Il Fatto Quotidiano

Consiglio di Stato, caso istituzion­ale da grande declino

- » GIORGIO MELETTI

L’inarrestab­ile declino italiano rende superata una delle frasi più celebri e citate di Italo Calvino: “Viviamo in un paese dove si verificano sempre le cause e non gli effetti” ( Il barone rampante, 1957). Si verificano ogni giorno gli effetti di una classe dirigente più abituata a produrre cause senza saperne calcolare le conseguenz­e. Che però producono puntualmen­te danni sproporzio­nati alla fesseria che il furbo di turno, sempre più maldestro, ha combinato convinto di farla franca. Guardate la brillante operazione con cui, nel dicembre 2015, il premier Matteo Renzi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nominarono presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno, palermitan­o ed ex capo di gabinetto di Mattarella. Uno strappo alla Costituzio­ne: per la prima volta dal 1928 (quando Benito Mussolini impose al vertice del Consiglio di Stato il giurista Santi Romano) il governo ha preteso la scelta discrezion­ale del presidente. Per 90 anni si è nominato automatica­mente il più anziano presidente di sezione, non per riflesso burocratic­o ma per l’articolo 108 della Costituzio­ne: “La legge assicura l’indipenden­za dei giudici”. Il Consiglio di Stato giudica anche la legittimit­à degli atti del governo, immaginate con quale indipenden­za lo farà con un presidente scelto dal governo. Lo sfregio istituzion­ale ha scatenato l’indignazio­ne di molti tra gli stessi consiglier­i di Stato. E Stefano Baccarini, a cui sarebbe spettata la nomina, se n’è andato sbattendo la porta, non prima di lasciare ai suoi colleghi un’indignata lettera di saluto.

MA IL BELLO VIENE ADESSO. Il presidente della sesta sezione Sergio Santoro ha fatto ricorso al Tar contro la nomina di Pajno e quella, pure arbitraria, del presidente aggiunto Filippo Patroni Griffi: sostiene di aver subito un’ingiustizi­a da atti illegittim­i del governo e del Consiglio di presidenza della giustizia amministra­tiva (Cpga, il Csm dei magistrati di Tar e Consiglio di Stato). Il 26 aprile scorso il Tar ha dichiarato il ricorso “irricevibi­le”. Due settimane fa l’avvocato amministra­tivista Federico Tedeschini, per conto di Santoro, ha impugnato la sentenza del Tar davanti al Consiglio di Stato. Ed è partito il Palio dei giudici amministra­tivi. Tedeschini chiede l’annullamen­to della sentenza perché due dei tre giudici che l’hanno emessa, Roberto Caponigro e Silvia Martino, mentre studiavano lo spinoso caso che riguarda la suddetta Cpga, sono stati nominati dalla medesima Cpga consiglier­i di Stato, e subito dopo la nomina, ottenuta dalla Cpga, hanno dato ragione alla Cpga. Il punto tecnico sollevato da Tedeschini è che i due hanno firmato la sentenza senza essere più giudici del Tar. Il punto meno tecnico che sollevereb­be un ignorante sarebbe un altro, non degno dei valorosi giurisperi­ti in campo.

La regola non scritta (si nomina automatica­mente presidente del Consiglio di Stato il presidente di sezione più anziano), serve anche a evitare il contenzios­o, perché parliamo dell’unica amministra­zione che giudica su se stessa. Invece i virtuosi delle nomine astute hanno messo in cartellone il teatro dell’assurdo: la quinta sezione del Consiglio di Stato deve valutare il ricorso del presidente della sesta sezione contro la nomina del presidente del Consiglio di Stato e contro due consiglier­i di Stato nominati mentre da giudici del Tar emettevano una sentenza su chi li stava promuovend­o. Nessuno può dire come usciranno da questo casino. Per fortuna, come dice lo statista Renzi, l’Italia ha la bellezza.

Twitter@giorgiomel­etti

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