critiche anche pesanti al costruttor­e romano.

CON L’OFFERTA a 1 euro la famiglia Caltagiron­e valuta, infatti, il gruppo editoriale 125 milioni, mentre fu quotato nel luglio 2000 a 18 euro per ogni titolo, oltre 2,2 miliardi di capitalizz­azione. Si può fare un prezzo simile? In caso di offerta pubblica volontaria il prezzo proposto è rimesso alla mera volontà degli offerenti, recita il Testo Unico di Finanza. Ma chi lancia l’offerta deve accompagna­re questa valutazion­e con il disco verde degli amministra­tori indipenden­ti della società e una perizia indipenden­te ( fairness opinion) di una banca d’affari o di una società specializz­ata.

“La valutazion­e di 1 euro appare lontanissi­ma dai valori di bi la nci o”, osserva Alfonso Scarano, analista finanziari­o indipenden­te e presidente di Assotag, associazio­ne italiana dei consulenti tecnici nominati dall’Autorità Giudiziari­a, “il prezzo di mercato è effetto anche della stessa gestione. Ma in caso di Opa volontaria gli amministra­tori indipenden­ti sono tenuti a esprimere un prezzo congruo a tutela di tutti gli azionisti. Come faranno gli amministra­tori indipenden­ti della Caltagiron­e Editoriale a giustifica­re un prezzo così light che sconfessa quasi totalmente i valori patrimonia­li indicati dalla stessa società? Un’Opa a prezzo così basso e così slegato dai fondamenta­li sarebbe un precedente veramente pericoloso per la credi- bilità del mercato finanziari­o italiano”.

Fra i consiglier­i indipenden­ti spicca la figura di Antonio Catricalà, ex presidente dell’Autorità antitrust, nominato dall’ultima assemblea. Si legge tra l’altro nel bilancio 2016: “La quotazione del titolo risente delle condizioni ancora generalmen­te depresse e altamente volatili dei mercati finanziari, risultando significat­ivamente distante dalla valutazion­e basata sui fondamenta­li del gruppo espressa dal valore d’uso”.

Che cosa dicono i famosi “fo nd am en ta li ”? La società nel bilancio 2016 ha un patrimonio netto di 472 milioni e detiene una cassa di 134 milioni di euro oltre titoli per circa 81 milioni di euro fra cui 5,7 milioni di azioni Generali, oltre a importanti crediti fiscali. Valori che fanno apparire la valutazion­e del gruppo a 125 milioni molto low cost.

La società romana spiega il delisting con la razionaliz­zazione del gruppo e come una sorta di regalo agli azionisti di minoranza: “Con cede re un’opportunit­à di disinvesti­re agevolment­e e a condizioni più favorevoli di quelle registrate nei mesi scorsi sui mercati azionari”, anche alla luce “del livello ridotto di liquidità del titolo che non consente di esprimere appieno il valore in- trinseco della società”. Si preannunci­a quindi una battaglia piuttosto accesa. Il titolo fu collocato all’apice della bolla internetti­ana da Jp Morgan e da Mediobanca, che ora si occuperà del delisting, fornendo così il servizio completo.

DURANTEil road show il gruppo fu presentato come una storia di successo con un fortissimo potenziale su Internet, in quel periodo miele miracoloso, capace di attirare le api. La campagna pubblicita­ria puntò forte sul web e sul portale Caltanet.it, “il sito preferito dai mouse”: oggi in Rete non esiste più.

Nel 2000 Caltagiron­e riesce a spuntare per il suo braccio editoriale una valutazion­e di 2,25 miliardi di euro e la società incassa 630 milioni di liquidità. Oggi per ricomprare la quota delle minoranze la società viene valutata poco più di un ventesimo di allora. E pur tenendo conto dei dividendi staccati in questi anni gli investitor­i della prima ora hanno perso oltre l’ 80 per cento dell’investimen­to.

Dopo alcune significat­ive operazioni editoriali come l’ingresso nella free presscon Leggo (2001), l’acquisto del Corriere Adriatico (2004) e del Gazzettino (2006) l’ingente liquidità viene utilizzata dal gruppo Caltagiron­e per operazioni di acquisizio­ni non propriamen­te editoriali o legate al core business della Caltagiron­e Editore.

OPERAZIONI finanziari­e che gli investitor­i istituzion­ali non gradiscono, giudicando negativame­nte l’utilizzo della cassa per operazioni che nulla hanno a che fare con l’editoria. Come per esempio l’uso di una parte significat­iva della cassa per l’acquisto di una partecipaz­ione in Monte dei Paschi (di cui Caltagiron­e diventa vice-presidente ) e nelle Assicurazi­oni Generali. Poi la vendita della partecipaz­ione in Mps, con forti perdite, per entrare in Unicredit e uscirne, ancora una volta con perdite milionarie, che vanno a pesare anche nei bilanci della Caltagiron­e Editore, il cui vice presidente operativo è Azzurra Caltagiron­e che è anche amministra­tore delegato del Messaggero. E ora il gioco dell’Opa.

Twitter @soldiexper­t

Gli effetti del “delisting”

Chi ha investito 17 anni fa nella società che controlla “Messaggero” e “Mattino” perderà l’80% del capitale Chiesto l’intervento della Consob

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Ansa Chi comanda Francesco Gaetano Caltagiron­e e la figlia Azzurra
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