L’invettiva contro i ladri che inguaiò Stefano Rodotà
Prima di Mani pulite lo scritto su tangenti e politica
Pubblichiamo un’ampia sintesi della prefazione che Stefano Rodotà nel 1991 scrisse per il libro “Milano degli scandali”
Sono, queste, cronache di ordinaria corruzione. In esse non si riflette una patologia, ma quella che ormai sta diventando (è già diventata ?) la fisiologia dell'intero sistema politico – amministrativo dell'Italia repubblicana. Non sono cronache di una lontana provincia, isolate e dissonate, ma del centro produttivo del Paese (...) La corruzione si è fatta da tempo metodo di governo. Negli ultimi anni è divenuta qualcosa di più: cultura diffusa, che ispira comportamenti politici e stili di vita di un'intera classe dirigente politica, amministrativa, imprenditoriale, la quale ostenta con durezza i panni del realismo e disprezza il moralismo. Corrotti e corruttori possono essere scoperti. Ma diventa sempre più difficile rivolgere verso essi una vera riprovazione sociale. (...) Il nostro ceto di governo ha badato alla propria coesione interna, più che alla sua rispettabilità pubblica. Ha così fatto quadrato intorno ai propri ladri, malversatori, tangentari, procacciatori, finanziatori. Ha rifiutato di accettare la distinzione, ovvia, tra accertamento giudiziario di un reato e comportamenti che, sia pure sfuggiti in qualche modo tra le maglie della giustizia rimangono politicamente inaccettabili e ha mantenuto al loro posto anche persone colpite da un paio di condanne, sia pure non definitive e assolte in modi acrobatici.
HA TRASFORMATO in indebita persecuzione la sacrosanta richiesta di non affidare la gestione di pubbliche risorse a chi sia stato sospettato di attività illecite. Ha presentato come disturbatore o irresponsabile chi adempiva all'ovvio dovere di denunciare i casi di corruzione (ne sa qualcosa Diego Novelli per non essersi arreso alla corruzione torinese). Ha elevato a propria linea di comportamento l'ironico e disperato apologo Ennio Flaiano “Scaltritosi nel furto legale e burocratico, a tutto riuscirete fuorché ad offenderlo. Lo chiamate ladro, finge di non sentirvi. Gridate forte che è un ladro, vi prega di mostrargli le prove. E quando gliele mostrate: ‘Ah – dice – ma non sono in triplice copia!’”. E così, questo ceto di governo mantenuto al loro posto, o reintegrato allegramente in posizioni provvisoriamente abbandonate o riciclato in maniera vantaggiosa, personaggi che qualsiasi si- stema politico democratico avrebbe espulso senza esitare. Ma questo bel ceto di governo ha fatto di più. Ha prodotto teorizzazioni che dovrebbero provare la modernità piena, e dunque la superiorità, di atteggiamento che non si attarda nel cercar di scoprire e colpire la corruzione, ma va dritto verso obiettivi di efficienza. Personaggi autorevolissimi hanno divulgato senza pudore la “metafora del supermercato”. Si ricorda, infatti, che il gestore del supermercato sa benissimo che molti frequentatori rubano. Ma sa altrettanto bene che servizi di controllo e apparati di sicurezza non riusciranno mai ad evitare del tutto i furti. E che un controllo troppo rigido sulle persone, con perquisizioni o simili, rischierebbe di allontanare i clienti. Ecco, allora, che l'accorto gestore contabilizza i furti, e ne scarica l'incidenza sui prezzi. (...) Senza tutto questo apparato di comportamenti e di giustificazioni sarebbero inesplicabili le vicende che qui sono raccontate. Questo gran collage ci rivela impreviste connessioni, schemi collaudati d'azione, esercizio tracotante del potere, sicurezza d'impunità. Certa- mente riesce ad impressionarci. Sarà anche capace di destare indignazione? In altri tempi lo avrebbe fatto. Oggi ho molti dubbi. Una corruzione così penetrante, avvolgente e dichiarata produce sicuramente un effetto di mitridatizzazione, ed ha coinvolto una schiera sempre più larga di persone nella politica delle tangenti e delle piccole mance. (...) Proprio questo libro, tutto riferito alla regione più avanzata d'Italia, ci mostra che la corruzione non va a braccetto con l' efficienza, che non è un modo per oliare i cardini arrugginiti della burocrazia o della politica. È divenuta motore di inefficienza, di privatizzazione delle risorse, di sottrazione di energie e mezzi a imprese collettive.(...) In un tempo in cui l'etichetta della “governabilità” è usata per coprire qualsiasi prevaricazione, e si trasforma nella richiesta di avere le mani libere, qualsiasi forma di controllo diventa inaccettabile, quello dei giudici come quello del Parlamento o dei mezzi d'informazione. Ma la sua giustificazione della corruzione, o meglio la sua legittimazione, segue ormai cammini più sot- tili. Essa - si dice - è uno dei tanti frutti di un sistema bloccato.
La ricostruzione della moralità pubblica è, oggi, il più ricco dei programmi politici, e la più grande delle riforme
FIORISCA l'alternativa, e pure la corruzione sparirà. Non nego una certa fondatezza della diagnosi. Sarei meno sicuro della irresistibilità della terapia, perché un governo di alternativa non basta da solo a sradicare la corruzione (non è forse questo l'insegnamento di tanti governi “alternativi” di regioni e comuni?), se la moralità pubblica non diviene momento essenziale del p ro gr am ma . Mi preoccupa il rinvio al momento dell'alternativa della possibilità di una lotta efficace alla corruzione, quasi che oggi le regole del codice penale fossero pur'esse, per effetto del blocco del sistema politico, divenute inapplicabili. Intanto, spero almeno che qualcuno, leggendo questo libro, si vergogni, non dico si ravveda. E molti altri comincino a rendersi conto che proprio da qui deve cominciare una reazione. Che la ricostruzione della moralità pubblica è, oggi, il più ricco dei programmi politici, e la più grande delle riforme.