“Presidente, Presidente!” L’ultimo saluto a Rodotà
Il giurista ricordato nell’aula 101 della Sapienza, dove ha iniziato i suoi studi Fuori, un applauso lungo mezzora, il canto “Bella Ciao” e l’acclamazione per il Colle mancato
L’ultimo saluto a Stefano Rodotà è un applauso ininterrotto, di mezzora. Sulla scalinata all’i ngresso della facoltà di Giurisprudenza, nella città universitaria della Sapienza, si raccoglie una folla composta. Ci sono rappresentanti delle istituzioni, accademici, studenti, persone comuni. L’applauso accompagna il passaggio del feretro, continua per minuti e minuti, si scioglie in un canto: “Bella ciao”. Poi riprende il battimani, ancora minuti, finché dalle scale scendono la figlia Maria Laura e gli altri parenti.
OCCHI LUCIDI, qualche pugno chiuso, una corrente d’emozione che si può quasi toccare con le mani: l’eredità di uno dei grandi intellettuali della storia d’Italia si legge forte e chiara, nei sorrisi tirati di chi non vuole andare via, e aspetta ancora, in piedi sulle scale. Mentre l’auto funebre lascia la piazza, parte l’ultima acclamazione collettiva: “Pre sid ent e! Presidente!”. Il saluto si mescola al rimpianto: quello di non aver avuto Rodotà al Quirinale. Ma resta poco più di un dettaglio, in una biografia straordinaria: lo chiamano “presidente” lo stesso.
Prima c’era stata la cerimonia, nell’aula 101 delle facoltà di Legge, la sua università. La stanza è strapiena, la maggior parte delle persone venute per Rodotà sono costrette ad aspettare fuori, lungo i corridoi dell’ateneo. Dentro, le istituzioni sono in prima fila: i presidenti della Camera e del Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso. Vicini a loro Luigi Di Maio (M5S), Luigi Zanda (capogruppo del Pd al Senato), Nicola Zingaretti, Giuliano Amato. In piedi ci sono Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Susanna Camusso e Maurizio Landini. Poi i direttori di Repubblica e del Fatto, Mario Calabresi e Marco Travaglio e tanti altri giornalisti, come Massimo Giannini e Giovanni Bianconi.
LA CERIMONIAlaica è nell’aula in cui è entrato da ragazzo e uscito da maestro, professore emerito di Diritto civile. È un omaggio accademico, partecipano studenti e personale amministrativo. Dietro la cattedra, il ritratto di Rodotà è affidato alle parole del rettore dell’Università Eugenio Gaudio, del preside della facoltà di Giurisprudenza Paolo Ridola, del professore di Diritto civile Guido Alpa e del costituzionalista Gaetano Azzariti. “Oggi salutiamo un uomo curioso, moderno e coraggioso, un lucido esempio per le nuove generazioni”, scandisce il rettore.
Alpa ripercorre la carriera accademica, le conquiste dello studioso, “il ruolo che ha svolto e che continua a svolgere nell’ambito della cultura giuridica italiana”.
Le parole più intense è più applaudite sono quelle di Azzariti. Rodotà – ricorda – non era un costituzionalista (come spesso viene definito) ma un intellettuale con una tale sensibilità per i temi costituzionali da far cadere qualsiasi distinzione formale. “Un sostenitore del diritto ad amare, dei diritti come strumento per dare dignità alle persone concrete: un giurista della società civile più che del diritto civile”. Non risparmia un passaggio severo, Azzariti: “Rodotà ha dato una lezione costituzionale in un Paese che sembra aver perso ogni bussola, nelle riforme della Carta. Nei confronti del maestro del diritto qualcuno ha proferito insulti, ma quegli insulti offendono solo chi li ha pronunciati”. I destinatari si riconosceranno. Applausi scroscianti.
Gaetano Azzariti “Qualcuno nei suoi confronti ha proferito insulti, ma hanno offeso solo chi li ha pronunciati”