Lucarelli non è Donnarumma: “A 40 anni ho vinto la sfida”
IL COLLOQUIO IL CAPITANOIl livornese è rimasto a Parma anche dopo il fallimento e ha riportato il club in B: “Non so se smetto”
“Nessuna citazione, nessuna sc o p i a zzatura. Prima di ogni partita dico due parole ai ragazzi, nella speranza di toccare le corde giuste. Solo che questa volta è spuntato un telefonino e sono finito in Rete”.
Il Tony D’Amato del calcio italiano non ha mai perso l’accento livornese, anche se Parma è la sua casa dal 2008. Alessandro Lucarelli come Al Pacino, nel mitico discorso-motivazione ai suoi Miami Sharks nel film Ogni ma
ledetta domenica. L’episodio è accaduto sabato sera al Franchi di Firenze, a pochi minuti dal calcio di inizio della finalissima dei playoff di Lega Pro tra i ducali e l’Alessandria.
Nello spogliatoio, il capitano ha tirato fuori un’istantanea della semifinale contro il Pordenone, l’attesa e la trepidazione dei compagni a centrocampo durante il rigore decisivo per la qualificazione: noi siamo questo e meritiamo la promozione, il messaggio ai colleghi. Due ore dopo, grazie ai gol di Scavone e Nocciolini, finiva l’interminabile stagione del Parma. Metà della montagna era scalata: l’anno prossimo il club sarà in Serie B: “È stata un’annata sfiancante, vissuta sempre sotto pressione al- la rincorsa del Venezia. La formula dei playoff è completamente da rivedere: a fine anno non si possono giocare così tante partite decisive. Per vincere abbiamo tirato fuori tutto e finalmente Parma è in un campionato più consono alle sue ambizioni” dice Alessandro Lucarelli.
LUI, CHE QUESTE cose le aveva sempre lasciate al fratello Cristiano, due anni fa era divenuto un simbolo di lotta e attaccamento alla causa, parole che si possono riempire di significato anche tra sportivi milionari. Il Parma viveva allora la stagione più drammatica e surreale della sua storia con la bancarotta di Tommaso Ghirardi, i farseschi tentativi di vendita a imprenditori sbucati dal nulla, gli stipendi non pagati e il fallimento. Lucarelli continuò fino all’ultimo a giocare e a prendere posizione, dalle interviste a bordo campo fino alle aule di tribunale, per salvare almeno la dignità del club: “Ricordo la rabbia della gente presa in giro, che era anche la mia. Quella ferita rimarrà aperta finché non vedrò puniti i responsabili, quali che siano i tempi della giustizia italiana”.
In città, dove 22 anni fa si festeggiava una storica Coppa Uefa e pochi anni dopo si piangeva l’ecatombe sociale del crac Parmalat, la rabbia diveniva orgoglio: si riparti- va dalla D con progettualità ed entusiasmo, con Lucarelli trait d’union tra il vecchio e il nuovo.
“Da momenti orribili è sorto qualcosa di magico, la frustrazione e lo schifo si sono trasformati in senso di appartenenza” dice il capitano. Veniva fondata una nuova società, il Parma Calcio 1913, posseduta da una cordata di imprenditori locali con i tifosi come soci di minoranza.
“Lo scorso campionato è stato unico. Sapevamo di essere più forti e l’ambiente era sereno. Non auguro nemmeno al mio peggior nemico ciò che abbiamo passato da un punto di vista sportivo, ma sono felice di tutto ciò che è seguito. Abbiamo avuto 10 mila abbonati in Serie D e migliaia di persone in trasferta: ogni partita era una festa, l’occasione di mangiare e bere assieme, senza tessere e divieti. I cittadini di Parma si sono lavati di dosso tutto il marcio degli ultimi anni”.
NON È STATO altrettanto automatico conquistare la B al primo colpo, ma il valore della squadra, un mix di prospetti interessanti e vecchi “marpioni” come Calaiò, ha fatto la differenza: “Non potremo ripetere il campionato di Spal e Benevento, perché al Parma nessuno concederà l’effetto sorpresa. Dovremo essere competitivi sin da subito, senza porre dei limiti che il Parma non può avere”.
Ma Alessandro Lucarelli, che compie 40 anni a luglio, sarà in campo l’anno prossimo? “Mi sono preso qualche giorno per riflettere. Se non fossimo saliti in B avrei smesso, ma la tentazione di inseguire il miracolo di tornare in A a tre anni dal fallimento è forte. La voglia di giocare anche”.
Se decidesse di rimanere, con ogni probabilità, troverebbe un Parma diverso. Nei prossimi giorni dovrebbe chiudersi la trattativa per la cessione del 60% della società a una cordata cinese, che avrà nell’ex Hernan Crespo il referente sul territorio: “Credo l’accordo si farà. Non posso predire il futuro, ma se la società ritiene di accettare l’offerta è perché crede alla serietà dei nuovi partner”.
Nel calcio di oggi, quello va in cortocircuito per un portiere 18enne “infedele”, personaggi come Lucarelli continuano a servire. “Dieci anni fa ogni squadra aveva il suo giocatore simbolo, oggi spirito di appartenenza è un’espressione vuota perché il pallone è divenuto solo business. Ma gli appassionati sono spaesati, non si riconoscono. E senza tifosi gli stadi possono anche chiudere”.
È stata un’annata sfiancante, vissuta sotto pressione La formula dei playoff è completamente da rivedere