Roma, l’assalto dei privati alla clinica dei vip
Il governatore Zingaretti vuole tagliare i rimborsi della riabilitazione
“Crocevia
collocato al limite di obiettivi che sembrano impossibili, ma possono essere raggiunti e superati”. È passato un anno e mezzo da quando Sergio Mattarella pronunciava queste parole davanti a pazienti e medici. E oggi quel “crocevia” capace di superare l’impossibile rischia di chiudere. O, al limite, di trasformarsi in una delle tante strutture di lungodegenza.
DA 25 ANNI, la Fondazione Santa Lucia di Roma è un Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico (Ircss): è un luogo, cioè, ad alta specialità, che unisce il percorso della guarigione a quello della ricerca. Si occupa di lesioni spinali, post-coma, ictus, malattie degenerative, cerebrolesioni. È il punto di riferimento per i vip, ma soprattutto per coloro che nutrono ancora speranze di miglioramento. Per essere un Ircss, il Santa Lucia – come gli altri, 49 in totale nel 2016 – risponde a regole rigide: dal numero di metri quadri delle stanze per singolo letto (in tutto 325) a quello delle palestre, dalle tecnologie al personale: oltre 800 lavoratori, tra medici, infermieri, psicologi, terapisti, ricercatori e a mm i n is t ra t i vi . Ogni anno duemila pazienti da tutta Italia si rivolgono all’is tituto. E lo fanno anche perché il
Santa Lucia è accreditato presso il Servizio sanitario nazionale. Significa che non bisogna essere ricchi per poter essere curati in alta specialità. Sempre che la stessa rimanga tale. La Regione Lazio, la cui sanità è in carico al governatore, Nicola Zingaretti, non vuole riconoscere alla Fondazione l’entità dei rimborsi previsti per il cosiddetto Codice 75, cioè la riabilitazione intensiva in regime di ricovero. Nel 2013 l’economista Giuseppe Ciccarone, su incarico del Tar del Lazio, determinò le tariffe della neuroriabilitazione ad alta specialità: 513 euro a paziente al giorno. La Regione fu dunque costretta a pagare. S u c c e s si v a m e nte, però, di propria iniziativa, la giunta Zingaretti ha introdotto criteri restrittivi per l’accesso al Codice 75, estromettendone – di fatto – una serie di pazienti molto gravi e limitandosi a rimborsare la quasi totalità dei ricoveri degli ultimi dieci anni secondo la tariffa della riabilitazione ordinaria: 272,70 euro. La metà di quanto riconosciuto dal commissario nominato dal Tar, dal Consiglio di Stato e da un altro commissario ad acta nel 2016. Metà che il Santa Lucia rivendica ora come un credito da 100 milioni di euro. Cifra che metterebbe in ginocchio molte grandi aziende. Ma non basta.
Con il decreto 377 del 2016, la Regione propone di orga- nizzare l’istituto – per il 2017-2018 – con solo 116 posti letto per neuroriabilitazione ad alta specialità (per 470 euro al giorno), 42 per mielolesi (sempre 470 euro), 138 posti letto ordinari e 24 in day hospital per riabilitazione ordinaria (272,20 e 218,16 euro al giorno). Si chiede alla Fondazione di dimezzare lo spazio per i pazienti trattati finora e di accogliere anche coloro che troverebbero cure adeguate in altre strutture. Praticamente un declassamento. Che si spiega, nell’ottica della Regione, col tentativo di ridurre i costi. Il fabbisogno del Santa Lucia è di 65 milioni di euro, il budget assegnato da Zingaretti è di 44 milioni e 318 mila euro.
LA DIREZIONE d el l’Ircss ha provato ad avanzare una controproposta, ma qualsiasi tentativo di mediazione – anche sotto la supervisione del ministro della Salute – fin qui ha dato esito negativo. Tagliare le risorse al Santa Lucia significa destinarlo alla chiusura. Declassarlo significa equipararlo alle tante altre strutture private di riabilitazione ordinaria che nel Lazio hanno quasi un unico proprietario. Un istituto di eccellenza divenuto “normale” e costretto a chiudere farebbe gola a molti. Come sempre accade, a rimetterci sarebbero soltanto i pazienti.
Futuro incerto Togliere risorse alla struttura d’eccellenza significherebbe destinarla alla chiusura