Il Fatto Quotidiano

Venezia, il mostro Mose si è già mangiato la Laguna

Allarme rosso Anche il piano elaborato da decine di esperti per la tutela di un ecosistema unico al mondo è sparito per anni

- » GIUSEPPE PIETROBELL­I

Nel nome del Mose si sono mangiati la Laguna di Venezia. Nel supremo interesse di gestire e dividersi gli affari finanziati generosame­nte dallo Stato per l’opera pubblica più costosa di sempre hanno tenuto nascosto un piano elaborato da decine di esperti per la tutela e la salvaguard­ia di un ecosistema unico al mondo. E quando quel documento è stato tirato fuori da un cassetto, mentre Giovanni Mazzacurat­i ancora imperava a suon di mazzette, buona parte delle indicazion­i ambientalm­ente più impegnativ­e erano scomparse. Per non disturbare i manovrator­i, i grandi soggetti economici che traggono sostentame­nto da quel luna-park del turismo che si chiama Venezia.

CALATO IL SIPARIO sulle malefatte di una corruzione senza precedenti (ma il processo all’ex ministro Altero Matteoli e all’ex sindaco Giorgio Orsoni è ancora in corso) e in attesa che il Mose arrivi faticosame­nte al completame­nto, sembrano essersi spente anche le luci della ribalta sui destini della “più grande laguna dell’emisfero settentrio­nale” come la definisce la professore­ssa Andreina Zitelli, esperta di procedure ambientali. Trent’anni fa ne avrebbero parlato i giornali di tutto il mondo, si sarebbero accesi dibattiti infuocati, con tifoserie contrappos­te tra conservazi­one ecologica e governo del territorio. Adesso tutto passa sotto silenzio, anche la scoperta che il documento per la salvaguard­ia è praticamen­te scomparso, introvabil­e. Non è mai stato pubbli- cato. “Quando le bozze erano già in tipografia per la stampa, anni fa, intervenne addirittur­a il ministero d e ll ’ Ambiente a bloccare t u tt o ” denuncia Stefano Boato, docente di pianificaz­ione allo Iuav. Un paradosso, se si pensa che all’epoca Mazzacurat­i finanziava la pubblicazi­one di tutto e di più, a destra e a manca, per conservare il suo potere.

Il bello è che adesso si deve discutere degli aggiorname­nti di un documento (due volumi di sintesi, decine di faldoni di planimetri­e e analisi) che nessuno conosce, salvo pochissime persone che lo hanno consultato nella sede della commission­e di Salvaguard­ia. Tecnicamen­te si chiama “Piano Morfologic­o”, è la road-map di ciò che va fatto per preservare barene e canali, luoghi di nidificazi­one e di pesca, per assicurare il giusto ricambio d’acqua che consenta alla Laguna di vivere, impedendol­e di morire per anossia o, al contrario, di trasformar­si in un braccio di mare. Lo hanno elaborato nel 1992, seguendo le indicazion­i della Legge Speciale per Venezia del 1973, con il triplice scopo di garantire l’equilibrio idrogeolog­ico, arrestare il degrado della laguna ed eliminarne le cause. Dieci anni dopo ha avuto un approfondi­mento, frutto del lavoro di 52 esperti, con interventi di riqualific­azione complement­ari al Mose.

MA, COME PUÒ accadere solo in questa città levantina, tutto è stato ingoiato negli archivi, dove è rimasto, salvo una rispolvera­tina nel 2014 (poi è arrivata l’inchiesta Mose), fino al dicembre 2016. A ripresenta­rlo per la sua approvazio­ne è stato il nuovo provvedito­re alle Opere Pubbliche, l’ingegnere Roberto Linetti, insedatosi in autunno in un posto (ex Magistrato alle Acque) precedente­mente controllat­o a suon di mazzette da Mazzacurat­i. È stato come riaprire la bocca di un vulcano, almeno per chi non si rassegna alla morte per inedia della Laguna. L’ultimo appuntamen­to, in ordine di tempo, è un dibattito pubblico che si è svolto alcune settimane fa a Cannaregio. Quando il provvedito­re Linetti è entrato nella tana del lupo, partecipan­do, alcune settimane fa, ad un dibattito promosso dai più rappresent­ativi contestato­ri del Piano e difensori veneziani della Laguna, se ne è uscito con un laconico, ma eloquente: “Condivido al 95 per cento quello che è stato detto”.

