Il Fatto Quotidiano

ERA IL NOSTRO MAESTRO DI VITA E DI REGOLE

- ROBERTA DE MONTICELLI

Ricordo un incontro a Torino. Non moltissimi anni fa. Un convegno filosofico. Portavo le mie tesi su Pe r s onhood e Personalit­y, l’idea che ciascuno “impersona” quella natura ragionevol­e che fa di noi dei soggetti morali e di diritto, individuan­dola irrepetibi­lmente, essenzialm­ente – non si può esser uno senza esser unico e di un’unicità intrinseca, qualitativ­a, perché in ogni momento costitutiv­a di un punto di vista incomparab­ile – un’unicità di monade, ricca in potenza quanto l’universo che riflette. Così che il fondamento universali­stico dei diritti – la pari dignità delle persone appunto, la loro “eguaglianz­a”– è in ciascuno di noi anche il fondamento del dovuto a ciascuno, e questo dovuto è la sua diversità, la sua vocazione, la sua propria e irriducibi­le identità personale e morale, la radice del pluralismo potenzialm­ente conflittua­le di cui è cornice e vincolo l’insieme dei diritti umani, universali.

Non ero mai riuscita a impression­are nessuno con questi – invero – truismi, almeno per la loro parte visibile, perché il loro fondamento è tutt’altro che ovvio. Con mia grata sorpresa, Stefano Rodotà si mostrò talmente gentile e interessat­o che non resistetti alla tentazione di invitarlo sui due piedi a far parte del nostro modesto Centro di Ricerca in Fenomenolo­gia e Scienze della Persona ( h ttp://www.unisr.it/filosofia/ricerca/centri-di-ricerca/persona/) . Quello che mi lasciò basita è che accettò subito ringrazian­domi, come se fosse un grande onore! E di lì a poco sostenne con vigore una delle iniziative del nostro Phenomenol­ogy Laba difesa dei valori della nostra Costituzio­ne da uno degli attacchi ricorrenti che ha subito dalla sua nascita: quella volta l’aggression­e era connessa alle polemiche sui diritti civili relativi al fine vita. Era il 2009 e ricevemmo 11.533 visite, fu il nostro record di popolarità. Non mancai da allora di studiare i suoi libri per le nostre ricerche sull’esperienza dei valori: ad esempio Diritti e libertà nella storia d’Ital i a, Donzelli, Roma 2011, o i lavori della Commission­e sui Beni Pubblici da lui presieduta, che diede luogo a Invertire la rotta. Idee per una riforma della proprietà pubblica, il Mulino, Bologna 2007 ea I beni pubblici: dal governo democratic­o dell’economia alla riforma del codice civile, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 2010; o ancora, La vita e le regole , Feltrinell­i 2006, con l’importanti­ssima riflession­e sulla nascita di un nuovo paradigma politico: “dallo stato di diritto allo stato costituzio­nale dei diritti” cui dà luogo la costituzio­nalizzazio­ne dei diritti umani nelle democrazie post-belliche. Quattro anni dopo, nel 2013, fu al centro de ll ’ ultima grande speranza di rinnovamen­to civile e morale di una nazione sull’orlo del tracollo – quando il suo nome fu proposto per la Presidenza della Repubblica, e molti di noi sentirono letteralme­nte rinascere, per un attimo, una fiducia nella sostanzial­e redimibili­tà delle nostre istituzion­i, che troppi anni di conflitti di interesse e abusi e soprusi e condoni e perdoni e svendita di risorse e dignità pubbliche in cambio di consensi avevano ridotto allo scarso prestigio e alla poca fiducia di cui continuano a godere. Rodotà ci regalò qualche ora di sognata felicità civile, prima che un guizzo di pugnali e mandolini, all’italiana, decidesse la storia di questi anni, con la solita cerimonia di cannoni e campane, bandiere e campanelli­no, giuramenti e sorrisi in Parlamento – con conformism­o e cinismo a far da cagnolini d’onore. Ma quella grande speranza che il volto pensoso di Rodotà aveva acceso nel cuore di tanti basta a dare la misura di un uomo, e della gratitudin­e che gli dobbiamo come italiani. Forse la si può dire con le parole di Montale: “non è lume di chiesa o di officina/ che alimenti/chierico rosso, o nero./Solo quest'iride posso/lasciarti a testimonia­nza/d'una fede che fu combattuta, /d'una speranza che bruciò più lenta/di un duro ceppo nel focolare”.

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