Come fu che divenne Rodotà-tà-tà
I grillini Crimi e Lombardi raccontano la candidatura al Quirinale del 2013
“Mi ricordo una stanza con un divano, due poltrone e un tavolino basso. E tutti quei libri che arrivavano fino al soffitto, come nella casa che avrei sempre voluto”. La deputata del M5S Roberta Lombardi mette in fila le immagini di quella mattina del 19 aprile 2013, quando come primo capogruppo alla Camera del Movimento andò nella casa romana di Stefano Rodotà assieme all’allora capogruppo in Senato, Vito Crimi. Volevano ribadirgli che era il loro candidato alla presidenza della Repubblica: arrivato terzo nelle Quirinarie, il voto sul blog degli iscritti del M5S, ma il primo ad accettare la candidatura dopo i rifiuti di Milena Gabanelli e Gino Strada. Per sbarrargli il passo il Pd tirò fuori la candidatura di Romano Prodi. Ma il Movi- mento, assicura la deputata, non cambiò idea (anche se il nome dell’ex premier non dispiaceva) e andò a dirlo al professore. Racconta Lombardi: “Ci trovammo di fronte un uomo gentile e umile, che ci esortò subito a dargli del tu. Però nei suoi occhi si leggevano i dubbi, era tormentato. Il Pd gli aveva chiesto di farsi da parte, e lui ci fece capire che per disciplina di partito era orientato a ritirarsi”.
UN NODO in apparenza insuperabile. Però i 5Stelle insistevano. “A un certo punto - continua Lombardi - glielo chiesi chiaramente: ‘Stefano, è quello che vuoi davvero?’ E lui mi rispose che accettare la candidatura per il Quirinale sarebbe stato un grande onore”. E così si arrivò a una quadra: “Non voglio dire che lo convincemmo, perché non pretendevamo di convincere un uomo come Rodotà. Però gli dicem- mo che lui non era il candidato del Movimento, ma di una parte d’Italia che si riconosceva nella sua storia e nei suoi valori. Così alla fine facemmo una nota congiunta in cui non ritirò la sua disponibilità”. Poche ore dopo i 101 congiurati del Pd affondarono Prodi in Parlamento. E allora i 5Stelle riapparsero davanti alla Camera scandendo “Rodotà-Rodotà-Rodotà”. Uno slogan che sarebbe entrato nella storia recente della politica. Sforzo vano, perché il regolamento di conti dentro i dem portò al bis per Giorgio Napolitano.
QUATTRO ANNI dopo, Crimi commenta: “Fu un vero peccato, perché l’elezione di Rodotà sarebbe stato il primo passo per qualcosa d’altro. Lo scrivemmo anche in una nota: ‘Da un presidente di garanzia non potrebbe che nascere una seria proposta di governo per il Paese’. Ed era così: fu una grande occasione persa, anche perché sarebbe stato un presidente di mediazione”. Ma sul piano umano, che impressione le fece? “Quella mattina era molto amareggiato. Ma nonostante questo fu dolce. Che peccato”.