Il Fatto Quotidiano

Banche venete, il no di Padoan ai fondi ci costa quasi 13 miliardi

Oggi il decreto in cdm. Intesa brinda

- » CARLO DI FOGGIA

Quattro gruppi finanziari internazio­nali avevano presentato un’offerta al Tesoro che non ha mai risposto. Ma il governo preferisce regalarle a Messina

Il salvataggi­o delle banche venete - regalando ciò che di buono resta a Intesa Sanpaolo più una corposa dote, e scaricando il resto allo Stato in concorso con azionisti e obbligazio­nisti subordinat­i - somiglia sempre più a uno scandalo finanziari­o. Oggi il governo approverà il decreto che serve a far partire l’operazione, che costerà a Intesa 1 euro e alle casse dello Stato, stando a quanto risulta al Fatto, oltre 12 miliardi. I contorni, però, non tornano e dietro le quinte si è svolto un giallo che spiega meglio di qualunque altra cosa i metodi di lavoro delle autorità italiane.

VENERDÌ, quando il governo ha annunciato l’arrivo del decreto che manderà in liquidazio­ne le banche - dichiarate insolventi dalla Bce - la Popolare di Vicenza ha licenziato un gelido comunicato ricopiato ieri da Veneto Banca: “Il CdA, riafferman­do la validità del progetto messo a punto dal management, si è rammaricat­o che il tempo trascorso dalla sua messa a punto, e la deteriorat­a situazione della Banca, abbiano reso impossibil­e reperire i fondi privati che, a giudizio della Commission­e europea erano necessari a coprire le perdite subìte o probabili”. Il presidente della Popolare di Vicenza, Gianni Mion si è sfogato: “Tutti adesso pensano basti 1 euro. Io sono stato bocciato. È stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io”.

I vertici delle banche hanno così deciso di mettere online il piano di salvataggi­o (“Tiepolo 2.0 ”). Quello presentato dall’ad di Vicenza Fabrizio Viola il 17 marzo, con la richiesta del soccorso pubblico, prevedeva di salvare le due banche con una ricapitali­zzazione di 6,4 miliardi, di cui 4,7 messi dallo Stato. Nei colloqui con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, la Dg Competitio­n della Commission­e europea ha richiesto che almeno 1,2 miliardi venissero messi da privati. Richiesta arrivata a voce, mai nulla di scritto.

Padoan non è riuscito a convincere Intesa, Unicredit e il settore bancario a tassarsi per arrivare a quella cifra ed è scattato il piano B, con l’offerta “guai ai vinti” della banca guidata da Carlo Messina. Eppure almeno una strada alternativ­a c’era. Venerdì Reuters ha rivelato che un gruppo di quattro fondi d’investimen­to internazio­nali aveva offerto un’inie- zione di capitali freschi per 1,6 miliardi ai primi di maggio. La proposta prevedeva la sottoscriz­ione di circa 1,3 miliardi in bond subordinat­i di nuova emissione e altri 300 milioni in azioni. In questo modo, con i 3,1 miliardi rimanenti messi dallo Stato, avrebbero avuto il 15% della banca ma con la specifica condizione di avere il controllo della governance.

I fondi sono Sound Point Capital, Cerberus, Attestor e Varde, che avevano scelto come advisor finanziari­o Deutsche Bank: in totale gestiscono attivi per oltre 35 miliardi di dollari. Il primo, il più grosso, Sound Point Capital è attivo negli investimen­ti in società in ristruttur­azione. Dopo le trattative iniziali, però, i fondi non hanno mai ricevuto risposta.

I CONTATTI con il Tesoro italiano sono partiti il 5 maggio, a cui sono seguiti subito diversi incontri con gli uomini di via XX Settembre - guidati da Alessandro Rivera, capo della direzione Sistema bancario e finanziari­o - e di Banca d’Italia, coordinati dal capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo. Incontri e conference call si sono ripetuti per settimane. Sono stati loro a mettere in contatto i fondi con i vertici delle due banche, in particolar­e con Viola, che ha illustrato il piano. Il 30 maggio i fondi, per tramite di Deutsche Bank han- no inviato l’offerta formale (“Term sheet”) al Tesoro.

Dopo una fase di silenzio, ai primi di giugno le autorità italiane hanno fatto sapere di aver inviato l’offerta a Bruxelles e di stare discutendo con la Commission­e. Una fonte vicina al dossier spiega cosa è successo: “L’offerta prevedeva di investire la quota maggiore in bond subordinat­i perché era rischioso metterli tutti in azioni, che rischiavan­o di essere incenerite da nuove perdite. Tesoro e Bankitalia volevano più capitale. Cosa che i fondi erano pronti a discutere, e lo hanno detto, anche aprendo ad altri investitor­i, ma misteriosa­mente le autorità italiane non si sono più fatte sentire”. Nessuno ha più risposto. “Difficile che lo stop sia arrivato da Bruxelles, perché l’a d v is o r Deutsche Bank ha strutturat­o l’offerta seguendo casi già andati in porto con l’ok della Dg competitio­n, con cui ha un dialogo quasi quotidiano. Tesoro e Bankitalia non hanno poi mai messo per iscritto nulla negli incontri e nelle interlocuz­ioni: tutto era fatto a voce”.

Tempi slittati

La gran parte dei soldi andrà alla banca di Messina. Sfiorata la rottura col ministro

I FONDI devono aver appreso dalla stampa, con l’uscita delle indiscrezi­oni su Intesa, che l’offerta era stata scartata. Il paradosso è che il comunicato con cui mercoledì Intesa spiegava di volersi predendere so-

lo la polpa delle due banche, lasciando lo Stato a coprire le perdite è stato il primo documento scritto offerto al mercato su tutta questa vicenda.

COL SENNO di poi il silenzio andrebbe spiegato. Il conto del salvataggi­o studiato da Intesa vale almeno 4 volte l’importo che avrebbe scucito lo Stato. Il Tesoro fa sapere che oggi ci sarà il Consiglio dei ministri per l’ok al decreto che manderà in liquidazio­ne le due banche venete - insieme ai crediti deteriorat­i, le azioni, i bond subordinat­i - e consegnerà gli asset di valore a Messina. Venerdì il conto ammontava a quasi 7 miliardi come dote a Intesa, che non vuole ripercussi­oni sul suo patrimonio, più 5 alla bad bank. Dopo uno scontro durissimo, che ha sfiorato la rottura personale tra Padoan e Messina, in serata si è ripreso a trattare. Il conto, però, a ieri era salito parecchio: dal Tesoro flitra che superi i 12 miliardi, ma, la novità, in gran parte come dote (anche fiscale) a Intesa. La banca milanese, da parte sua, ha accettato di muoversi subito, senza aspettare la conversion­e del decreto. Resta da superare l’ostacolo Ue: ieri il commissari­a Margrethe Vestager ha mandato una letteracci­a alle autorità italiane. E i tempi sono slittati ancora.

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Ansa Gli attori dello show Carlo Messina (Intesa) e la Commissari­a Margrethe Vestager. Sotto Pop Vicenza
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LaPresse Perplesso Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: oggi, forse, il decreto
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