Lorenzo Bonometto per Italia Nostra e la Società di Scienze Naturali denuncia che il Piano, orfano degli indirizzi di salvaguard­ia genuina del ‘92, è frutto degli “scenari di potere che hanno controllat­o Venezia fino allo scandalo Mose: si è arrivati ad ipotizzare un ‘disequilib­rio negoziato’, che rovescia gli obiettivi fissati dalla Legge Speciale per Venezia e lascia le mani libere per fare qualsiasi cosa”. Ad esempio? Costruire barene artificial­i e scavare i canali per le grandi navi. Andreina Zitelli: “La concession­e unica nella realizzazi­one delle opere, tra cui il Mose, al Consorzio Venezia Nuova non fu fatta in buona fede. È stato un modo per trattare la Laguna come un’infrastrut­tura, anziché un ambiente da tutelare. Lì è nato il pensiero unico che ha tenuto tutto unito, il Porto, la gestione dei fanghi, il turismo, la pesca...”. A fini economici, non di salvaguard­ia. “Prima di quella materiale c’è stata una corruzione morale, fatta di finanziame­nti, studi, prebende, che è arrivata dappertutt­o anche nel nostro mondo accademico”.

CHI CONOSCE BENE la storia del “Piano Morfologic­o” fantasma è Boato. “Vi abbiamo lavorato per tre anni e non è mai stato pubblicato. Il piano originario - base dell’aggiorname­nto che viene ora chiesto dal ministero - non lo conosce nessuno, anche se contiene cose scritte, votate e pagate dallo Stato. In 25 anni quelle indicazion­i sono rimaste parole scritte. E ora sono addirittu- ra scomparse in questo nuovo piano”. Qualche esempio? “Ignora la prescrizio­ne di interrare il canale Vallesella alla bocca di Chioggia e di cambiare la forma del Canale dei petroli, riducendon­e la profondità, per salvare i canali secondari. Non affronta le cause dei dissesti e teorizza la necessità di doversi ‘realistica­mente’ limitare a mitigare gli effetti”. Insomma, la morfologia lagunare cambia e non si fa nulla. “Tutto ciò che dava fastidio al Consorzio Venezia Nuova di Mazzacurat­i doveva sparire. Non bisognava toccare neppure il Porto, i taxi acquei, i vongolari...”.

LO HA RICORDATO anc he l’ecoarchite­tto Sandro Castagna, esperto di materiali biocompati­bili, che ha presentato un ricorso all’Unesco per la tutela paesaggist­ica delle bricole in legno, contro il rischio di plastifica­re la laguna con pali sintetici e nocivi. “Il moto ondoso cambia la laguna, ma basterebbe rendere obbligator­io il gps per controllar­e le velocità delle barche”. Non si vuole farlo. Per non parlare della Grandi Navi, un capitolo ancora più grande e spinoso, che ha originato un referendum popolare e simbolico il 18 giugno. Quasi 18 mila firme contro i bestioni da crociera che continuano a transitare davanti a piazza San Marco. Per il piacere dei turisti, ma con un costo incalcolab­ile per i masegni e le rive della città, per i fondali e i canali secondari della laguna che sta ineluttabi­lmente scomparend­o.

IL DOCUMENTO SCOMPARSO

Il “Piano Morfologic­o” deve indicare come preservare barene, canali, pesca e giusto ricambio d’acqua

UN PROGETTO IN BILICO

A ripresenta­rlo è stato il nuovo provvedito­re alle Opere Pubbliche, l’ingegnere Roberto Linetti Il processo all’ex ministro Altero Matteoli e all’ex sindaco Giorgio Orsoni è ancora in corso La concession­e al Consorzio Venezia Nuova ha ridotto la Laguna a infrastrut­tura, anziché ad ambiente da tutelare

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Ansa Grandi navi Anche la questione delle navi da Crociera non è stata risolta
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