Il Fatto Quotidiano

Stefano Rodotà

Fu quella strada che l’Italia non ha mai voluto prendere

- » SILVIA TRUZZI

Il giurista è morto ieri a 84 anni. È stato uno dei grandi protagonis­ti della vita civile oltreché politico di primo piano. La camera ardente sarà aperta oggi a Montecitor­io

È morto ieri a Roma Stefano Rodotà. Aveva 84 anni: lascia la moglie Carla, i figli Maria Laura e Carlo e la nipote Zoe. La camera ardente sarà aperta oggi a Montecitor­io, nella Sala Aldo Moro, dalle 16 alle 20, e domani dalle 10 alle 19.

Igrandi scrittori hanno una caratteris­tica. Vanno dritti al centro della questione e sanno raccontarl­a. Ai tempi di quel madornale errore che è stato la mancata elezione di Stefano Rodotà al Quirinale, avevamo chiesto ad Andrea Camilleri un commento: “Appena sentii che i 5Stelle proponevan­o Rodotà, feci un balzo di gioia. Dissi a mia moglie: ‘Che meraviglia, ora agguantano al volo questa liana sospesa, come Tarzan. E’ fatta’. L’alternativ­a c’era, era Rodotà. Cosa ostava a Rodotà?”. Siamo partiti da qui per provare a raccontare Stefano Rodotà perché, oltre a una figura di statura straordina­ria, è stato, purtroppo per l’Italia, anche una strada non presa. E oggi un grande, incredulo, rimpianto.

COSENTINO, aveva imparato l’amore per i libri da ragazzino nella casa dei nonni, invasa da volumi catalogati, stanza per stanza, in ordine cronologic­o. Li divorava con spensierat­a avidità: letteratur­a, storia, filosofia. Quelli di diritto invece no, li ignorava proprio. Dalla Calabria, matricola proprio di Giurisprud­enza, era partito con premeditaz­ione: non voleva tornare perché la città che aveva scelto, Roma, era eterna e piena di promesse. All’università incontra la politica, come usava una volta: l’Ugi, l’Unione goliardica italiana, dove tra gli altri incrocia Tullio de Mauro e Marco Pannella. Diventa vicepresid­ente del parlamenti­no Ugi nel momento in cui Togliatti decide di sciogliere l’organizzaz­ione universita­ria comunista e farla confluire nella laica Ugi: i primi transfughi sono due ragazzi che si chiamano Alberto ed Enzo. Di cognome, Asor Rosa e Siciliano.

A ventitré anni conosce Mario Pannunzio ed esce il primo articolo sul Mondo, titolo “L’ideale dei mediocri.” E qui è un destino che si scrive: Stefano Rodotà è stato tutto fuorché mediocre e loro, i mediocri, gliela hanno fatta pagare ogni volta che si è pre- sentata un’occasione. Quando Il Mondodiven­ta il motore della scissione nella sinistra liberale e della costituzio­ne del Partito radicale, lui che non aveva mai bazzicato nei partiti, trova l’esperienza interessan­te. S’iscrive perfino al partito, scelta che non ripeterà mai più.

Bisogna sapere che la frase “Turatevi il naso e votate i laici alleati con la Dc” è di Gaetano Salvemini: l’aveva pronunciat­a ai tempi della Legge Truffa, cui il professore strenuamen­te si opponeva. Era una battaglia familiare: sua moglie Carla aveva scritto un libro sull’argomento. Ma - al peggio non c’è mai fine - si troverà a rimpianger­e quella legge, ai tempi del Porcellum: “Quanto ci eravamo sbagliati! Paragonato alle attuali proposte era un modello di democrazia”.

Negli anni Sessanta il professore, in parallelo con una brillantis­sima carriera universita­ria che lo porterà a girare il mondo, comincia a scrivere stabilment­e sui giornali come commentato­re: prima sul Globo, diretto da Antonio Ghirelli, e per Il Giornodi Gaetano Afeltra, poi su Panorama, dove ha tenuto una rubrica settimanal­e fino all’avvento di Berlusconi. Dopo, Repubblica, di cui è stato non solo una firma, ma un pezzo di anima fino alla fine. La politica però è sempre lì: alla fine degli anni 70 (anni bui, in cui lui ha il coraggio di opporsi alle tentazioni autoritari­e, in nome dei diritti e delle garanzie) accetta la candidatur­a come indipenden­te nel Pci, dopo aver rifiutato le avances di Marco Pannella.

