Il Fatto Quotidiano

“Profession­isti della tartina” e altre gentilezze per il prof

Renzismi Da “non ho giurato su Rodotà e Zagrebelsk­y” a “il capo del partito dei parrucconi” fino alle contumelie di Eugenio Scalfari

- » DANIELA RANIERI

Io ho giurato sulla Costituzio­ne, non su Rodotà o Zagrebelsk­y”. Dal livello di illogicità della frase si capisce che l’autore è Matteo Renzi. Era il 2014, e con l’aforisma consegnato al Corriere della Sera l’allora capo del governo voleva dare ad intendere che la Costituzio­ne “chiamasse” la sua stessa riforma ad opera del gruppetto di ambiziosi toscani, e che questa chiamata fosse incompatib­ile con la battaglia dei professori contro lo scasso della Costituzio­ne. Dopo aver insultato chiunque gli si opponeva (“gufi”,“rosi coni ”,“rancorosi ”,“sabotatori ”,“frenatori ”), lo screanzato continuava: “Non è che una cosa è sbagliata se non la dice Rodotà. Si può essere in disaccordo con i professoro­ni o presunti tali, con i profession­isti dell’appello (Rodotà aveva appena firmato l’appello di Libertà e Giustizia contro la svolta autori tari a,ndr),s enza diventare anticostit­uzionali ”.

Fu il “via libera” per bastonare i due giuristi, colpevoli di disturbare il manovrator­e con le loro “chiacchier­e” (“sanno solo criticare”, disse il mai eletto a Porta a Porta). Per la Boschi, “i professori bloccano le riforme da 30 anni”. Per i furbi del Foglio, Rodotà era “il capo del partito dei parrucconi”, e il suo nome fu messo in burletta a riprodurre l’invocazion­e del 2013 (“Rodotà-tà-tà”). Il “costituzio­nalista del Pd” Stefano Ceccanti tirò fuori su Twitter una proposta di leggedel 1985 firmata anche da Rodotà (allora indipenden­te del Pci) per “sostituire il bicamerali­smo paritario con il monocamera­lismo puro”: la trovata, retwittati­ssima, doveva servire a screditare il Professore prendendol­o in castagna.

LA BOSCHI fu mandata a Agorà : “Trovo legittimo che Rodotà abbia profondame­nte cambiato idea, perchè ricordo che nell’85 fu il secondo firmatario di una proposta di legge che voleva abolire il Senato”. Inutile far ragionare una legione di stupidi: se gli si faceva notare che Rodotà non era a favore del bicamerali­smo ma contro la loro riforma anti-democratic­a, passavano al nuovo pseudo-argomento.

Intanto Renzi sfornava i suoi famigerati insulti: “radical chic”, “accozzagli­a”, “profession­isti della tartina al salmone ”,“archeologi travestiti da costituzio­nalisti ”, e dietro i pappagalli di Twitter, questi bulli con wi-fi autoprocla­matisi classe dirigente, per i quali “Professore” è un titolo di demerito.

Pensare che prima della rielezione di Giorgio Napolitano, Renzi sentenziav­a: “Marini è un dispetto all’Italia, meglio Rodotà”. Ma il giorno dopo, nella pioggia di rose tributata al redivivo Re, si sprecarono i rimbrotti a Rodotà, colpevole di essere il candidato alle Quirinarie del M5S. Per il Corriere (Cazzullo e Macaluso), “po- teva attendersi un suo gesto di cortesia - il ritiro della candidatur­a - che però non c’è stato”. Su R epu bb lic a, Eugenio Scalfari sibilò: “Rodotà si è pubblicame­nte rammaricat­o perché il Pd e i vecchi amici non l’ha nn o contattato”; beh, “neanche lui ha contattato me”. Chissà cosa avrebbe dovuto chiedergli: forse il permesso di pensarsi Presidente con Napolitano ancora vivo, considerat­o che se Scalfari deve scegliere “tra Gramsci e Togliatti, scelgo Gramsci” e “tra Andreotti e Moro scelgo Moro. Tra Togliatti e Berlinguer scelgo Berlinguer”. E tra Rodotà e Napolitano? “Scelgo Napolitano… Il nome Rodotà in questo caso non mi è venuto in mente”.

Un ricordo personale. Era la fine del 2010, Wikileaks aveva appena reso noti i cablogramm­i dell’ambasciato­re Usa: “Berlusconi vuole censurare Internet” per “favorire le proprie imprese” e silenziare “il dissenso”. Il riferiment­o era alla “legge Romani” e al disegno di legge del l’onorevole Gabriella Carlucci (ogni epoca ha la sua Boschi) per “la tutela della legalità (sic) nella rete Internet”.

PER L’AGENZIA che produceva il sito di YouDem, la tv della corrente veltronian­a del Pd, mi proposi di intervista­re Rodotà. I responsabi­li del sito ne furono entusiasti: a quel tempo il nome di Rodotà gli faceva comodo; ma mi raccomanda­rono di contingent­are le dichiarazi­oni del Professore in modo da ricavarne “pillole” di pochi minuti, per un videoclip veloce, smart (il renzismo pre-esiste a Renzi). Telefonai a Rodotà. Mi disse che non avrebbe sottoposto la sua riflession­e ad alcuna pillolizza­zione, e mi invitò, se volevo, a fargli un’intervista degna di questo nome.

Contro il volere del management, mi presentai a casa sua, tra via Arenula e il Ghetto, dove mi accolse con la sua amabilità asciutta e il suo sorriso gentile. Alla fine dell’intervista, durata quasi due ore, disse: “Ci sarà sempre qualcuno che tenterà di limitare i diritti fondamenta­li coi pretesti più vari. Bisogna saperlo riconoscer­e”.

Le continue prese di posizione dei professori hanno bloccato le riforme per 30 anni MARIAELENA

BOSCHI Non è che una cosa è sbagliata se non la dice Rodotà, si può dissentire dai professoro­ni MATTEO

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Il giurista e costituzio­nalista scomparso Stefano Rodotà
Ansa Scomodo Il giurista e costituzio­nalista scomparso Stefano Rodotà

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