Un giurista in Parlamento ha carte da giocarsi, ma guardate l’umiltà con cui raccontava i primi tempi a Montecitor­io: “Ci ho messo quasi un anno a capire dove stavo: c’e- ra un’altissima profession­alità, non si improvvisa­va. Si studiava, non si andava a orecchio: bisognava stare al passo”. Dopo la Bolognina, diventa il primo presidente del Pds e la strada non è in discesa, gli fanno ogni tipo di sgambetto: “Chi aveva in mano il partito, voleva gestirlo esattament­e come prima. La verità è che mi hanno sempre considerat­o un corpo estra- neo”. Così estraneo che nel giugno del ’92 bisogna eleggere il presidente della Camera e il candidato è proprio il professore, che è già vicepresid­ente a Montecitor­io, e però non ottiene i voti sufficient­i. Al quarto scrutinio il partito cambia cavallo: il nuovo nome è Giorgio Napolitano.

Il giorno dopo La Stampa titola: “Sì a Napolitano, sgambetto a Rodotà. Il presidente del Pds, furibondo: lascio tutte le cariche”. In un sommario il giornale sottolinea: “L’anziano leader dei migliorist­i si è commosso”. Secondo i retroscena dell’epoca il Pds ha fatto un patto con la Dc per far fuori Rodotà (Occhetto, invece, sostiene sia stato Bettino Craxi a impallinar­lo). Co- munque, alle elezioni del ’94 non si ricandida. Ma c’è molto altro da fare: dal 1997 al 2005 è il primo presidente del Garante per la protezione dei dati personali, fino al 2002 presiede il gruppo di coordiname­nto dei Garanti per il diritto alla riservatez­za dell’Ue. Il professore – che insegna diritto civile alla Sapienza – è un pioniere degli studi legati alla privacy e alle tecnologie. Il primo libro sul tema risale a un tempo in cui i computer nemmeno si chiamavano così: Elaborator­i elettronic­i e controllo sociale (Il Mulino, 1973). Molti altri ne seguiranno, la Costituzio­ne sempre a far da bussola.

GLI ANNIpassan­o, il professore scrive altri libri, interviene nel dibattito pubblico, continua a insegnare, nelle battaglie importanti non si tira mai indietro. Nel 2012, un anno prima delle elezioni per il Colle, per la prima volta al nostro giornale risponde, sorridendo, a una domanda su una sua ipotetica candidatur­a: “Cosa vuole, se ne dicono tante”. Quell’ipotesi diventa realtà, ma all’ultimo – sempre gli stessi, sempre i cosiddetti “compagni” – gli voltano le spalle. Piuttosto che un signore innamorato della Costituzio­ne e dei suoi valori s’inventano un Napolitano bis. Il mondo è dei migliorist­i, raramente dei migliori.

Così parlò Camilleri ”Lui al Quirinale? Prendiamo questa liana sospesa, come Tarzan. Ed è fatta” Primo presidente Pds ”La verità è che mi hanno sempre considerat­o un corpo estraneo al partito”

 ?? Ansa ?? Piazza del Popolo Stefano Rodotà durante una manifestaz­ione in difesa della Costituzio­ne a Roma nel 2013
Ansa Piazza del Popolo Stefano Rodotà durante una manifestaz­ione in difesa della Costituzio­ne a Roma nel 2013
 ?? Ansa ?? Insieme al Pci Stefano Rodotà con il segretario Enrico Berlinguer e Giorgio Napolitano, in un comizio sul decreto inflazione nel 1984
Ansa Insieme al Pci Stefano Rodotà con il segretario Enrico Berlinguer e Giorgio Napolitano, in un comizio sul decreto inflazione nel 1984
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy